Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18574 del 07/09/2020

Cassazione civile sez. I, 07/09/2020, (ud. 09/07/2020, dep. 07/09/2020), n.18574

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7421/2015 proposto da:

L.E., nella qualità di assegnatario dei beni della

S.a.s. Adriatica Costruzioni Ancona (già S.r.l.), elettivamente

domiciliato in Roma, Via degli Scipioni n. 268/a, presso lo studio

dell’avvocato Caporossi Gianluca, rappresentato e difeso

dall’avvocato Cardenà Claudia, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Comune di Ancona, in persona del sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in Roma, Piazzale Clodio n. 56, presso lo studio

dell’avvocato Bonaccio Giovanni, rappresentato e difeso

dall’avvocato Sgrignuoli Massimo, giusta procura in calce all’atto

di costituzione di nuovo difensore;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 148/2014 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 20/01/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

09/07/2020 dal Cons. Dott. NAZZICONE LOREDANA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Bologna con la sentenza del 20 gennaio 2014, decidendo su rinvio dopo la sentenza Cass. 20 gennaio 2006, n. 1193, ha respinto l’impugnazione avverso la decisione di primo grado, emessa dal Tribunale di Ancona il 18 gennaio 2001, la quale decidendo sulla domanda di risarcimento del danno derivante dall’occupazione appropriativa del fondo, sito in (OMISSIS) e sulla domanda di pagamento dell’indennità di occupazione, proposte da G.A. e G. – ha dichiarato il difetto di legittimazione passiva del Comune di Ancona ed accolto le domande nei confronti della Adriatica Costruzioni Ancona s.a.s., già Adriatica Costruzioni di Ancona s.r.l..

In tal modo, la corte territoriale ha deciso in modo difforme dalla prima sentenza di appello della Corte di appello di Ancona del 25 luglio 2003, che, in accoglimento delle impugnazioni proposte, aveva dichiarato il difetto di legittimazione passiva della Adriatica Costruzioni di Ancona s.r.l. e condannato il Comune di Ancona al pagamento della somma determinata.

Si è costituito il Comune con controricorso.

Le parti hanno depositato le memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Il ricorso propone un unico motivo, con il quale si denuncia l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, consistente nell’avvenuta destinazione della somma di 24 miliardi di Lire, da parte del D.M. 28 novembre 1986, n. 1107, ai soli lavori da eseguire, e non agli espropri relativi alla viabilità urbana in ambito portuale, onde tale decreto non ha escluso oneri economici a carico del Comune per l’acquisizione delle aree.

Nella memoria, il ricorrente menziona l’esistenza di “sette motivi” di ricorso, ma si tratta di evidente refuso e commistione con giudizi che non pertengono al presente.

2. – La sentenza di rinvio di questa Corte, riscontrati i vizi della prima decisione d’appello, ha rimesso la causa innanzi al medesimo Ufficio, demandando “una nuova disamina in ordine alla titolarità del rapporto obbligatorio derivante dall’occupazione e dall’espropriazione dei terreni dei contro ricorrenti, attenendosi ai principi esposti e compiendo gli accertamenti omessi”.

La corte territoriale nella sentenza impugnata ha ritenuto, sulla base della documentazione in atti, che il soggetto passivo dell’obbligazione risarcitoria ed indennitaria in favore dei proprietari sia la società, e per essa l’assegnatario di tutti i rapporti, odierno ricorrente.

Ha osservato che, attribuiti ad essa poteri pubblicistici relativi alle procedure ablatorie, fu posta in essere una concessione traslativa, in cui il concessionario è divenuto soggetto passivo di tali obbligazioni, svolgendo attività in nome proprio.

Ha aggiunto che, dopo l’iniziativa dell’ente locale, il D.M. n. 1107 del 1987, ha accolto “la richiesta del Comune prevedendo l’ulteriore finanziamento delle opere aggiuntive senza oneri a carico del Comune”; e che in tal modo il Comune “non ha assunto nessun obbligo economico ad essa relativo, avendo anzi richiamato il decreto di affidamento all’ACA, che, come si è già visto, prevede l’obbligo economico a carico del concessionario, e la L. n. 363 del 1984, che pone ogni onere di spesa a carico dello Stato”.

Cìò posto, non sussiste l’omesso esame di fatto decisivo, denunciato col motivo, posto che la corte del merito ha esaminato l’intero materiale probatorio in atti, ivi compreso il contenuto del decreto ministeriale de quo, concludendo nel senso indicato. Nè, all’interno dell’intero argomentare della corte territoriale, il fatto indicato risulta decisivo per escludere la legittimazione passiva del comune rispetto agli oneri risarcitori ed indennitari.

Ogni altra considerazione pretende un riesame del merito, che in questa sede non è ammesso.

Si tratta, invero, della interpretazione di un provvedimento amministrativo, come tale rimessa per intero al giudice del merito. Ed è stato già chiarito (Cass. 13 agosto 2018, n. 20718, con riguardo al contratto; Cass. 8 marzo 2017, n. 5795) come, in tema di ricorso per cassazione, l’omesso esame di una questione riguardante l’interpretazione di un atto, non costituendo “fatto decisivo” del giudizio, non è riconducibile al vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, atteso che rientrano in tale nozione gli elementi fattuali e non quelli meramente interpretativi.

3. – Le spese seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese di lite, liquidate in Euro 7.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15% sui compensi ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 7 settembre 2020

 

 

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