Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18568 del 13/07/2018
Civile Ord. Sez. 3 Num. 18568 Anno 2018
Presidente: TRAVAGLINO GIACOMO
Relatore: GIANNITI PASQUALE
ORDINANZA
sul ricorso 16789-2016 proposto da:
VIGNOLI
LIVIO,
MENICHETTI
LUIGIA,
elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA AGRI, l, presso lo studio
dell’avvocato MASSIMO NAPPI, rappresentati e difesi
dall’avvocato MARCO PICCHI giusta procura in calce al
ricorso;
– ricorrenti contro
ITAS ASSICURAZIONI SPA, in persona del dott. CLAUDIO
CAVA ERMANNO GRASSI in qualità di procuratore,
elettivamente domiciliata in ROMA,
VIALE DELLE
MILIZIE, 4, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI
BATTISTA
MARTELLI 4,
rappresentata
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e
difesa
Data pubblicazione: 13/07/2018
dall’avvocato ALESSANDRO RISALITI giusta procura in
calce al controricorso;
ITAS MUTUA, in persona del dott. CLAUDIO GAVA ERMANNO
GRASSI in qualità di procuratore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE, 4, presso
rappresentata e difesa dall’avvocato ALESSANDRO
RISALITI giusta procura in calce al controricorso;
GENERALI ITALIA SPA già INA ASSITALIA SPA, in persona
dei procuratori speciali VITTORIO PASCOLI e
PIERFRANCESCO COLAIANNI, elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA GIUSEPPE FERRARI 35, presso lo studio
dell’avvocato MARCO VINCENTI, che la rappresenta e
difende giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrenti nonchè contro
AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE DI GROSSETO, BISCONTI
ROBERTO;
– intimati –
avverso la sentenza n. 252/2016 della CORTE D’APPELLO
di FIRENZE, depositata il 25/02/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 10/05/2018 dal Consigliere Dott.
PASQUALE GIANNITI;
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lo studio dell’avvocato GIOVANNI BATTISTA MARTELLI,
RILEVATO CHE
1.La Corte di Appello di Firenze con sentenza n. 252 del
25/02/2016, nel rigettare l’appello principale, ha confermato la
sentenza n. 103/2009 con la quale il Tribunale di Grosseto, Sezione
distaccata di Orbetello, aveva respinto la domanda risarcitoria,
proposta dai coniugi Livio Vignoli e Luigia Menichetti, quali eredi
decesso della stessa avvenuto alcune ore dopo il sinistro, occorso
alla stessa il 29/11/1995; mentre, in accoglimento dell’appello
incidentale proposto da ITAS Mutua e da ITAS assicurazioni s.p.a..,
ha estromesso quest’ultima dal giudizio.
Era accaduto che, in data 29 novembre 1995, Maria Norcini,
componente di fatto della famiglia Vignoli, nel corso di un sinistro
stradale – che aveva interessato l’autovettura Fiat 127 condotta da
Mario Vignoli (assicurata presso ITAS Assicurazioni s.p.a.), nella
quale la Norcini viaggiava da trasportata, e l’autovettura Lancia
Thema, condotta da Roberto Bisconti (di proprietà
dell’Amministrazione Provinciale di Grosseto ed assicurato per la
RCA presso la Compagnia Assitalia s.p.a.) – aveva riportato lesioni
personali mortali. Il relativo processo penale, promosso nei
confronti del Vignoli e del Bisconti, si era concluso con sentenza n.
220/00 con la quale il Tribunale di Grosseto, ritenuta la pari
responsabilità degli imputati nella causazione del sinistro, aveva
condannato entrambi per omicidio colposo. Detta sentenza era
stata confermata dalla Corte di appello di Firenze con sentenza 20
dicembre 2001 ed era quindi passata in giudicato.
Orbene, nel 1995 i coniugi Vignoli-Menichetti avevano
convenuto in giudizio, innanzi al Tribunale di Grosseto, il Bisconti,
l’Amministrazione provinciale di Grosseto e l’Assitalia S.p.a.
chiedendone la condanna al risarcimento dei danni patrimoniali e
non patrimoniali, conseguenti all’intervenuto sinistro.
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testamentari di Maria Norcini, loro convivente, in conseguenza del
I convenuti si erano costituiti in giudizio; e, previa
autorizzazione giudiziale, avevano chiamato in causa Mario Vignoli
e la compagnia assicuratrice ITAS Assicurazioni s.p.a..
Quest’ultima si era costituita in giudizio, eccependo
preliminarmente la carenza di legittimazione passiva e contestando
nel merito la domanda attorea.
Nel giudizio era intervenuta volontariamente anche la ITAS
Assicurazioni spa.
Il Giudice di primo grado, espletata l’istruttoria, con sentenza
103/2009, come sopra rilevato, aveva respinto le domande attoree,
dichiarando compensate tra le parti le spese di giudizio.
2.Avverso la sentenza della Corte territoriale propongono
ricorso i coniugi Livio Vignoli e Luigia Menichetti, articolando 4
motivi.
Resistono con distinti controricorsi Generali Italia s.p.a. (già
Assitalia – Le Assicurazioni d’Italia s.p.a.), nonché la ITAS
Assicurazioni s.p.a. e la ITAS Mutua.
RITENUTO CHE
1.11 ricorso è fondato.
2.Fondato è il terzo motivo, che viene trattato per primo per
motivi di priorità logica, con il quale i ricorrenti Livio Vignoli e Luigia
Menichetti denunciano nel contempo, in relazione all’art. 360 primo
comma nn. 3, 4 e 5 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art.
132 n. 4 c.p.c. degli artt. 2043 e 2059 c.c. e dell’art. 2 Cost.,
nullità della sentenza e del procedimento, nonché omesso esame di
fatto decisivo e controverso.
Si lamentano i ricorrenti che la Corte territoriale, incorrendo
nei vizi denunciati, ha loro negato il diritto ad ottenere,
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jure
Mutua in via adesiva rispetto alla compagnia Assicuratrice ITAS
proprio, il risarcimento del danno non patrimoniale subito a seguito
della morte della Norcini. In particolare, si lamentano che la Corte
d’appello: dopo aver premesso che al mero convivente può essere
riconosciuta tutela risarcitoria ogniqualvolta venga a crearsi quella
comunanza stretta di affetti tipica dei coniugi, ha
contraddittoriamente escluso rilevanza alla circostanza che la
persona deceduta sia o meno trattata come un parente dagli altri
sangue – o al più al convivente more uxorio della vittima – l’ambito
soggettivo dei destinatari della tutela risarcitoria. Sottolineano che
dall’espletata istruzione probatoria era risultata provata la
circostanza (da essi dedotta fin dall’atto introduttivo del processo)
che la Norcini era stabilmente inserita, da molti anni, nel nucleo
della loro famiglia ed era trattata come vero e proprio stretto
congiunto.
La censura dei ricorrenti coglie nel segno.
E’ noto che il d. Igs. n. 212/2015, all’art. 1, ha apportato
rilevanti modifiche all’art. 90 c.p.p., stabilendo in particolare che, in
caso di decesso di persona offesa in conseguenza del reato, le
facoltà ed i diritti previsti dalla legge possono essere esercitati e
fatti valere non soltanto dai «prossimi congiunti» della stessa, ma
anche «da persona alla medesima legata da relazione affettiva e
con essa stabilmente convivente». Dunque, il legislatore penale,
nel disciplinare i diritti della persona offesa dal reato, ha equiparato
ai prossimi congiunti quei soggetti che, pur non legati da un
rapporto di parentela con la persona offesa dal reato, siano alla
stessa legati da «relazione affettiva» e da «stabile convivenza».
Passando al settore civile, proprio questa Sezione – dopo
aver ricordato che: «Il fatto illecito, costituito dalla uccisione del
congiunto, dà luogo ad un danno non patrimoniale presunto,
consistente nella perdita del rapporto parentale, allorché colpisce
soggetti legati da uno stretto vincolo di parentela, la cui estinzione
lede il diritto all’intangibilità della sfera degli affetti reciproci e della
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componenti della famiglia; ha erroneamente ristretto ai familiari di
scambievole solidarietà che caratterizza la vita familiare nucleare»
ha significativamente aggiunto:
«Perché, invece, possa ritenersi
risarcibile la lesione del rapporto parentale subita da soggetti
estranei a tale ristretto nucleo familiare (quali i nonni, i nipoti, il
genero, o la nuora) è necessario che sussista una situazione di
convivenza, in quanto connotato minimo attraverso cui si
esteriorizza l’intimità delle relazioni di parentela, anche allargate,
e sostegno economico, solo in tal modo assumendo rilevanza
giuridica il collegamento tra danneggiato primario e secondario,
nonché la famiglia intesa come luogo in cui si esplica la personalità
di ciascuno, ai sensi dell’art. 2 Cost.. (Sez. 3, Sentenza n. 4253
del 16/03/2012, Rv. 621634 – 01).
E ancora più di recente è stato precisato che: «Integra di per
sé un danno risarcibile ex art. 2059 cod. civ. – giacché lede un
interesse della persona costituzionalmente rilevante, ai sensi
dell’art. 2 Cost. – il pregiudizio recato al rapporto di convivenza, da
intendere quale stabile legame tra due persone connotato da
duratura e significativa comunanza di vita e di affetti».
Di tali principi di diritto la Corte di Appello di Firenze non ha
fatto buon governo nel caso di specie, nel quale dai testi assunti
(anche estranei alla famiglia Vignoli) risulta che la Norcini era da
anni stabilmente inserita nel nucleo di quella famiglia, nell’ambito
della quale era trattata e considerata alla stregua di uno stretto
congiunto. In particolare, è risultato che: la Norcini era convivente
presso l’abitazione della famiglia Vignoli quanto meno a partire
dall’anno 1989 e che i figli della coppia trattavano la donna come
una nonna o come una zia, rivolgendosi alla stessa con uno di tali
appellativi. Significativi dello stretto legame affettivo esistente tra i
componenti della suddetta famiglia e la Norcini e del fatto che
quest’ultima era socialmente percepita come un effettivo
componente della famiglia sono i telegrammi di cordoglio ricevuti
dagli odierni ricorrenti dopo il decesso della Norcini.
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contraddistinte da reciproci legami affettivi, pratica della solidarietà
In definitiva, il Collegio non intende affatto affermare il
principio che qualunque forma di convivenza con persona, estranea
al nucleo familiare, consenta il risarcimento, ma tanto ritiene di
dover affermare nel caso di specie, nel quale dalle acquisite
risultanze istruttorie – ripercorse in ricorso (p. 34 ss), non smentite
da nessuno dei tre controricorrenti e ignorate nella motivazione
della impugnata sentenza – è inequivocabilmente emerso che i
rapporto affettivo con la Norcini, rispetto alla quale – per la
comunanza di vita e per la convivenza di tipo relazionale affettivo,
particolarmente intensa, risultata esservi tra loro – si ponevano
come familiari di fatto.
Ne consegue che l’impugnata sentenza deve essere cassata
ed il procedimento rinviato alla Corte di Appello di Firenze, in
diversa composizione, perché, riconosciuto il diritto jure proprio
degli odierni ricorrenti al risarcimento del danno non patrimoniale
conseguente al decesso della Norcini, proceda alla relativa
liquidazione.
3.Parimenti fondato è il secondo motivo con il quale i
ricorrenti denunciano nel contempo, in relazione all’art. 360 primo
comma n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e
345 c.p.c. 2043 e 2059 c.c., 32 Cost..
Si lamentano i ricorrenti che la Corte territoriale, richiamando
la sentenza n. 15350/2015 delle Sezioni Unite, ha negato il loro
diritto ad ottenere, iure hereditatis, il risarcimento dei danni non
patrimoniali subiti dalla Norcini in conseguenza delle lesioni che ne
determinarono poi il decesso. Si lamentano altresì che la Corte
territoriale ha loro negato anche il diritto al risarcimento del danno
morale subito dalla Norcini, sul presupposto che detto danno
sarebbe ad essi spettato iure hereditatis mentre loro lo avevano
chiesto iure proprio.
Deducono che nella specie era ravvisabile un
c.d. danno da lucida agonia (o danno catastrofale o danno
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coniugi Vignoli-Menichetti erano legati da stretto, forte e stabile
catastrofico), di per sé risarcibile e trasmissibile agli eredi.
Sostengono che la Corte territoriale avrebbe dovuto ravvisare il
diritto al risarcimento del danno biologico, ovvero, quanto meno,
nel caso in cui l’intervallo di tempo intercorso tra evento e morte
della Norcini fosse stato ritenuto troppo breve per fare insorgere il
suddetto diritto, il loro diritto ad ottenere,
iure hereditatis,
il
risarcimento del danno morale (costituito dalle sofferenze psico
preceduto la morte).
Anche le suddette censure – che sottendono la problematica
del danno biologico e del danno morale terminale – sono fondate
nei termini di seguito precisati.
E’ jus receptum nella giurisprudenza di questa Corte che il
danno biologico terminale è configurabile in tutti i casi in cui
intercorra un apprezzabile lasso di tempo tra le lesioni e la morte
(sent. n. 15350/2015); e che in capo agli eredi è altresì
configurabile, a titolo di danno morale, il danno conseguente alla
sofferenza patita dalla persona che lucidamente assiste allo
spegnersi della propria vita, rendendosi conto della gravità del
proprio stato e dell’approssimarsi della morte (cfr., tra le più
recenti, la sent. n. 901/2018).
Tanto è avvenuto nel caso di specie, nel quale dalle risultanze
processuali (anche in questo caso: acquisite nel giudizio di primo
grado, ripercorse in ricorso, non smentite da nessuno dei
controricorrenti ed ignorate nel corpus motivazionale della
sentenza impugnata) è emerso che: a) la Norcini, rimasta vittima
del sinistro la mattina del 29 novembre 1995, è stata ricoverata
con diagnosi di ingresso di “politraumatizzato in stato di shock”
presso l’Ospedale di Pitigliano, dove, dopo essere stata sottoposta
ad intervento chirurgico e ad esami radiografici, è stata condotta
nella stanza di terapia intensiva; b) la Norcini nelle ultime ore di
vita (sia prima che dopo l’intervento chirurgico al quale era stata
sottoposta) è rimasta cosciente (fatti salvi, ovviamente, gli effetti
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fisiche subite dalla Norcini durante la lucida agonia che aveva
dell’anestesia), lamentandosi per il dolore e riconoscendo le
persone presenti intorno a lei; c) tra il momento del sinistro e il
momento della morte della Norcini sono decorse complessivamente
6/7 ore.
In definitiva, la Norcini – proprio perché è sopravvissuta al
sinistro un appezzabile lasso di tempo, nel corso del quale non ha
perso la coscienza – ha acquisito al suo patrimonio il diritto al
biologico, ma soprattutto sotto il profilo morale), diritto che con la
sua morte ha poi trasmesso agli odierni ricorrenti (i quali, fin
dall’atto di citazione, introduttivo del giudizio di primo grado,
avevano sostanzialmente richiesto di ottenere, iure hereditatis, il
risarcimento del danno non patrimoniale, patito dalla Narconi,
unitariamente considerato ex sent. n. 26972/2008 delle Sezioni
Unite).
Ne consegue che la sentenza impugnata deve essere cassata
con rinvio alla Corte di Appello di Firenze, in diversa composizione,
perché – riconosciuto il diritto degli odierni ricorrenti ad ottenere
jure hereditatis il risarcimento per il danno biologico e morale
terminale sofferto dalla Norcini, per lesione della sua integrità
psicofisica e per le sofferenze che ne sono seguite – proceda alla
relativa liquidazione.
4.Fondato è infine il primo motivo di ricorso, con il quale i
ricorrenti Livio Vignoli e Luigia Menichetti denunciano nel
contempo, in relazione all’art. 360 primo comma nn. 3 e 4 c.p.c.,
violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 345 c.p.c., nullità
della sentenza e del procedimento, in punto di mancato
riconoscimento del loro diritto, iure proprio, al risarcimento del
danno patrimoniale, subito in conseguenza della morte della
Norcini.
Invero, dall’atto di citazione in appello (riportato in ricorso)
risulta che era stato articolato uno specifico motivo di
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risarcimento del danno terminale subito (anche sotto il profilo
impugnazione, rubricato sub 3, con il quale era stata censurata la
sentenza di primo grado nella parte in cui il Tribunale di Grosseto
non aveva riconosciuto il diritto degli odierni ricorrenti al
risarcimento del danno patrimoniale subito a seguito della morte
della Norcini (per perdita del contributo che la stessa dava al
menage familiare con la propria pensione e per spese funerarie
sostenute).
pronunciarsi.
5.
Dall’accoglimento dei primi tre motivi consegue
l’assorbimento del quarto ed ultimo motivo, con il quale i ricorrenti,
in via subordinata, hanno denunciato, in relazione all’art. 360
primo comma n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 4
comma 2 DM n. 55/2014, sul presupposto che la Corte territoriale,
nel regolamentare le spese processuali, li ha condannati al
pagamento delle spese processuali liquidandole in euro 17.628,00
“per ciascuna parte costituita”, senza considerare che le parti
costituite (Roberto Bisconti, Amministrazione Provinciale e
Assitalia) erano state assistite da un solo difensore (che aveva per
tutte svolto la medesima attività difensiva), per cui avrebbe dovuto
trovare applicazione la norma denunciata.
6. Per le ragioni che precedono, la sentenza impugnata deve
essere cassata con rinvio alla Corte di appello di Firenze, in diversa
composizione, affinché la stessa, cui è demandata anche la
regolamentazione delle spese processuali tra le parti in relazione al
presente giudizio di legittimità, proceda all’esame della domanda di
risarcimento del danno patrimoniale, formulata dagli odierni
ricorrenti, nonché alla liquidazione del danno non patrimoniale, ad
essi spettante jure proprio, e del danno biologico terminale, ad essi
spettante jure hereditatis.
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Orbene, in ordine a tale domanda, la Corte ha omesso di
P.Q.M .
La Corte:
– cassa la sentenza impugnata – in accoglimento dei primi tre
motivi di ricorso – con rinvio alla Corte di appello di Firenze perché,
in diversa composizione, proceda a quanto sopra indicato;
– demanda alla Corte territoriale la regolamentazione delle
legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza
Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione in data 10
maggio 2018.
spese processuali tra le parti in relazione al presente giudizio di