Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18582 del 10/07/2019

Cassazione civile sez. VI, 10/07/2019, (ud. 07/06/2019, dep. 10/07/2019), n.18582

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29801-2018 proposto da:

XIE MEIHONG ,elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso

la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato GOTI MASSIMO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO

DELLA PROTEZIONE INTERN VZIONAI A’, DI MILANO;

– intimato –

avverso il decreto n. R.G. 50633/2017 del TRIBUNALE di MILANO,

depositato il 22/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 07/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. TRICOMI

LAURA.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

Il Tribunale di Milano, con il decreto in epigrafe indicato, ha rigettato la domanda di riconoscimento della protezione internazionale presentata da X.M., nata in Cina, la quale ha proposto ricorso per cassazione con un mezzo; il Ministero dell’Interno è rimasto intimato.

La ricorrente ha riferito di essersi allontanata dalla Cina perchè ostacolata nella professione religiosa, quale cristiana della Chiesa di Dio Onnipotente, fede osteggiata e repressa dal regime comunista, e di essersi inserita in Italia attraverso lo svolgimento di un’attività lavorativa e l’apprendimento della lingua italiana.

Il Tribunale non ha ritenuto credibile il narrato della richiedente, mediante un’approfondita analisi delle dichiarazioni, delle incongruenze e delle lacune ed ha escluso che ricorressero i presupposti per alcuna delle forme di protezione richiesta.

Il primo motivo, con il quale si denuncia la violazione del D.L. n. 13 del 2017, art. 14, conv. con mod. in L. n. 46 del 2017ed omesso esame di un fatto decisivo per non avere il Tribunale disposto, in assenza della videoregistrazione del colloquio tenutosi presso la Commissione territoriale, oltre all’udienza di comparizione, anche l’audizione della ricorrente, è infondato.

Trova conferma infatti il principio secondo il quale “Nel giudizio di impugnazione della decisione della Commissione territoriale innanzi all’autorità giudiziaria, in caso di mancanza della videoregistrazione del colloquio, il giudice deve necessariamente fissare, pena la violazione del contraddittorio, l’udienza per la comparizione delle parti, configurandosi, in difetto, la nullità del decreto con il quale viene deciso il ricorso, senza che sorga tuttavia l’automatica necessità di dare corso all’audizione il cui obbligo, conformemente alla direttiva 2013/32/CE, grava esclusivamente sull’autorità amministrativa incaricata di procedere all’esame del richiedente; ne consegue che il giudice può decidere in base ai soli elementi contenuti nel fascicolo, ivi compreso il verbale o la trascrizione del colloquio svoltosi dinanzi alla Commissione.” (Cass. n. 2817 del 31/01/2019, cfr. Cass. n. 17717 del 2018; Cass. n. 5973 del 28/02/2019).

Il secondo motivo, con il quale si denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 14, nonchè l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in relazione alla mancata valutazione della situazione esistente in Cina ed all’omesso svolgimento di attività istruttoria, è inammissibile.

Il motivo non coglie la ratio decidendi. Invero, a fronte della motivatamente ritenuta non credibilità del narrato, in merito alla adesione della richiedente al culto indicato ed agli ostacoli frapposti alla professione di fede subiti, tali da tradursi in una persecuzione, considerata anche la circostanza che l’allontanamento dal Paese non era avvenuto in clandestinità, ma previo rilascio del passaporto e del visto da parte delle Autorità cinesi, la ricorrente non la censura direttamente, ma insiste nel rappresentare le condizioni del culto della Chiesa del Dio Onnipotente vietato in Cina ed a richiamare dei precedenti di merito favorevoli ad altri richiedenti, senza tuttavia indicare alcun fatto concernente se medesima di cui sia stato omesso l’esame e senza fornire elementi individualizzanti, atti a giustificare una revisione della statuizione impugnata.

In conclusione il ricorso va rigettato.

Non si provvede sulle spese di giudizio per assenza di attività difensive della controparte.

Non sussistono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, risultando l’ammissione provvisoria della ricorrente al patrocinio a spese dello Stato.

P.Q.M.

– Rigetta il ricorso;

– Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 1, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 7 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 10 luglio 2019

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