Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18574 del 09/09/2011

Cassazione civile sez. II, 09/09/2011, (ud. 24/06/2011, dep. 09/09/2011), n.18574

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

M.C. e L.L. in M., rappresentati e

difesi, in virtù di procura speciale a margine del ricorso, dagli

Avv. Piccoli Giuseppe e Gianfrancesco Manunza, elettivamente

domiciliati nello studio di quest’ultimo in Roma, via Cola di Rienzo,

n. 285;

– ricorrenti –

contro

M.C. e M.B., rappresentati e difesi, in

virtù di procura speciale in calce al controricorso, dagli Avv.

Pusateri Raimondo e Mario Occhipinti, elettivamente domiciliati nello

studio di quest’ultimo in Roma, via Belsiana, n. 71;

– controricorrenti –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Trento, sezione

distaccata di Bolzano, n. 60 del 23 marzo 2009.

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 24

giugno 2011 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti;

udito l’Avv. Giuseppe Dell’Erba, per delega dell’Avv. Mario

Occhipinti;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. SGROI Carmelo, che ha concluso per l’inammissibilità

del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Che con sentenza in data 23 gennaio 2008, il Tribunale di Bolzano, decidendo sulla domanda proposta da M.C. e L. L. in (OMISSIS), quali proprietari della p. ed. 1126 C.C. Laives, nei confronti di M.B. e M.C., quali proprietari della confinante p. ed. 1477 C.C. Laives, diretta all’accertamento dell’acquisto per usucapione del diritto di proprietà, e in subordine del diritto di servitù di passaggio, su un’area a forma triangolare della p. ed. 1477 con collegata richiesta d’inibitoria di ogni turbativa, nonchè sulle domande riconvenzionali proposte dai convenuti, dirette alla condanna degli attori alla demolizione/arretramento di una tettoia costruita in violazione delle distanze legali ed all’accertamento della proprietà esclusiva del muretto di confine con sovrastante ringhiera in capo ad essi convenuti, ha provveduto come segue: (a) ha accertato l’acquisto per usucapione della servitù di passo con autoveicoli e con mezzi agricoli a carico della p. ed. 1477 ed a favore della p. ed. 1126, sull’area dedotta in giudizio, ordinando ai convenuti la cessazione di ogni turbativa del diritto così accertato; (b) ha respinto le reciproche domande di accertamento di violazione delle distanze legali; (c) ha accertato la comproprietà indivisa delle opposte parti sui muretti di confine con sovrastante ringhiera; (d) ha dichiarato le spese di causa interamente compensate tra le parti;

che la Corte d’appello di Trento, sezione distaccata di Bolzano, con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 23 marzo 2009, ha rigettato l’impugnazione in via principale dei coniugi M.- L. e quella in via incidentale degli appellati ;

che per la cassazione della sentenza della Corte d’appello il M. e la L. hanno proposto ricorso, con atto notificato il 5 novembre 2009, sulla base di tre motivi;

che gli intimati hanno resistito con controricorso.

Considerato che il Collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione semplificata;

che il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione di legge (art. 360 cod. proc. civ., n. 3, in relazione all’art. 342 cod. proc. civ.) circa l’assunto difetto di specificità dei motivi di appello in ordine all’esclusione della configurabilità dei manufatti tettoia M. e palificazione M.- L. quali edifici o costruzioni; omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione relativamente a punto decisivo della controversia e travisamento del fatto (art. 360 cod. proc. civ., n. 5);

che il secondo mezzo è rubricato “nullità della sentenza per omessa pronunzia – art. 360 cod. proc. civ., n. 4, in relazione all’art. 112 cod. proc. civ. – ed omessa, illogica motivazione relativamente a punto decisivo della controversia e travisamento del fatto – art. 360 cod. proc. civ., n. 5”;

che con il terzo motivo si censura violazione ed erronea applicazione di norme di diritto (art. 360 cod. proc. civ., n. 3, in relazione all’art. 183 cod. proc. civ. e art. 873 cod. civ.), nonchè omessa, illogica motivazione relativamente a punto decisivo della controversia e travisamento del fatto (ex art. 360 cod. proc. civ., n. 5);

che i motivi, là dove prospettano violazione o falsa applicazione di norme di legge, sono privi del quesito di diritto, prescritto, a pena di inammissibilità, dall’art. 366 bis cod. proc. civ., ratione temporis applicabile;

che questa Corte ha in più occasioni chiarito che i quesiti di diritto imposti dall’art. 366 bis cod. proc. civ. – introdotto dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6, secondo una prospettiva volta a riaffermare la cultura del processo di legittimità – rispondono all’esigenza di soddisfare non solo l’interesse del ricorrente ad una decisione della lite diversa da quella cui è pervenuta la sentenza impugnata ma, al tempo stesso e con più ampia valenza, anche di enucleare il principio di diritto applicabile alla fattispecie, collaborando alla funzione nomofilattica della Corte di cassazione; i quesiti costituiscono, pertanto, il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del principio giuridico generale, risultando, altrimenti, inadeguata e, quindi, non ammissibile l’investitura stessa del giudice di legittimità (tra le tante, Cass., Sez. Un., 6 febbraio 2009, n. 2863; Cass., Sez. Un., 14 febbraio 2008, n. 3519; Cass., Sez. Un., 29 ottobre 2007, n. 22640);

che il quesito di diritto non può essere desunto per implicito dalle argomentazioni a sostegno della censura, ma deve essere esplicitamente formulato, diversamente pervenendosi ad una sostanziale abrogazione della norma (Cass., Sez. Un., 17 aprile 2009, n. 9153);

che anche con riguardo alle censure che articolano il vizio di motivazione non è stato osservato l’onere, imposto dal citato art. 366 bis cod. proc. civ., del quesito di sintesi;

che, invero, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, allorchè nel ricorso per cassazione si lamenti un vizio di motivazione della sentenza impugnata in merito ad un fatto controverso, l’onere di indicare chiaramente tale fatto e le ragioni per le quali la motivazione è omessa, insufficiente o contraddittoria, imposto dall’art. 366 bis cod. proc. civ., deve essere adempiuto non già e non solo illustrando il relativo motivo di ricorso, ma anche formulando, all’inizio o al termine di esso, una indicazione riassuntiva e sintetica, che costituisca un quid pluris rispetto all’illustrazione del motivo, e che consenta al giudice di valutare immediatamente l’ammissibilità del ricorso (Cass., Sez. 3^, 7 aprile 2008, n. 8897; Cass., Sez. 1^, 8 gennaio 2009, n. 189;

Cass., Sez. 1^, 23 gennaio 2009, n. 1741);

che non rileva che il ricorso sia stato notificato quando la L. 18 giugno 2009, n. 69, era già stata pubblicata ed entrata in vigore;

che, invero, alla stregua del principio generale di cui all’art. 11 preleggi, comma 1, secondo cui, in mancanza di un’espressa disposizione normativa contraria, la legge non dispone che per l’avvenire e non ha effetto retroattivo, nonchè del correlato specifico disposto della L. n. 69 del 2009, art. 58, comma 5, in base al quale le norme previste da detta legge si applicano ai ricorsi per cassazione proposti avverso i provvedimenti pubblicati a decorrere dalla data di entrata in vigore della medesima legge (4 luglio 2009), l’abrogazione dell’art. 366 bis cod. proc. civ. (intervenuta ai sensi della citata L. n. 69 del 2009, art. 47) è diventata efficace per i ricorsi avanzati con riferimento ai provvedimenti pubblicati successivamente alla suddetta data, con la conseguenza che per quelli proposti – come nella specie – contro provvedimenti pubblicati antecedentemente (e dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40) tale norma è da ritenere ancora applicabile (Cass., Sez. 1^, 26 ottobre 2009, n. 22578; Cass., Sez. 3^, 24 marzo 2010, n. 7119);

che, pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;

che le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna i ricorrenti, in solido tra loro, al rimborso delle spese processuali sostenute dai controricorrenti, liquidate in complessivi Euro 2.700, di cui Euro 2.500 per onorari, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte suprema di Cassazione, il 24 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 9 settembre 2011

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