Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18566 del 10/07/2019

Cassazione civile sez. lav., 10/07/2019, (ud. 29/05/2019, dep. 10/07/2019), n.18566

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – rel. Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 109-2014 proposto da:

C.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SARDEGNA

50, presso lo studio dell’avvocato EMANUELE MERILLI, rappresentato e

difeso dall’avvocato SERGIO TURRA’;

– ricorrente –

contro

– I.N.A.I.L. ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI

INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144,

presso lo studio degli Avvocati RAFFAELA FABBI, LORELLA FRASCONA’,

che lo rappresentano e difendono;

EQUITALIA SUD S.P.A., incorporante Equitalia Polis S.p.a., in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA BERENGARIO 10, presso lo studio dell’avvocato PAOLA

CECCHETTI, rappresentata e difesa dall’avvocato RAIMONDO DI IESU;

I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

suo Presidente e legale rappresentante p.t. anche quale mandatario

della S.C.C.I. S.P.A. Società di Cartolarizzazione dei Crediti

I.N.P.S., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE BECCARIA N.

29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e

difesi dagli avvocati ANTONINO SGROI, EMANUELE DE ROSE, LELIO

MARITATO, GIUSEPPE MATANO, CARLA D’ALOISIO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 721/2013 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 26/06/2013 R.G.N. 733/2011.

Fatto

RILEVATO

che:

la Corte d’appello di Salerno, con sentenza n. 721/2013, ha respinto l’appello proposto nei confronti dell’INPS, dell’Inail e di Equitalia Sud s.p.a. da C.G. avverso la sentenza di primo grado che aveva rigettato l’opposizione avverso dieci intimazioni di pagamento notificate il 26 giugno 2010, con le quali era stato richiesto il pagamento di Euro 137.576,80 per contributi omessi, interessi e compensi di riscossione, proposta dallo stesso C. sul presupposto della nullità delle intimazioni derivante dalla omessa notifica delle cartelle di pagamento poste a base delle medesime;

la Corte territoriale, dopo aver ricordato che la sentenza di primo grado aveva affermato che l’opponente non aveva negato l’avvenuta notifica delle cartelle esattoriali sottese alle intimazioni di pagamento, nè che le stesse erano state notificate in luogo diverso dalla propria abitazione, ma aveva solo lamentato che non fossero state consegnate a persone addette alla casa o a familiari stabilmente conviventi, ha ritenuto, richiamando giurisprudenza di legittimità, non violato l’art. 139 c.p.c. giacchè la ritualità della notifica non postula necessariamente nè il rapporto di parentela o di affinità, nè l’ulteriore requisito della convivenza del familiare con il destinatario dell’atto, risultando all’uopo sufficiente l’esistenza di un vincolo di affinità o di parentela che giustifichi la presunzione che la “persona di famiglia” consegnerà l’atto al destinatario, salvo che quest’ultimo non provi il carattere occasionale della presenza del consegnatario in casa propria;

conseguentemente, essendo,le cartelle di pagamento, state notificate all’indirizzo indicato dal C. come propria residenza ((OMISSIS)) e consegnate a C.D. e C.V., qualificatesi ” familiari conviventi”, in difetto di prova della presenza meramente occasionale delle stesse presso la propria abitazione ed a nulla rilevando i certificati anagrafici prodotti, nessun dubbio poteva porsi sulla regolarità della notifica;

avverso tale sentenza ricorre C.G. con cinque motivi: a) violazione dell’art. 112 c.p.c., non avendo la sentenza impugnata, giudicato sulla circostanza fatta valere in appello relativa alla erroneità della dicitura delle sottoscrizioni apposte dalle signore D. e C.V. quali “familiari conviventi” del destinatario che aveva formato accertamento della sentenza della Commissione Tributaria Regionale di Napoli n. 126/02/2010; b) violazione dell’art. 2909 c.c. riferita al giudicato costituito dalla sentenza appena citata; c) violazione dell’art. 139 c.p.c. in ragione della consegna delle cartelle a persone non idonee; d) violazione degli artt. 416,437 e 115 c.p.c. avendo la sentenza impugnata tratto conoscenza del contenuto della relata di notifica delle cartelle dalla documentazione prodotta da Equitalia Sud s.p.a., costituitasi solo in appello; e) violazione dell’art. 2697 c.c., posto che l’opponente aveva assolto i propri oneri probatori;

resistono con controricorso Inps, Inail ed Equitalia;

il ricorrente, Inail, Agenzia delle Entrate – Riscossione (quale soggetto successore universale di Equitalia Sud s.p.a.) hanno depositato memorie.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con la memoria depositata, C.G. ha dichiarato che, a seguito di eventi intervenuti nel corso del giudizio (definizione agevolata D.L. n. 193 del 2016, ex art. 6 conv. in L. n. 225 del 2016 per poste e premi dovuti all’INAIL nonchè giudicato di accertamento della prescrizione per altre partite previdenziali), è venuto meno il proprio interesse alla decisione del ricorso;

alla memoria è stata allegata copia della dichiarazione di adesione alla definizione agevolata unitamente alla espressa dichiarazione dell’impegno a rinunziare ai giudizi pendenti aventi ad oggetto i carichi ai quali si riferisce l’istanza di adesione alla definizione agevolata D.L. n. 193 del 2016, ex art. 6 depositata in atti, ricevuta da Equitalia con pec del 4 aprile 2017;

tuttavia detta dichiarazione non risulta essere stata comunicata anche ad Inps ed a Inail e non ricorrono, pertanto, i presupposti per la declaratoria di estinzione del giudizio, ai sensi degli artt. 390 e 391 c.p.c.;

la dichiarazione contenuta in memoria, valutata nel suo palese contenuto di riconoscimento del venir meno dell’interesse all’impugnazione, determina comunque l’inammissibilità del ricorso stesso, secondo il principio di diritto secondo il quale “A norma dell’art. 390 c.p.c., u.c., l’atto di rinuncia al ricorso per cassazione deve essere notificato alle parti costituite o comunicato agli avvocati delle stesse, che vi appongono il visto; ne consegue che, in difetto di tali requisiti, l’atto di rinuncia non è idoneo a determinare l’estinzione del processo, ma, poichè è indicativo del venir meno dell’interesse al ricorso, ne determina comunque l’inammissibilità” (Sez. U, Sentenza n. 3876 del 18/02/2010, Rv. 611473 – 01);

le spese del giudizio di legittimità possono essere compensate tra le parti, trattandosi sostanzialmente di rinuncia determinata dall’adesione alla definizione agevolata di cui al D.L. n. 193 del 2016; non sussistono, infine, i presupposti per imporre al ricorrente il pagamento del c.d. “doppio contributo”, posto che la causa di inammissibilità del ricorso è sopravvenuta (cfr. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 23175 del 12/11/2015, Cass. n. 13636/15), posto che la ratio del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che pone a carico del ricorrente rimasto soccombente l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, va individuata nella finalità di scoraggiare le impugnazioni dilatorie o pretestuose, sicchè tale meccanismo sanzionatorio si applica per l’inammissibilità originaria del gravame, ma non per quella per sopravvenuto difetto di interesse.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; dichiara compensate le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 29 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 10 luglio 2019

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