Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18571 del 26/07/2017
Cassazione civile, sez. II, 26/07/2017, (ud. 23/03/2017, dep.26/07/2017), n. 18571
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETITTI Stefano – Presidente –
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –
Dott. CORRENTI Vincenzo – rel. Consigliere –
Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –
Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 12658-2016 proposto da:
S.S.L., elettivamente domiciliato in ROMA,
VIALE MAZZINI 114/B, presso lo studio dell’avvocato GIOVAMBATTISTA
FERRIOLO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato
FERDINANDO EMILIO ABBATE;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA in persona del Ministro pro tempore,
domiciliato ex lege in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope
legis;
– controricorrente –
avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositato
l’11/11/2015 n. cronol. 443/2015 relativo al ricorso R.G.n. 569/2015
V.G.;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
23/03/2017 dal Consigliere Dott. CORRENTI VINCENZO.
Fatto
FATTO E DIRITTO
S.S.L. impugna per cassazione il decreto della Corte di appello di Firenze, che ha dichiarato inammissibile l’opposizione al decreto che aveva respinto il ricorso per equa riparazione sul presupposto che non è riconosciuto indennizzo in ogni caso di abuso dei poteri processuali che abbia determinato una ingiusta dilatazione dei tempi del procedimento non ascrivibili al sistema giudiziario.
La ricorrente denuncia 1) violazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, perchè si è fatto riferimento al periodo intercorrente tra la data di emissione del decreto che definisce il primo grado ed il deposito del ricorso per cassazione ma anche a quello intercorrente tra la definizione del processo e l’introduzione del processo esecutivo che, com’è noto si identifica con la notifica dell’atto di pignoramento; 2) violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. per la condanna alle spese in euro 1052,25 oltre accessori.
Con memoria in prossimità dell’udienza parte ricorrente in via subordinata ha formulato quesito ex art. 267 TFUE sulla seguente questione: se la corretta interpretazione dell’art. 6 della CEDU osti alla fissazione da parte del Giudice nazionale di un termine semestrale di decadenza, dal deposito del titolo, per instaurare l’azione esecutiva; ha anche proposto questione di costituzionalità della L. n. 89 del 2001, artt. 2 e 4, nella parte in cui stabiliscono un termine di decadenza semestrale, chiedendo la rimessione alle sezioni Unite od il rinvio a nuovo ruolo in attesa della decisione della Corte europea di Strasburgo.
La richiesta del quesito non può essere accolta in assenza dei presupposti di legge non trattandosi di interpretazione delle norme sovranazionali ed essendo generico il riferimento ai diritti fondamentali di cui al Trattato di Lisbona mentre la questione di costituzionalità prospettata è manifestamente infondata attenendo alla discrezionalità legislativa la fissazione di un termine di decadenza semestrale.
Le censure non meritano accoglimento perchè il decreto impugnato ha analiticamente indicato i tempi tecnici in concreto scansionati escludendo una durata superiore a quella ragionevole dovendosi escludere i periodi in cui l’A.G. non è materialmente investita di un potere organizzativo.
Va al riguardo ricordato che S.U. 6312/2014, pur sancendo l’unitarietà del procedimento sino alla definizione anche nella fase di esecuzione, fa salvi i tempi morti non ascrivibili al sistema giudiziario.
Nella specie la Corte di appello ha concluso che correttamente il Giudice non aveva calcolato il periodo intercorrente tra l’esecutività della sentenza e l’assegnazione della somma ma solo il tempo intercorrente tra l’inizio dell’esecuzione forzata e l’assegnazione della somma, periodo correttamente ascrivibile all’attività giudiziaria.
Accertato che l’inizio del processo esecutivo, sia pure con la notifica del precetto, è intervenuto ad oltre sei mesi dalla conclusione del processo di cognizione, va fatta applicazione di S.U. 9142/2016 e Cass. 229/2017.
In tal senso è anche la richiesta del PG.
La condanna alle spese consegue alla soccombenza e non si può proporre impugnazione per la mancata compensazione delle spese mentre la novità e la complessità della questione consigliano la compensazione delle spese di legittimità.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.
Così deciso in Roma, il 23 marzo 2017.
Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2017