Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18583 del 09/09/2011

Cassazione civile sez. II, 09/09/2011, (ud. 26/01/2011, dep. 09/09/2011), n.18583

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIOLA Roberto Michele – Presidente –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – rel. Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Z.G. C.F. (OMISSIS), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA PIETRO MASCAGNI 64 INT 2, presso lo studio

dell’avvocato LA ROSA FRANCESCA, rappresentata e difesa

dall’avvocato LA ROSA SALVATORE;

– ricorrente –

e contro

Z.C.;

– intimata –

sul ricorso 22631-2005 proposto da:

Z.C. C.F. (OMISSIS), elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA STEFANO JACINI 68, presso lo studio

dell’avvocato VALERIANI FABIO, rappresentata e difesa dall’avvocato

BALSAMO Francesco;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

e contro

Z.G.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1286/2004 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 18/12/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/01/2011 dal Consigliere Dott. MARIA ROSARIA SAN GIORGIO;

udito l’Avvocato La Rosa Salvatore difensore della ricorrente che si

riporta agli atti;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

VELARDI Maurizio che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. – Con atto di citazione notificato in data 18 dicembre 2001, Z.C. propose appello avverso la sentenza del Tribunale di Siracusa con la quale era stata dichiara inammissibile l’azione di riduzione da lei proposta nei confronti della sorella G., con condanna dell’attrice al pagamento delle spese processuali.

L’appellante lamentò che il Tribunale avesse adottato la sua decisione sul presupposto che ella, nel chiedere, nell’ambito di una precedente controversia, la divisione del bene relitto in conformità alla volontà del testatore, avesse rinunziato all’azione. Oggetto di detta controversia sarebbe stata, invece, non già la divisione dell’intero asse ereditario, ma la semplice divisione materiale del fondo rustico in contrada “(OMISSIS)”, nel Comune di (OMISSIS), nelle due porzioni assegnate dal testatore alle figlie: sicchè la domanda di divisione non avrebbe manifestato la volontà dell’attrice di rinunciare all’azione di reintegrazione della quota di legittima.

2. – La Corte d’appello di Catania ritenne fondata la censura, osservando che il padre delle donne, Z.F., aveva donato alla figlia G., in conto di legittima e, per la parte ulteriore, sulla disponibile, una casa posta in contrada “(OMISSIS)”, ed un terreno, circostante la casa, confinante con le terre rimaste al donante. Con testamento pubblico in data 8 giugno 1979, lo Z. aveva dichiarato di voler lasciare alla figlia C. una parte di detto terreno della estensione di una salma circa, confinante con lo stacco di terra rimasta parte della sua proprietà, che intendeva lasciare alla figlia G. con i residui suoi beni.

Non essendo stato possibile procedere alla divisione bonaria del fondo secondo il disposto del testatore, C. aveva chiesto che il Tribunale le assegnasse la estensione di ettari 2.79.04, ad essa spettante secondo lo stesso testamento.

Ritenne la Corte di merito evidente che con tale atto la donna, nel manifestare la volontà di accettare la ripartizione del bene secondo la volontà del testatore, non avesse manifestato alcuna volontà di rinunciare all’esercizio dell’azione di riduzione. Infatti, la sussistenza della lamentata lesione della quota di legittima implicava la considerazione di quanto donato in vita dal de cuius alla figlia G., ciò che non aveva costituito oggetto della prima controversia. Fu poi ritenuta priva di fondamento la eccezione proposta dall’appellata secondo cui la domanda di riduzione sarebbe stata inammissibile ai sensi dell’art. 551 cod. civ. per non avere l’attrice previamente rinunziato al legato in sostituzione di legittima disposto in suo favore con il testamento, non avendo, in realtà, il testatore, al di là della impropria espressione adottata (“lascio e lego”), disposto un legato in favore della figlia C., ma avendo lasciato alla stessa una quota di eredità.

Nè, comunque, l’eventuale legato avrebbe potuto essere considerato in sostituzione di legittima, poichè dalla scheda testamentaria non emergeva la intenzione di soddisfare integralmente con la disposizione testamentaria i diritti spettanti alla figlia quale legittimarla: con la conseguenza che la disposizione testamentaria di cui si tratta, anche a volerla considerare un legato, avrebbe costituito al più un legato in conto di legittima, la cui mancata rinuncia non impedisce al legittimario di esperire l’azione di riduzione.

Pertanto, la Corte d’appello di Catania dichiarò ammissibile la domanda di riduzione proposta da Z.C., con conseguente riforma della decisione di primo grado sulle spese, che furono compensate, mentre ritenne infondata la doglianza relativa alla declaratoria di inammissibilità della domanda di collazione e divisione dei beni ereditari, considerata nuova dal primo giudice.

Osservò al riguardo la Corte territoriale che solo in sede di precisazione delle conclusioni in primo grado, l’attrice aveva chiesto, modificando la richiesta contenuta nell’atto di citazione – avente ad oggetto solo la riduzione delle disposizioni lesive della propria quota di legittima – , in primo luogo la collazione e in subordine la riduzione: si trattava, dunque, di una mutatio libelli non consentita dall’art. 189 cod. proc. civ. in mancanza di accettazione del contraddittorio da parte della convenuta.

La Corte d’appello, infine, tenuto conto della natura meramente processuale della pronuncia e dei rapporti tra le parti, dispose la compensazione integrale tra le parti delle spese dei due gradi del giudizio.

3. – Per la cassazione di tale sentenza ricorre Z.G. sulla base di tre motivi, illustrati anche da successiva memoria.

Resiste con controricorso Z.C., che propone altresì ricorso incidentale condizionato.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Deve, preliminarmente, disporsi, ai sensi dell’art. 335 cod. proc. civ., la riunione del ricorso principale e di quello incidentale, siccome proposti nei confronti della medesima sentenza.

2. – Con il primo motivo del ricorso principale si deduce violazione dell’art. 551 cod. civ. nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia e violazione e falsa applicazione di norme di diritto.

Avrebbe errato la Corte di merito nel ritenere che, quand’anche la disposizione testamentaria in favore di Z.C. fosse stata considerata come legato, non si sarebbe trattato comunque di legato in sostituzione, ma in conto di legittima, non emergendo dalla scheda testamentaria l’intenzione del testatore di soddisfare integralmente, mediante l’attribuzione patrimoniale oggetto della disposizione testamentaria, i diritti spettanti alla figlia quale legittimarla. Tale conclusione sarebbe in contrasto con il tenore testuale della scheda testamentaria e con la giurisprudenza di legittimità, secondo la quale per l’erede che ha ricevuto un legato per testamento si aprirebbe la successione legittima solo nella ipotesi in cui il testatore non abbia disposto dell’intero patrimonio, con la conseguenza che, ove il testatore abbia disposto a favore di un legittimario con legato disponendo, poi, a titolo universale a favore di altro legittimario – come nel caso di specie – la disposizione a titolo particolare dovrebbe essere intesa come esaustiva della quota di legittima spettante al legittimario in cui favore è stato disposto il legato e non in conto di legittima.

Inoltre, il comportamento del beneficiario del legato suscettibile di evidenziare la volontà di conservare il lascito assumerebbe valore confermativo della già realizzata acquisizione patrimoniale, comportando la perdita ope legis del diritto di chiedere la legittima. Nella specie, Z.C. aveva dato esecuzione alla disposizione testamentaria, promuovendo la relativa azione in virtù della quale aveva acquisito il bene oggetto del legato ed aveva ottenuto la determinazione del confine tra questo e il residuo fondo attribuito alla attuale ricorrente.

3.1. – La doglianza è immeritevole di accoglimento.

3.2. – Secondo l’orientamento della giurisprudenza di legittimità, al fine della configurabilità del legato in sostituzione di legittima, occorre che risulti in modo certo ed univoco l’intenzione del testatore di soddisfare il legittimario con l’attribuzione di beni determinati senza chiamarlo all’eredità, intenzione che, in mancanza di formule sacramentali, peraltro non richieste, può desumersi anche dal complessivo contenuto dell’atto attraverso l’opportuna indagine interpretativa: sicchè, in difetto di tale volontà, il legato deve ritenersi in conto di legittima(v. Cass. sentt. n. 16083 del 2005, n. 5232 del 1998, n. 6098 del 1982).

Non smentisce tale orientamento la decisione invocata dalla ricorrente a fondamento di un preteso indirizzo giurisprudenziale secondo il quale, ove il testatore abbia disposto a favore di un legittimario con legato effettuando, poi, una disposizione universale in favore di altro legittimario, esaurendo il proprio patrimonio, la disposizione a titolo particolare andrebbe intesa come esaustiva della quota di legittima spettante al legittimario in favore del quale è stato disposto il legato, e nel senso che la volontà del testatore fosse di sostituire la quota di legittima con il legato.

In realtà, quella decisione, la sentenza di questa Corte n. 5918 del 1999, si è limitata ad affermare che il principio fissato dall’art. 457 cod. civ. (secondo cui, per la parte dell’asse ereditario della quale il de cuius non abbia disposto per testamento, si apre la successione legittima) trova applicazione anche nel caso in cui ad un erede legittimo, con il testamento, sia stato attribuito un legato.

3.3. – Per la ricostruzione della intenzione del testatore, ai fini di una esatta identificazione del legato in sostituzione di legittima, dunque, si deve sempre muovere dall’analisi della scheda testamentaria, ed è possibile prendere in considerazione elementi estrinseci solo quando nella scheda si faccia ad essi riferimento.

Lo stabilire se una disposizione testamentaria a favore di un legittimario integri un legato in sostituzione oppure in conto di legittima costituisce accertamento di fatto insindacabile in sede di legittimità se congruamente e logicamente motivato ed immune da violazione dei canoni ermeneutici che devono presiedere all’interpretazione delle disposizioni di ultima volontà (v. Cass., sentt. n. 16083 del 2005, cit., n. 1573 del 2000, n. 5232 del 1998).

Nella specie, la Corte territoriale ha fornito una esauriente e corretta ricostruzione delle ragioni del proprio convincimento secondo il quale la disposizione testamentaria de qua non fosse rivolta, nelle intenzioni del testatore, ad attribuire il legato in sostituzione di legittima alla figlia Z.C.. Ciò in base all’esame della scheda testamentaria, dalla quale non emergeva affatto la volontà di Z.F. che l’immobile in questione fosse attribuito alla predetta C. e che tale attribuzione, se accettata, esaurisse le ragioni ereditarie della medesima.

4. – Le suesposte argomentazioni, alla stregua delle quali resta escluso che il de cuius intendesse attribuire alla figlia C. un legato in sostituzione di legittima, tolgono ogni forza e rilievo altresì alla seconda censura, con la quale si lamenta violazione degli artt. 2909 e 734 cod. civ. nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia e violazione e falsa applicazione di norme di diritto.

Infatti, la doglianza si fonda sulla considerazione che la Corte di merito avrebbe errato nel ritenere che Z.C., attrice già nel giudizio di divisione dei beni oggetto dei legati testamentari, non avesse rinunziato, con l’esperimento di detta azione, ad attivarsi per una ipotetica successiva petizione ereditaria per reintegrazione della propria quota di legittima. La motivazione di tale decisione – secondo la quale, poichè il precedente giudizio riguardava esclusivamente la divisione del relitto e non aveva preso in considerazione il donato, in detto giudizio non si sarebbe formato alcun giudicato – sarebbe contraddittoria, non riconoscendo che la causa di divisione precedentemente promossa teneva conto della intera massa ereditaria, relictum e donatum, tanto che la stessa attrice aveva preteso di definire la linea di confine delle rispettive quote secondo le disposizioni del testatore, confine che, con statuizione passata in giudicato, aveva ripartito il fondo tra le parti. Il comportamento dell’attrice andrebbe interpretato, dunque, come implicita manifestazione di acquiescenza alle quote disposte dal de cuius.

Ma, una volta esclusa la configurabilità, nella specie, di un legato in sostituzione di legittima, la doglianza risulta priva di fondamento siccome diretta all’accertamento di una rinunzia a chiedere la reintegrazione della legittima, che non appariva più dirimente al fine della valutazione della estinzione o meno del diritto alla legittima.

5. – Con il terzo motivo si denuncia violazione dell’art. 91 cod. proc. civ. Con l’accoglimento dei capi di domanda oggetto del ricorso, il giudice di secondo grado non avrebbe potuto modificare il capo della sentenza di primo grado relativo alla liquidazione delle spese processuali a carico dell’attrice, dichiarandone la compensazione per entrambi i gradi, ma, in applicazione del principio della soccombenza di cui alla invocata disposizione codicistica, avrebbe dovuto condannare l’appellante, attuale resistente, anche al pagamento delle spese di quel grado di giudizio.

6.1 – Il motivo è destituito di fondamento.

6.2. – Il provvedimento di compensazione parziale o totale delle spese per giusti motivi, pur nel regime anteriore a quello introdotto dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2, comma 1, lett. a), deve trovare un adeguato supporto motivazionale: ma, a tal fine, non è necessaria l’adozione di motivazioni specificamente riferite a detto provvedimento purchè, tuttavia, le ragioni giustificatrici dello stesso siano chiaramente desumibili dal complesso della motivazione adottata, e fermo restando che la valutazione operata dal giudice di merito può essere censurata in cassazione se le spese sono poste a carico della parte totalmente vittoriosa ovvero quando la motivazione sia illogica e contraddittoria e tale da inficiare, per inconsistenza o erroneità, il processo decisionale (v., tra le altre, Cass., ord. n. 24531 del 2010). Nella specie, la Corte territoriale ha fornito una plausibile ragione giustificatrice della disposta compensazione tre la parti delle spese dei due gradi del giudizio, facendo riferimento, per un verso, alla natura meramente processuale della pronuncia, per l’altro, ai rapporti tra le parti. Ed ha in tal modo adempiuto il proprio onere motivazionale.

7.- Il ricorso principale deve, in definitiva, essere rigettato.

8. – Ne consegue l’assorbimento di quello incidentale, proposto solo in via condizionata.

Nelle alterne vicende processuali e nella natura della controversia le ragioni della compensazione tra le parti delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, rigetta il ricorso principale, assorbito quello incidentale. Dispone la compensazione tra le parti delle spese del giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 26 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 9 settembre 2011

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