Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18576 del 10/08/2010

Cassazione civile sez. trib., 10/08/2010, (ud. 09/06/2010, dep. 10/08/2010), n.18576

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – rel. Consigliere –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

BONERBA FRATELLI S.R.L., in persona del legale rappresentante pro

tempore; elettivamente domiciliata in Roma via Fucini n. 24, presso

lo studio dell’avv. Giuseppina Stillitani, rappresentata e difesa

dall’avv. Amenduni Ascanio;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale della Puglia, sez. 2^, n. 143, depositata il 27 novembre

2007.

Letta la relazione scritta redatta dal consigliere relatore Dott.

Aurelio Cappabianca;

constatata la regolarità delle comunicazioni di cui all’art. 380 bis

c.p.c., comma 3.

 

Fatto

PREMESSO IN FATTO

Che l’Agenzia delle Entrate, illustrando le proprie ragioni anche con memoria, ha proposto ricorso per cassazione, in due motivi, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Puglia indicata in epigrafe, reiettiva dell’appello dalla stessa proposto contro sentenza di primo grado, che, in accoglimento di quattro distinti ricorsi (poi riuniti) promossi dalla società contribuente aveva annullato altrettanti avvisi di accertamento maggior valore per invim straordinaria;

– che la società contribuente ha resistito con controricorso;

rilevato:

– che, con il primo motivo di ricorso, l’Agenzia ha dedotto “violazione dell’art. 112 c.p.c. – violazione degli artt. 2130 e ss.

c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4)” e formulato il seguente quesito:: “se … illegittimamente la c.t.r. abbia omesso, quale giudice di merito che decide il quantum della pretesa tributaria, di riconoscere e liquidare una maggior imposta almeno nella misura connessa alla differenza tra il valore dichiarato dei suoli e quello rilevabile dai parametri invocati dalla parte stessa con valore confessorio”;

– che, con il secondo motivo di ricorso, l’Agenzia ha dedotto “violazione dell’art. 112 c.p.c. per extrapetizione e violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 1, (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4)” e formulato il seguente quesito: “se il giudice abbia ecceduto l’oggetto del giudizio, annullando integralmente gli avvisi anche quanto al valore iniziale dei suoli e al calcolo degli interessi, benchè questi aspetti fossero stati contestati solo in primo grado, ma trascurati dal primo giudice che in punto non aveva pronunziato, non fossero stati riproposti con appello incidentale e quindi dovessero intendersi rinunciati e non sottoposti al secondo giudice, inoltre con definitività degli avvisi che risultava violata dalla pronunzia in punto”;

osservato:

– che le doglianze sono infondate;

che invero, con riguardo al primo motivo di ricorso, occorre rilevare che, l’esame della decisione impugnata rivela che il giudice a quo, laddove non ha ritenuto del tutto mancanti i presupposti, dell’imposizione, ha inequivocamente ritenuto l’imposizione legittima nei limiti del dichiarato e che, a fronte di tale determinazione del giudice a quo, l’eventuale relativa incongruenza rispetto alla risultanze probatorie non avrebbe potuto essere fatto valere dall’Agenzia soccombente che attraverso la deduzione di un vizio motivazionale corredato di autosufficiente rappresentazione delle risultanze medesime;

– che, quanto al secondo mezzo (peraltro ampiamente carente sul piano dell’autosufficienza), va rilevato che la parte totalmente vittoriosa in primo grado non è tenuta a proporre appello incidentale (v. Cass. 1954/09, 13082/07);

ritenuto:

che, pertanto, il ricorso dell’Agenzia va respinto nelle forme di cui agli artt. 375 e 380 bis c.p.c.;

– che, per la soccombenza, l’Agenzia medesima va condannata al pagamento delle spese di causa, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte: dichiara inammissibile il ricorso; condanna l’Agenzia delle Entrate al pagamento delle spese di causa, liquidate in complessi Euro 3.700,00 (di cui L. 100,00 per esborsi) oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 10 agosto 2010

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