Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18568 del 26/07/2017


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Cassazione civile, sez. II, 26/07/2017, (ud. 27/02/2017, dep.26/07/2017),  n. 18568

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 7765 – 2013 R.G. proposto da:

REGIONE VENETO, – c.f. (OMISSIS) – in persona del presidente pro

tempore della giunta regionale, elettivamente domiciliata in Roma,

alla via Confalonieri, n. 5, presso lo studio dell’avvocato Andrea

Manzi che congiuntamente e disgiuntamente agli avvocati Francesco

Zanlucchi, Ezio Zanon e Luisa Londei, la rappresenta e difende in

virtù di procura speciale margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE di SAN GIOVANNI ILARIONE, – c.f. (OMISSIS) – in persona del

sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, alla via di

Santa Teresa, n. 23, presso lo studio dell’avvocato Tommaso Paparo

che congiuntamente e disgiuntamente all’avvocato Luigi Biondaro lo

rappresenta e difende in virtù di procura speciale a margine del

controricorso;

– controricorrente –

e

PROVINCIA di VERONA, in persona del presidente pro tempore;

– intimata –

Avverso la sentenza n. 1831 dei 5.7/14.8.2012 della corte d’appello

di Venezia, Udita la relazione della causa svolta all’udienza

pubblica del 27 febbraio 2017 dal consigliere dott. Luigi Abete;

Udito l’avvocato Gianluca Calderara, per delega dell’avvocato Andrea

Manzi, per la ricorrente;

Udito l’avvocato Tommaso Paparo per il controricorrente;

Udito il Pubblico Ministero, in persona del sostituto procuratore

generale dott. C.L., che ha concluso per il rigetto del

primo motivo di ricorso, assorbiti il secondo ed il terzo.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con ordinanza n. 537 del 6.11.2009 la Provincia di Verona ingiungeva al Comune di San Giovanni Ilarione, quale obbligato in solido, il pagamento della somma di Euro 2.587,60 a titolo di sanzione amministrativa per violazione della normativa in materia di acque.

Con ricorso al tribunale di Verona notificato alla Provincia di Verona in data 20.2.2010 il Comune di San Giovanni Ilarione proponeva opposizione; chiedeva annullarsi l’ingiunzione.

Deduceva, tra l’altro, l’incompetenza delle province ad emettere ingiunzioni in materia ambientale a seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 152 del 2006; che tal ultimo decreto non aveva tenuto ferma la possibilità, prevista dal D.Lgs. n. 152 del 1999, art. 56 di devoluzione a soggetti diversi dalle regioni e dalle province autonome della competenza all’accertamento degli illeciti amministrativi in materia ambientale ed alla irrogazione delle relative sanzioni.

Resisteva la Provincia di Verona.

Con sentenza n. 2538/2010 il giudice adito accoglieva l’opposizione ed annullava l’ingiunzione.

In particolare opinava per l’incompetenza della Provincia di Verona ad emettere ordinanze – ingiunzioni in materia di tutela delle acque.

La Provincia di Verona proponeva appello.

Resisteva il Comune di San Giovanni Ilarione.

Interveniva la Regione Veneto.

Con sentenza n. 1831 dei 5.7/14.8.2012 la corte d’appello di Venezia dichiarava inammissibile l’intervento spiegato dalla Regione Veneto e nel merito rigettava il gravame e confermava l’impugnata statuizione.

Premetteva la corte che legittimato ad intervenire in appello è esclusivamente colui che rivendichi un diritto autonomo nei confronti di entrambe le parti e come tale è facultato ad esperire opposizione di terzo; che pertanto non è legittimato il terzo il cui intervento sia di natura adesiva.

Indi esplicitava che la natura adesiva dell’intervento della Regione Veneto era resa evidente dalle conclusioni che la stessa regione aveva rassegnato, mercè le quali si era limitata a chiedere l’accoglimento dell’appello della Provincia di Verona e la conferma dell’ordinanza ingiunzione.

Esplicitava nel merito che il D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 135 ha attribuito unicamente alle regioni ed alle province autonome la competenza ai fini dell’emissione delle ordinanze – ingiunzioni in materia di tutela delle acque ed ha al contempo abrogato del D.Lgs. n. 152 del 1999, art. 56 che devolveva alle regioni la facoltà di delegare le province ai fini dell’irrogazione delle sanzioni.

Esplicitava inoltre che l’abrogazione del D.Lgs. n. 152 del 1999 ha travolto pure la L.R. veneta n. 33 del 1985, art. 65 bis che espressamente richiamava il medesimo D.Lgs. n. 152 del 1999; che invero ai sensi dell’art. 117 Cost., comma 2 lo Stato ha competenza esclusiva in materia di tutela dell’ambiente, sicchè la disciplina statuale è l’unica consentita in tale ambito; che dunque contrariamente all’assunto della provincia appellante l’art. 65 bis cit. non poteva reputarsi impregiudicato ai sensi della L. n. 62 del 1953, art. 10.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso la Regione Veneto; ne ha chiesto sulla scorta di tre motivi la cassazione con ogni conseguente statuizione in ordine alle spese di lite.

Il Comune di San Giovanni Ilarione ha depositato controricorso; ha chiesto rigettarsi l’avversa impugnazione con il favore delle spese.

La Provincia di Verona non ha svolto difese.

La Regione Veneto ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Il Comune di San Giovanni Ilarione parimenti ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la ricorrente denuncia la nullità della sentenza e del procedimento per violazione degli artt. 344 e 404 c.p.c. e dell’art. 113 Cost..

Deduce che con l’intervento esperito in grado d’appello ha inteso far valere un proprio autonomo diritto avente valenza sia patrimoniale sia pubblicistica.

Deduce che ai sensi del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 136 “le somme derivanti dai proventi delle sanzioni amministrative (…) sono versate all’entrata del bilancio regionale” (così ricorso, pag. 21); che quindi vanta un diritto di credito ai proventi delle sanzioni amministrative legittimamente irrogate; che al contempo il disconoscimento della competenza delle province lede la sua prerogativa “di auto – organizzarsi e di allocare le funzioni tra gli enti pubblici secondo il principio di sussidiarietà, al fine di perseguire l’interesse pubblico nel modo migliore possibile” (così ricorso, pag. 24).

Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 135, comma 1 e della L.R. veneto n. 33 del 1985, art. 65 bis.

Deduce che il D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 135 consente alle regioni di allocare diversamente le funzioni in materia di tutela ambientale e di irrogazione delle correlate sanzioni amministrative, sicchè è da escludere che la L.R. veneto n. 33 del 1985, art. 65 bis sia stato abrogato.

Deduce in particolare che all’art. 135 cit. sono “fatte salve le attribuzioni affidate dalla legge ad altre pubbliche autorità” e l’espressione legge non è da intendere come circoscritta alle sole leggi statali; che l’art. 135 cit. fa salve le disposizioni del D.Lgs. n. 112 del 1998 e dunque l’allocazione delle funzioni amministrative alla stregua del principio di sussidiarietà verticale e quindi presso le province come disposto dall’art. 65 bis cit..

Deduce ancora che la soluzione esegetica propensa a reputare impregiudicata la disposizione dell’art. 65 bis cit. si conforma ai parametri costituzionali della sussidiarietà e del buon andamento della pubblica amministrazione; che è inoltre interpretazione avallata dal dato sistematico e dal riferimento alla legge delega sulla cui scorta è stato emanato il D.Lgs. n. 152 del 2006.

Con il terzo motivo la ricorrente denuncia la violazione della L. n. 62 del 1953, art. 10.

Deduce che, a reputare, siccome ha reputato la corte di merito, la materia ambientale oggetto di legislazione esclusiva dello Stato, la L.R. veneto n. 33 del 1985, art. 65 bis sarebbe a rigore incostituzionale, “perchè avrebbe invaso un ambito – la tutela ambientale – riservato solo allo Stato e quindi non si tratterebbe di un problema di abrogazione ma di incostituzionalità” (così ricorso, pag. 44); che conseguentemente sarebbe stato necessario sollevare l’incidente di costituzionalità; che in pari tempo il riferimento alla L. n. 62 del 1953, art. 10 è del tutto ingiustificato, giacchè detta disposizione concerne unicamente le ipotesi di competenza concorrente della legislazione statale e della legislazione regionale.

Il primo motivo è infondato e va respinto.

Il suo esito infausto assorbe e rende vana la disamina del secondo e del terzo mezzo di impugnazione.

Si rappresenta, per un verso, che nel giudizio disciplinato dalla L. n. 689 del 1981, artt. 22,22 bis e 23 (la L. n. 689 del 1981, art. 22, commi 2, art. 30, commi 4, 5, 6 e 7, artt. 22 bis e 23 sono stati abrogati dal D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 34, comma 1, lett. b) e c)) unico legittimato passivo è l’autorità che ha emesso l’ordinanza (nondimeno altrettanto è da dirsi con riferimento alla disciplina di cui segnatamente al D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 6, commi 8 e 9); cosicchè non sussiste litisconsorzio nei confronti del soggetto beneficiario della sanzione amministrativa irrogata con l’ordinanza – ingiunzione opposta (cfr. Cass. 16.7.2002, n. 10300).

Si rappresenta, per altro verso, che, in tema di sanzioni amministrative, la L. n. 689 del 1981, art. 6 conferisce all’autorità, ancorchè periferica, che ha emesso l’ordinanza – ingiunzione un’autonomia funzionale dalla quale discende la sua qualità di parte, che non è limitata al giudizio di primo grado, ma si estende all’intero arco del processo e dunque anche alla fase di impugnazione (ovviamente altrettanto è da dirsi con riferimento alla disciplina di cui segnatamente al D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 6, commi 8 e 9); cosicchè – ha spiegato ulteriormente questa Corte – è inammissibile il ricorso per cassazione proposto dal Ministero dell’Interno avverso la sentenza del giudice di pace in tema di opposizione ad ordinanza – ingiunzione emessa, per violazione delle norme del codice della strada, dal Prefetto, spettando la legittimazione ad impugnare esclusivamente a quest’ultimo (cfr. Cass. 18.11.2004, n. 21794; cfr. altresì Cass. 2.4.2015, n. 6788, secondo cui, in tema di sanzioni amministrative, la L. n. 689 del 1981, art. 23 – nella specie, applicabile “ratione temporis” – identifica nell’autorità che ha emesso l’ordinanza, ancorchè periferica, quale la prefettura, il soggetto cui è attribuita la legittimazione processuale a contraddire nel relativo giudizio di opposizione, rimanendo ferma tale legittimazione, in difetto di limitazioni risultanti dal dettato normativo, nel corso dell’intero processo, e dunque anche nel procedimento di cassazione).

Si rappresenta, per altro verso ancora, che l’intervento in appello è ammissibile soltanto quando l’interventore sia legittimato a proporre opposizione di terzo ai sensi dell’art. 404 c.p.c., ossia nel caso in cui egli rivendichi, nei confronti di entrambe le parti, la titolarità di un diritto autonomo la cui tutela sia incompatibile con la situazione accertata o costituita dalla sentenza di primo grado, e non anche quando l’intervento stesso sia qualificabile come adesivo, perchè volto a sostenere l’impugnazione di una delle parti per porsi al riparo da un pregiudizio mediato dipendente da un rapporto che lega il diritto dell’interventore a quello di una delle parti (cfr. Cass. 23.5.2006, n. 12114).

In questo quadro deve affermarsi quanto segue.

Ovvero, da un canto, devesi disconoscere che la Regione Veneto abbia veste di litisconsorte necessario ed abbia legittimazione a proporre ricorso a questa Corte di legittimità avverso la sentenza della corte veneziana.

Ovvero, dall’altro, devesi condividere l’assunto della stessa corte distrettuale.

Ossia, a tal ultimo riguardo, che la Regione Veneto, allorchè ha spiegato intervento in grado d’appello, non ha inteso far valere una sua autonoma pretesa nei confronti e dell’una e dell’altra parte, ma, piuttosto, ha inteso sostenere le ragioni dell’appellante Provincia di Verona.

D’altronde, che l’intervento della Regione Veneto fosse “ad adiuvandum”, emerge dalle stesse prospettazioni difensive della ricorrente, concernenti l’articolazione del rapporto regione – provincia all’insegna, tra l’altro, del parametro costituzionale della “sussidiarietà verticale”.

In particolare la Regione Veneto ha dedotto che “si è organizzata (…) in modo da lasciare l’amministrazione attiva delle funzioni agli enti locali (Comuni e Province) e da mantenere le funzioni di regolazione e di programmazione” (così ricorso, pag. 24); che il D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 135 permette “comunque alle Regioni una diversa allocazione delle funzioni ad enti quali Comuni e Province mediante legge regionale” (così ricorso, pag. 30); che “pare quindi rispondere ai citati criteri relativi al buon andamento consentire alla Regione di affidare con legge anche la funzione sanzionatoria alle Province” (così ricorso, pag. 36).

Ciò, beninteso, a prescindere dal disposto del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 36 a tenor del quale, tra l’altro, “le somme derivanti dai proventi delle sanzioni amministrative previste dalla parte terza del presente decreto sono versate all’entrata del bilancio regionale per essere riassegnate alle unità previsionali di base destinate alle opere di risanamento e di riduzione dell’inquinamento dei corpi idrici”.

Il riferito dettato legislativo rende evidente che il diritto di credito per la cui salvaguardia la Regione Veneto ha spiegato intervento in sede di gravame, non è un diritto autonomo, sibbene è lo stesso diritto di cui all’ordinanza n. 537/2009 della Provincia di Verona.

Il rigetto del ricorso giustifica la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità.

La liquidazione segue come da dispositivo.

Nessuna statuizione va assunta in ordine alle spese limitatamente alla Provincia di Verona, rimasta intimata.

Si dà atto che il ricorso è stato notificato in data 15.3.2013.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (comma 1 quater introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, a decorrere dall’1.1.2013), si dà atto altresì della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, Regione Veneto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 bis.

PQM

 

La Corte rigetta il primo motivo di ricorso, in tal guisa assorbiti il secondo ed il terzo; condanna la ricorrente, Regione Veneto, a rimborsare al controricorrente, Comune di San Giovanni Ilarione, le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 1.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e cassa come per legge; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, Regione Veneto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione ai sensi dell’art. 13, comma 1 bis D.P.R. cit..

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sez. seconda civ. della Corte Suprema di Cassazione, il 27 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2017

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