Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1858 del 29/01/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 1858 Anno 2014
Presidente: ADAMO MARIO
Relatore: VALITUTTI ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 4333-2007 proposto da:
APPOLLONI FRANCESCO, elettivamente domiciliato in ROMA
VIA GRAZIOLI LANTE 15/A, presso lo studio
dell’avvocato GUARNASCHELLI SEBASTIANO, rappresentato
e difeso dall’avvocato MARTORANA VINCENZO giusta
delega a margine;
– ricorrente contro

AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI RIETI in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in
ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

Data pubblicazione: 29/01/2014

legis;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 220/2005 della COMM.TRIB.REG.
di ROMA, depositata il 14/12/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 26/11/2013 dal Consigliere Dott. ANTONIO

udito per il controricorrente l’Avvocato GIACOBBE che
ha chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PAOLA MASTROBERARDINO che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

VALITUTTI;

RITENUTO IN FATTO.
1. In data 12.12.01, veniva notificato ad Appolloni Francesco, titolare dell’omonima ditta individuale, un avviso
di accertamento emesso dall’Ufficio ai fini IRPEF ed IVA
per l’anno di imposta 1998, con il quale l’ Amministrazione finanziaria elevava il reddito dichiarato dal contribuente per l’annualità in contestazione, recuperando a
nonché l’IVA sui maggiori ricavi determinati in via induttiva.
2. L’avviso di accertamento veniva, quindi, impugnato dal
contribuente dinanzi alla CTP di Rieti, che accoglieva
parzialmente il ricorso, riducendo la percentuale di ricarico, applicata dall’Ufficio, dal 30% al 20%. La CTR
del Lazio, con sentenza n. 220/5/05, depositata il
14.12.05, respingeva l’appello dall’Appolloni, compensando le spese del giudizio.
2.1. Il giudice di seconde cure riteneva, invero, legittimo l’atto impositivo, poiché il contribuente – a prescindere dalla dedotta non perfetta ritualità dell’invito
notificatogli ai sensi degli artt. 32 d.P.R. 600/73 e 51
d.P.R. 633/72 – era stato posto comunque in condizioni di
produrre i documenti e le memorie a sua difesa, e reputava, altresì, corretta, ed adeguata al caso concreto, la
percentuale di ricarico applicata dall’Ufficio.
3. Per la cassazione della sentenza n. 220/5/05 ha proposto ricorso l’Appolloni articolando due motivi, l’Agenzia
delle Entrate ha replicato con controricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con i due motivi di ricorso – che, per la loro evidente connessione, vanno esaminati congiuntamente – Appolloni Francesco denuncia la violazione e falsa applicazione
degli artt. 32 e 39 del d.P.R. n. 600/73 e 51 d.P.R.
633/72, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.
1.1. Si duole il contribuente del fatto che la CTR non
abbia tenuto conto dell’irregolarità e della genericità
dell’invito, notificatogli in data 25.10.01 dall’ Amministrazione finanziaria, ai sensi degli artt. 32, co. l n.

tassazione la relativa imposta dovuta a titolo di IRPEF,

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3 d.P.R. 600/73 e dell’art. 51, co. 2 n. 2 d.P.R. 633/72,
in quanto non recante l’indicazione dell’oggetto dei
chiarimenti che il medesimo avrebbe dovuto fornire. Inoltre, con l’atto in questione, l’Ufficio richiedeva
all’Appolloni l’esibizione della documentazione contabile
ed amministrativa “entro quindici giorni”, invitandolo a
presentarsi “entro il 12.11.01”, in violazione del dispocitati, a tenore dei quali il termine che l’Ufficio deve
fissare al contribuente per l’adempimento, a decorrere
dalla notifica dell’invito (nella specie avvenuta il
2.11.01), non può essere “inferiore a quindici giorni”.
1.2. La CTR avrebbe, pertanto, erroneamente ritenuto illegittimo l’atto impositivo notificato all’Appolloni, dal
momento che le menzionate irregolarità dell’invito
all’esibizione dei documenti comporterebbero la non riconducibilità dell’atto alla fattispecie di cui agli
artt. 32, co. l n. 3 d.P.R. 600/73 e 51, co. 2 n. 4
d.P.R. 633/72, con conseguente inapplicabilità dell’art.
39, co. 2, lett d bis), che consente il ricorso all’ accertamento induttivo “quando il contribuente non ha dato
seguito agli inviti disposti dagli uffici ai sensi
dell’art. 32, primo comma, numeri 3) e 4)” dello stesso
decreto, “o dell’art. 51, secondo comma, numeri 3) e 4)
del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre
1972 n. 633”.
2. Le censure suesposte sono infondate.
2.1. Osserva – per vero – la Corte che le suindicate
omissioni ed irregolarità dell’invito, derivanti dalla
mancata indicazione dell’oggetto dei chiarimenti da richiedere al contribuente e dalla fissazione di un termine
per l’esibizione dei documenti inferiore a quindici giorni, non possono, di certo, incidere sulla validità
dell’accertamento induttivo sintetico, operato dall’ Amministrazione finanziaria ai sensi dell’art. 39, co. 2,
lett d bis) del d.P.R. 600/73.
2.2. Ed invero – come questa Corte ha più volte avuto modo di affermare – in tema di accertamento delle imposte

sto del co. 2 dell’art. 32 e del co. 3 dell’art. 51, suc-

sul reddito, l’art. 32 del d.P.R. n. 600/73, nella parte
in cui prevede l’invito al contribuente a fornire dati e
notizie in ordine agli accertamenti bancari, attribuisce
all’Ufficio una mera facoltà, il cui mancato esercizio
non determina l’illegittimità della verifica operata sulla base dei medesimi accertamenti, né comporta la trasformazione della presunzione legale posta dalla norma in
valutarne liberamente la gravità, la precisione e la concordanza e con il conseguente onere per il Fisco di fornire ulteriori elementi di riscontro.
Il tenore letterale della disposizione (“per l’adempimento dei loro compiti gli Uffici possono invitare i contribuenti…”) e la discrezionalità espressamente prevista
al riguardo, infatti, non possono che indurre ad escludere che debba ritenersi obbligatoria la convocazione del
contribuente in sede amministrativa prima dell’accertamento. Né può sostenersi che siffatta discrezionalità
violi il diritto di difesa, potendo l’Ufficio procedere
al ritiro eventuale del provvedimento, nell’esercizio del
potere di autotutela, in caso di osservazioni e/o giustificazioni proposte dall’interessato (cfr. Cass. 14675/06;
2821/08; 24055/09; 11624/13).
2.3. E, del pari, con riferimento all’IVA, questa Corte
ha statuito che l’art. 51, co. 2, n. 2, del d.P.R.
633/72, nel prevedere la convocazione del soggetto che
esercita l’impresa con l’invito al medesimo a fornire dati, notizie e chiarimenti in ordine alle operazioni annotate nei conti bancari, attribuisce all’Amministrazione
una facoltà discrezionale e non un obbligo, né comporta
la trasformazione della presunzione legale, desumibile
dal combinato disposto dell’art. 51 cit. e dell’art. 32
d.P.R. 600/73, in presunzione semplice, valutabile solo
nel concorso dei presupposti di cui agli art. 2727 e SS.
c.c. (Cass. 26293/05).
2.4. Orbene, è di tutta evidenza che, se addirittura
l’omissione dell’invito al contribuente non può determinare – per il chiaro tenore letterale della disposizione

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presunzione semplice, con possibilità per il giudice di

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succitata – l’invalidità dell’accertamento induttivo operato dall’Ufficio,

a fortiori ciò è a dirsi in relazione

all’ipotesi, ricorrente nella specie, in cui l’invito in
questione presenti eventuali, lievi, difformità dal modello legale, in special modo laddove esso sia comunque
idoneo a consentire al contribuente l’esercizio del diritto di difesa. Tale si palesa, senza alcun dubbio,
dal momento che l’atto conteneva il chiaro invito al medesimo a produrre “la documentazione contabile ed amministrativa relativa all’anno di imposta 1998”; invito cui
il contribuente è, peraltro, rimasto inadempiente anche
nei diversi gradi del giudizio. Il che rende del tutto
evidente la legittimità del ricorso, da parte
dell’Ufficio,

all’accertamento

induttivo,

ai

sensi

dell’art. 39, co. 2, lett. d bis) del d.P.R. 600/73.
2.5. D’altro canto, l’Appolloni – sul quale incombeva il
relativo onere – non ha neppure allegato in giudizio la
sussistenza di un concreto vulnus del proprio diritto di
difesa, che possa – in ipotesi – essere derivato dalle
suddette irregolarità dell’invito notificatogli dall’ Amministrazione finanziaria.
3. Per tutti i motivi esposti, pertanto, il ricorso deve
essere rigettato.
4. Le spese del presente giudizio vanno poste a carico
del ricorrente, nella misura di cui in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione;
rigetta il ricorso; condanna il ricorrente alle spese del
presente giudizio, che liquida in E 4.000,00, oltre alle
spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Tributaria, il 26.11.2013.

l’invito notificato, nel caso concreto, all’Appolloni,

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