Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18573 del 07/09/2020

Cassazione civile sez. I, 07/09/2020, (ud. 09/07/2020, dep. 07/09/2020), n.18573

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10274/2015 proposto da:

DANICA S.A.S. DI S.E. & C., elettivamente domiciliata

in Roma presso lo studio dell’avvocato Elena Vaccari, rappresentata

e difesa dall’avvocato Vittore D’Acquarone, giusta procura in calce

alla memoria di costituzione di nuovo procuratore;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI PADOVA, elettivamente domiciliato in Roma presso lo studio

dell’avvocato Andrea Ciannavei, che lo rappresenta e difende in uno

con gli avvocati Vincenzo Mizzoni, Marina Lotto, e Paolo Bernardi,

giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2228/2014 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA

depositata il 10/10/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

giorno 9/07/2020 dal Cons. Dott. MARCO MARULLI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’Appello di Venezia con la sentenza qui impugnata, nel liquidare l’indennità di esproprio dovuta dal Comune di Padova alla Danica s.a.s. di S.E. & C., per l’ablazione di un fondo di proprietà della medesima da destinare, nel contesto di un più ampio intervento di trasformazione edilizia, alla realizzazione di un’area a verde pubblico ed attrezzato, ha inteso discostarsi dalle indicazioni rese all’esito della disposta CTU, da un lato, perchè, nell’assegnare al fondo ablato un indice di completamento pari a 3, il CTU “oltre a non considerare adeguatamente il fatto che le aree in questione urbanisticamente hanno, comunque, una limitata edificabilità per la loro destinazione a verde pubblico attrezzato e di quartiere, ha inspiegabilmente escluso ogni possibilità di utilizzare lo strumento perequativo, laddove la finalità di tale strumento è proprio quella, come nel caso di specie, di acquistare aree a verde o a servizi, in cambio di un’edificabilità”; dall’altro, perchè, pur considerando che la realizzabilità di un parcheggio interrato, la relativa previsione “è però in contrasto sia con l’art. 32, lett. B) delle NTA che prevede che la dotazione dei parcheggi sia “dimensionata in rapporto alla necessità degli impianti”, sia con l’art. 8 ter delle NTA agli atti che prescrive che “la parte interrata comprese le rampe, le bocche di areazione, gli elevatori non costituenti volume, devono distare non meno di m. 150 dai confini di proprietà”, per cui risulta del tutto impraticabile l’ipotesi di un parcheggio sotterraneo di estensione pari a tutta la superficie del lotto”.

Per la cassazione di detta decisione la Danica si vale di due mezzi. Ad essi resiste con controricorso e memoria il Comune di Padova.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

2.1. Con il primo motivo di ricorso, l’impugnante lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio prospettato dalle parti ed accertato dal CTU, avendo il decidente motivato il disaccordo con quanto dal medesimo riferito in punto di indice di completamento sul rilievo che non era rinvenibile in quella zona di Padova alcuna area edificabile con un indice di completamento pari a 3, sebbene la circostanza non fosse rinvenibile dagli atti di causa, essendo stato il dato tratto dalle osservazioni del CTP del Comune resistente.

2.2. Il motivo è inammissibile.

E’ di inoppugnabile evidenza che, poichè per fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti deve intendersi, il fatto storico, principale o secondario, che sia idoneo a fungere da fatto costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo della domanda o dell’eccezione o da cui il fatto principale possa essere desunto, la lagnanza non investa propriamente un fatto in tal guisa inteso, ma la valutazione di esso, onde la circostanza che essa non si accordi con quella che la parte reputa corretta, oltre a doversi ricordare che non è più generalmente censurabile la selezione che il decidente compia delle fonti del proprio convincimento e, vieppiù, l’omesso esame di pretese allegazioni istruttorie, è espressione di un mero dissenso motivazionale non perseguibile in questa sede.

3.1. Con il secondo motivo di ricorso, l’impugnate lamenta l’erroneità in punto di diritto, per violazione del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, art. 32, dell’impugnato pronunciamento laddove esso ha stimato diversamente dal CTU il valore del cespite ablato, poichè, posto che il carattere edificatorio di un fondo va desunto, oltre che dagli strumenti urbanistici da altri elementi certi ed obiettivi, nella specie il decidente avrebbe inspiegabilmente ignorato i suddetti elementi attestanti la concreta ed innegabile attitudine del fondo alla sua edificazione, desumibile segnatamente dal fatto che i fondi limitrofi erano stati intensamente edificati ed urbanizzati.

3.2. Il motivo è inammissibile.

Anche in tal caso la lagnanza cade sul ragionamento decisorio svolto dal decidente di merito, che, per non aver prestato debita considerazione agli elementi istruttori valorizzati ai fini di stima dal CTU, sarebbe incorso in un vizio motivazionale estraneo al paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e quindi non sindacabile in questa sede, al di là del fatto, parimenti e preliminarmente ostativo, che non è prospettabile in guisa di errore di diritto un preteso errore motivazionale.

4. Il ricorso va perciò dichiarato inammissibile.

5. Le spese alla soccombenza e doppio contributo ove dovuto.

PQM

Dichiara il ricorso inammissibile e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 6200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge.

Ove dovuto, ricorrono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 9 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 7 settembre 2020

 

 

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