Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18574 del 13/07/2018


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 18574 Anno 2018
Presidente: TRAVAGLINO GIACOMO
Relatore: IANNELLO EMILIO

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 1078/2017 R.G. proposto da
Todaro Carlo Antonio, rappresentato e difeso dall’Avv. Antoniofranco
Todaro, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Pinerolo,
n. 22;
– ricorrente contro
Istituto Clinico Città Studi S.p.A., rappresentato e difeso dall’Avv.
Rosa Cuono e dall’Avv. Laurino Giovagnoni;
– con troricorrente –

Data pubblicazione: 13/07/2018

e nei confronti di
Assicuratrice Milanese S.p.A., Di Caro Angelo;

intimati

avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano n. 3176/2016,
depositata il 12 agosto 2016;

Consigliere Emilio Iannello;
udito l’Avvocato Antoniofranco Todaro;
udito l’Avvocato Nicola Rivellese, per delega;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Ignazio Patrone, che ha concluso chiedendo il rinvio a
nuovo ruolo e, in subordine, dichiararsi improcedibile il ricorso.
FATTI DI CAUSA
1.

Con sentenza depositata in data 5/2/2015 il Tribunale di

Milano, in accoglimento della domanda proposta da Angelo Di Caro,
condannava l’Istituto Clinico Città Studi S.p.A. (già Casa di cura S.
Rita S.p.A.) e Carlo Antonio Todaro, in solido, al risarcimento dei
danni dal primo subiti a seguito dell’intervento di erniectomia,
microdiscectomia e laminectomia effettuato dal Todaro, in data 8
febbraio 2008, presso la Casa di Cura Santa Rita.
Accoglieva parzialmente la domanda di rivalsa proposta dalla
struttura sanitaria nei confronti del medico, nei limiti del 50%
dell’importo liquidato a titolo di risarcimento.
Condannava inoltre l’Assicuratrice Milanese S.p.A., chiamata in
garanzia dal Todaro, a tenerlo indenne di quanto lo stesso era tenuto
a pagare in dipendenza della sentenza.
2.

Pronunciando

sui

gravami

proposti

dall’I.C.C.S.

(esclusivamente in punto di estensione del credito di regresso) e
dell’Assicuratrice Milanese S.p.A. (che reiterava la disattesa eccezione
di inoperatività della polizza), la Corte d’appello di Milano, con
sentenza depositata in data 12 agosto 2016, in accoglimento di

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Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 5 giugno 2018 dal

entrambi e in conseguente parziale riforma della sentenza di primo
grado, dichiarava il Todaro tenuto a manlevare l’I.C.C.S. S.p.A. «da
ogni somma che la medesima risulti tenuta a pagare a favore di
Angelo Di Caro per i fatti di causa, con integrale accoglimento della
domanda di regresso» e dichiarava inoltre l’inoperatività della polizza

3. Avverso tale decisione Carlo Antonio Todaro propone ricorso
per cassazione sulla base di tre motivi, cui resiste l’I.C.C.S. S.p.A.
depositando controricorso.
Angelo Di Caro e Assicuratrice Milanese S.p.A. non svolgono
difese nella presente sede.
Chiamata avanti la sottosezione terza della sesta sezione civile, la
causa, con ordinanza interlocutoria n. 581 del 12/01/2018, è stata
rimessa avanti questa sezione terza per essere trattata in pubblica
udienza in relazione alla rilevata questione dei requisiti formali degli
atti da depositare in cassazione al fine di garantire la procedibilità del
ricorso.
La controricorrente ha depositato memoria ex art. 378 cod. proc.
civ..

RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso Carlo Antonio Todaro deduce, ai
sensi dell’art. 360, comma primo, num. 3, cod. proc. civ., violazione
e/o falsa applicazione degli artt. 113 cod. proc. civ., 2049, 2055,
1218 e 1228 cod. civ., nonché «motivazione insufficiente e
contraddittoria», per avere la Corte d’appello ritenuto la
responsabilità integrale del medico operatore e l’assenza di
obbligazioni — e relativa responsabilità — in capo alla struttura
sanitaria, così accogliendo la domanda di regresso integrale da questa
spiegata.
Richiamando Cass. n. 280 del 2015 rileva che il principio generale
di cui all’art. 1228 cod. civ. comporta che, così come il medico è

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stipulata dal Todaro con la predetta compagnia.

responsabile dell’operato dei terzi della cui attività si avvale, per
converso anche la struttura risponde non solo dell’inadempimento
delle obbligazioni su di essa

tout court incombenti, ma anche

dell’inadempimento della prestazione svolta dal sanitario, quale
ausiliario necessario all’organizzazione aziendale, donde la

Sostiene che l’impresa sanitaria, essendo tenuta ad adempiere le
prestazioni oggetto del contratto di specialità, non può pretendere
con l’azione di regresso di far ricadere integralmente le conseguenze
pregiudizievoli dell’inadempimento o dell’inesatto adempimento sul
proprio dipendente/ausiliario, «specie se, come— afferma — accaduto
nella fattispecie in esame, vi abbiano concorso altre condotte attive o
omissive imputabili alla stessa impresa sanitaria … (perché tenute
da altri suoi dipendenti/collaboratori, come in caso di responsabilità di
equipe)».
Rileva che, peraltro, nel caso di specie una concorrente
responsabilità della struttura, in misura non inferiore al 50% del
danno, è ravvisabile in ragione della riferibilità degli interventi
effettuati anche agli altri componenti della equipe operatoria,
dipendenti dall’Istituto.
2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360,
comma primo, num. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa
applicazione degli artt. 113 cod. proc. civ., 1892 e 1893 cod. civ.,
nonché «motivazione insufficiente e contraddittoria», in relazione
all’affermata inoperatività della polizza assicurativa contratta con la
Assicuratrice Milanese S.p.A..
Rileva che l’art. 1892 cod. civ. prevede, al verificarsi dei
presupposti ivi previsti, l’annullamento del contratto di assicurazione
solamente nel caso in cui venga proposta apposita domanda in tal
senso, in difetto della quale alla violazione della norma non può
ricollegarsi l’effetto della inoperatività del contratto assicurativo;

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corresponsabilità in solido di entrambi i soggetti obbligati.

osserva inoltre che, ai sensi dell’art. 1893 cod. civ., nel caso in cui il
contraente non abbia agito con dolo o colpa grave, le sue eventuali
dichiarazioni inesatte e reticenze non sono causa di annullamento del
contratto, ma facultano soltanto l’assicuratore a recedere dal
contratto.

dell’art. 360, comma primo, num. 3, cod. proc. civ., violazione e/o
falsa applicazione degli artt. 113, 115 e 116 cod. proc. civ., 1892,
1893 e 2729 cod. civ., nonché «motivazione insufficiente e
contraddittoria», per avere la Corte d’appello ritenuto di provato che i
fatti oggetto di contestazione, il fallimento dell’intervento e le
doglianze del paziente al riguardo fossero già noti all’assicurato prima
della stipula della polizza con la compagnia.
Lamenta l’utilizzo al riguardo di ragionamento presuntivo fondato
su elementi indiziari privi dei caratteri di gravità, precisione e
concordanza (quali le doglianze del paziente e la richiesta di
risarcimento da questo inviata alla struttura sanitaria, dai quali
ingiustificatamente la Corte desume presuntivamente anche,
rispettivamente, la percezione delle stesse da parte di esso ricorrente
e che la richiesta di risarcimento sia stata dalla struttura medesima
portata a conoscenza anche del medico).
4. È pregiudiziale — in quanto attinente alla procedibilità del
ricorso — il rilievo del mancato deposito, da parte del ricorrente,
unitamente a copia autentica della sentenza impugnata, della relata,
in copia anch’essa autentica, della notificazione (che si afferma essere
stata notificata a mezzo p.e.c. in data 26 ottobre 2016), in violazione
dell’art. 369, comma secondo, n. 2, cod. proc. civ..
Secondo principio consolidatosi nella giurisprudenza di questa
Corte successivamente alla sopra menzionata ordinanza della sezione
sesta, in tema di ricorso per cassazione, qualora la notificazione della
sentenza impugnata sia stata eseguita con modalità telematiche, ai

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3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia infine deduce, ai sensi

fini del rispetto di quanto imposto, a pena d’improcedibilità, dall’art.
369, comma secondo, num. 2, cod. proc. civ., il difensore che
propone ricorso per cassazione contro un provvedimento che gli è
stato notificato con modalità telematiche, deve depositare nella
cancelleria della Corte di cassazione copia analogica, con
1 bis e 1 ter dell’art.

9 della legge 21 gennaio 1994, n. 53, del messaggio di posta
elettronica certificata ricevuto, nonché della relazione di notifica e del
provvedimento impugnato, allegati al messaggio (Cass. 22/12/2017,
n. 30765; v. anche Cass. n. 657 del 2017; n. 17450 del 2017; n.
23668 del 2017; n. 24292 del 2017; n. 24347 del 2017; n. 24422
del 2017; n. 25429 del 2017; n. 26520 del 2017; n. 26606 del
2017; n. 26612 del 2017; n. 26613 del 2017; n. 28473 del 2017).
Nel caso di specie risultano prodotte solamente copia del
provvedimento in questione (con attestazione del difensore di
conformità all’originale contenuto nel fascicolo informatico). Mancano
del tutto invece le prescritte copie analogiche (cartacee) della relata
di notifica a mezzo p.e.c. e del messaggio di posta elettronica e delle
relative ricevute di accettazione e di consegna e, ovviamente,
qualsivoglia attestazione di conformità di queste all’originale
informatico.
Tali copie e relative attestazioni di conformità non sono state
nemmeno

aliunde

acquisite, non avendo nemmeno la società

controricorrente fattane allegazione, né risultando esse presenti agli
atti del fascicolo di ufficio.
La notifica del ricorso non supera la c.d. prova di resistenza (Cass.
n. 17066 del 2013), essendo stata effettuata in data 27 dicembre
2016, oltre 60 giorni dopo la data di pubblicazione della sentenza (12
agosto 2016).
5. Il ricorso va pertanto dichiarato improcedibile, con la
conseguente condanna del ricorrente al pagamento, in favore della

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attestazione di conformità ai sensi dei commi

controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità,
liquidate come da dispositivo.
6. Ricorrono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 quater, d.P.R.

30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17, legge 24
dicembre 2012, n. 228, per l’applicazione del raddoppio del contributo

P.Q.M.
dichiara improcedibile il ricorso. Condanna il ricorrente al
pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio
di legittimità, che liquida in Euro 5.000 per compensi, oltre alle spese
forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro
200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002,

inserito dall’art. 1, comma 17 della I. n. 228 del 2012, dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello
dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso articolo

13.
Così deciso il 5/6/2018
Il Consigliere estensore

Il Presidente

(E ilio Iannello)

(Giaco i ravaglino)

unificato.

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