Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18564 del 13/07/2018


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Civile Ord. Sez. 3 Num. 18564 Anno 2018
Presidente: DE STEFANO FRANCO
Relatore: SCODITTI ENRICO

ORDINANZA

sul ricorso 20267-2016 proposto da:
EULER HERMES S.A.

N.V.

in persona del legale

rappresentante pro tempore Dott. LOEIZ LIMON
DUPARCMEUR, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI
VILLA SACCHETTI 11, presso lo studio dell’avvocato
CARLO FELICE GIAMPAOLINO, che la rappresenta e
difende unitamente all’avvocato ANTONIO BRIGUGLIO
giusta procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente-

2018

contro

1321

SAGEST CAPITAL SPA;
– intimataNonché da:

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Data pubblicazione: 13/07/2018

SAGEST CAPITAL S.P.A. in persona del Commissario
Liquidatore e Legale rappresentante pro tempore, la
LIGESTRA S.R.L. e, per essa il Dott. ALESSNDRO LA
PENNA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ANTONIO
BAIAMONTI 4, presso lo studio dell’avvocato LAURA

speciale a margine del controricorso e ricorso
incidentale;
– ricorrente incidentale contro

EULER HERMES S.A.

N.V.

in persona del legale

rappresentante pro tempore Dott. LOEIZ LIMON
DUPARCMEUR, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI
VILLA SACCHETTI 11, presso lo studio dell’avvocato
CARLO FELICE GIAMPAOLINO, che la rappresenta e
difende unitamente all’avvocato ANTONIO BRIGUGLIO
giusta procura speciale in calce al ricorso
principale;
– controricorrente all’incidentale –

avverso la sentenza n. 3599/2016 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 06/06/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 26/04/2018 dal Consigliere Dott. ENRICO
SCODITTI;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero,
in persona del Sostituto Procuratore generale FULVIO

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CAPPELLO, che la rappresenta e difende giusta procura

TRONCONE, che ha chiesto l’accoglimento del secondo
motivo di ricorso, con cassazione della sentenza
gravata e rinvio alla Corte d’Appello di Roma in
diversa composizione. Assorbiti i restanti motivi di

ricorso principale e il ricorso incidentale.

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Rilevato che:
Safim Factor s.p.a. (poi Sagest Capital s.p.a.) convenne in
giudizio innanzi al Tribunale di Roma Società Italiana Assicurazione
Crediti (S.I.A.C.) s.p.a. (poi Euler Hermes S.A.) chiedendo il
risarcimento del danno per avere eseguito anticipazioni per un valore

conclusi in esecuzione della convenzione stipulata con la convenuta,
senza poter recuperare le somme erogate, a causa dell’inaffidabilità
patrimoniale sia dei cedenti che dei ceduti (risultati falliti o
inesistenti). Il Tribunale adito rigettò la domanda. Proposto appello da
Safim Factor, la Corte d’appello di Roma emise sentenza non
definitiva n. 5147 del 2004 i con cui dichiarò S.I.A.C. responsabile per
l’inadempimento alla convenzione in relazione ai contratti ritenuti
inesistenti ed in relazione a quelli che sarebbero stati ritenuti
inesistenti all’esito di supplemento di CTU, condannando S.I.A.C.,
previo riconoscimento di colpa dell’appellante nella misura del 50%,
al risarcimento del danno da liquidarsi e dichiarando la prescrizione in
relazione ai contratti ritenuti esistenti.
Proposti ricorso principale da Euler Hermes e ricorso incidentale
dalla controparte, con sentenza n. 15904 del 2009 questa Corte
annullò la sentenza impugnata limitatamente alla dichiarazione di
prescrizione, ma il giudizio non fu poi riassunto. Con sentenza n.
3024 del 2011 la Corte d’appello di Roma, dopo che il processo era
proseguito all’esito della sentenza non definitiva con un supplemento
di CTU ed il deferimento di giuramento suppletorio al legale
rappresentante di Safim Factor, dichiarò estinto il giudizio per la
mancata riassunzione del processo in seguito alla cassazione parziale
della sentenza non definitiva. Proposto ricorso da Safim Factor,
questa Corte con sentenza n. 14927 del 2012 cassò la sentenza
impugnata rinviando alla Corte di appello di Roma in diversa
composizione, affermando che non vi era estinzione del processo, nel

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di crediti di circa 150 miliardi di lire, sulla base di contratti di factoring

frattempo proseguito per il quantum, essendosi formato il giudicato
interno sulla pronuncia sull’an debeatur a seguito del rigetto del
ricorso sul punto.
Riassunto il giudizio da entrambe le parti, previa riunione delle
cause la Corte d’appello di Roma con sentenza di data 6 giugno 2016

Euro 39.094.761,76 oltre gli ulteriori interessi legali sul solo capitale
rivalutato a decorrere dalla pubblicazione della sentenza al saldo.
Osservò la corte territoriale, previo accoglimento dell’eccezione di
inefficacia del giuramento suppletorio per l’incapacità di disporre del
diritto di colui che aveva prestato il giuramento e previo sempre
riconoscimento del potere-dovere di decidere la causa prescindendo
dal detto giuramento sulla base dei sufficienti elementi di giudizio
acquisiti già prima della delazione, che il giudizio aveva ad oggetto la
quantificazione del danno, sulla base del giudicato interno, con
riferimento agli anticipi concessi ed alle date degli stessi, con
detrazione delle somme delle quali la società era rientrata (alla data
dei rientri medesimi). Aggiunse che il consulente tecnico, in sede di
consulenza integrativa, aveva chiesto a Safim documentazione
suppletiva (ed in particolare: copia dei saldi movimentati risultanti
dalle schede contabili a partire dal 31 ottobre 1992, elenco dei
pagamenti intercorsi con indicazione di date e modalità,
aggiornamento degli importi e aspettative di recupero relativi alle
insinuazioni al passivo fallimentare) e che la Corte ne aveva disposto
l’acquisizione ed utilizzo in sede di operazioni peritali motivando nel
senso che si trattava non di nuove fonti di prova documentale, ma di
più puntuali precisazioni di parte anche sulla base delle risultanze
della propria contabilità. Osservò quindi che, contrariamente a quanto
sostenuto dalla Corte, i detti documenti costituivano mezzi di prova
documentale ammissibili in quanto indispensabili per la decisione, ai
sensi dell’art. 345 cod. proc. applicabile ratione temporis, essendo

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condannò Euler Hermes al pagamento del complessivo importo di

emerso il loro valore dirimente in sede di consulenza tecnica contabile
ai fini della quantificazione del credito risarcitorio mediante la
differenza fra le anticipazioni effettuate e gli incassi ottenuti risultanti
dalle schede contabili, e che stante l’indispensabilità dei detti
documenti restava assorbita la questione della mancata prestazione

comunque aveva potuto ampiamente contraddire. Osservò inoltre che
non si potevano riconoscere gli interessi maturati al 31 dicembre
1992, indicati nella tabella B della consulenza integrativa, non
risultando inclusi nella definizione di danno contenuta nella sentenza
n. 5147 del 2004 e che i dati evincibili dalla tabella C allegata alla
consulenza integrativa (in cui si era tenuto conto della perizia in sede
penale, dei provvedimenti di ammissione allo stato passivo, dei
decreti ingiuntivi e degli estratti conto al 31 ottobre 1992) dovevano
essere confrontati con la tabella A al fine di tenere conto degli incassi
risultanti dalle schede contabili prodotte. Aggiunse infine che
l’importo complessivo, costituendo debito di valore, doveva essere
rivalutato all’attualità dall’i gennaio 1993, con decorrenza sul capitale
originario, via via annualmente rivalutato, degli interessi legali a
partire dalla medesima data.
Ha proposto ricorso per cassazione Euler Hermes S.A.sulla base di
tre motivi e resiste con controricorso la parte intimata, la quale ha
proposto altresì ricorso incidentale sulla base di due motivi. Resiste
con controricorso al ricorso incidentale Euler Hermes S.A.. E’ stato
fissato il ricorso in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375, comma
2, cod. proc. civ.. Il pubblico ministero ha depositato le conclusioni
scritte. E’ stata presentata memoria.
Considerato che:
con il primo motivo del ricorso principale si denuncia violazione e
falsa applicazione degli artt. 183 e 346 cod. proc. civ., nonché degli
artt. 2736, n. 2 cod. civ., 240 cod. proc. civ., 2697 e 2699 ss. cod.

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del consenso alla loro acquisizione da parte dell’appellata, che

civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 4, cod. proc. civ..
Osserva la ricorrente principale, premesso che oggetto del giudizio di
rinvio era l’accertamento sia dell’effettività che dell’importo delle
erogazioni, che la corte territoriale, dopo avere dichiarato inefficace il
giuramento suppletorio deferito in quanto il danno era stato

dati, anziché rigettare la domanda ha trasformato in prova piena,
quali prove documentali, quelle che, in sede di acquisizione da parte
del CTU, erano state considerate mere allegazioni, così integrando le
seguenti violazioni: 1) quelle allegazioni erano comunque precluse, in
quanto dedotte oltre il termine di cui all’art. 183 cod. proc. civ.
previsto per il giudizio di primo grado, né erano deducibili in appello
in quanto l’art. 346 cod. proc. civ. consente la riproposizione delle
domande, ma non la loro precisazione con aggiunta di elementi
assertivi; 2) nell’ipotesi di ricorso incidentale di controparte in ordine
alla dichiarata inefficacia del giuramento, le allegazioni erano inidonee
ad integrare la semiplena probatio (errore assorbito dalla circostanza
che il giuramento era stato dichiarato inefficace per ragioni relative al
soggetto che lo aveva prestato); 3) in violazione della regola
dell’onere della prova era stata accolta la domanda nonostante che
fosse venuta meno la prova in ragione della inefficacia del
giuramento, non potendo le allegazioni avere l’efficacia di piena prova
che le era stata riconosciuta dalla corte territoriale, come
esemplificato dai modi di quantificazione del danno in relazione alle
singole posizioni.
Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione
degli artt. 345, 194 e 198 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360,
comma 1, n. 3 e n. 4, cod. proc. civ.. Osserva la ricorrente che la
corte territoriale afferma apoditticamente che i nuovi documenti
rivestono il carattere dell’indispensabilità, per il sol fatto che sono
stati richiesti dal CTU, facendo coincidere l’indispensabilità con la

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quantificato dal CTU senza riscontro della attendibilità e veridicità dei

rilevanza e che i documenti erano stati ammessi senza impulso di
parte e sulla base di mera richiesta del CTU. Aggiunge che il
supplemento di consulenza non poteva essere valutato come
«consulenza tecnica contabile», avendo ad oggetto l’esistenza delle
operazioni relative ai crediti ceduti, e che comunque non vi era il

documenti in discorso.
Con il terzo motivo si denuncia violazione dell’art. 1223 cod. civ.,
ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Osserva la
ricorrente che in mancanza di prova del danno non possono
riconoscersi gli interessi compensativi che, nei debiti di valore,
costituiscono una mera modalità liquidatoria del danno causato dal
ritardato pagamento dell’equivalente monetario attuale della somma
dovuta all’epoca dell’evento lesivo.
Passando al ricorso incidentale, con il primo motivo si denuncia
violazione e falsa applicazione degli artt. 1223 e 1282 cod. civ., ai
sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Osserva la
ricorrente in via incidentale che erroneamente il giudice di appello ha
ritenuto che gli interessi maturati al 31 dicembre 1992 non fossero
inclusi nella definizione di danno di cui al giudicato interno perché
quest’ultimo non aveva fornito alcuna elencazione di singole voci di
danno e si era limitato a riferirsi agli anticipi concessi ed alle date
degli stessi, con la detrazione delle somme delle quali la società era
rientrata (alla data dei rientri medesimi). Aggiunge che gli interessi
emergono nel processo per la prima volta solo con il supplemento di
CTU successivo alla sentenza n. 5147 del 2004.
Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione
degli artt. 1219, 1223, 1226, 1282 cod. civ. e 115 cod. proc. civ., ai
sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Osserva la
ricorrente in via incidentale che la corte territoriale non ha fatto
decorrere gli interessi e la rivalutazione monetaria dal 26 febbraio

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consenso delle parti ai sensi dell’art. 198, comma 2, circa l’esame dei

1992, data di costituzione in mora di S.I.A.C., come da
documentazione prodotta.
Muovendo dal ricorso principale, va osservato che il primo motivo
è inammissibile. Va premesso che priva di pregio è l’eccezione di
inammissibilità sollevata nel controricorso per essere la questione

sull’an e dovendo procedere il giudice di merito solo alla
determinazione del quantum. La pronuncia di condanna generica al
risarcimento presuppone soltanto l’accertamento di un fatto
potenzialmente produttivo del danno, rimanendo l’accertamento della
concreta esistenza dello stesso riservato alla successiva fase, con la
conseguenza che al giudice della liquidazione è consentito di negare
la sussistenza del danno, senza che ciò comporti alcuna violazione del
giudicato formatosi sull’an (fra le tante Cass. 13 settembre 2012, n.
15335).
La censura si articola in tre sub-motivi. La prima censura è
estranea alla ratio decidendi avendo il giudice di appello valutate le
emergenze processuali corrispondenti alla documentazione acquisita
in sede di CTU integrativa come prove documentali e non allegazioni.
Rispetto al secondo sub-motivo, non risultando la proposizione di
ricorso incidentale circa la dichiarazione d’inefficacia del giuramento,
vi è carenza di interesse a ricorrere. Anche la terza censura è
estranea alla ratio decidendi,

non avendo attribuito il giudice di

appello efficacia di piena prova in senso tecnico alle prove
documentali. Quanto al resto della censura va evidenziato che non
può essere scambiata la violazione della regola di riparto dell’onere
probatorio con l’apprezzamento delle risultanze processuali da parte
del giudice di merito e va rammentato che il sistema processuale è
imperniato sul principio del libero convincimento del giudice di merito
e dell’assenza di una norma di chiusura sulla tassatività tipologica dei
mezzi di prova (Cass. 26 giugno 2015, n. 13229; 1 settembre 2015,

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dell’esistenza delle erogazioni ormai assorbita dal giudicato interno

n. 17392), sicché spetta in via esclusiva al giudice di merito il
compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di scegliere,
tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute
maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse
sottesi, assegnando prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova

13 giugno 2014, n. 13485).
Il secondo motivo è fondato. La censura si articola in tre submotivi. Muovendo dal secondo sub-motivo, trattasi di censura
fondata. L’ammissibilità dei nuovi documenti ai sensi dell’art. 345 è
condizionata alla specifica indicazione degli stessi nell’atto
introduttivo del giudizio di secondo grado, quale implicita richiesta di
ammissione nel processo, a meno che la loro formazione non sia
successiva e la loro produzione nel corso del giudizio non sia stata
resa necessaria in ragione dello sviluppo assunto dal processo (Cass.
Sez. U. 20 aprile 2005, n. 8203; 10 giugno 2011, n. 12731; 1 giugno
2012, 8877). La produzione in giudizio è avvenuta nel caso di specie
non a seguito di deposito con l’atto di appello e di indicazione
nell’elenco a corredo dell’atto, ma per effetto della richiesta del CTU,
né risulta la loro formazione successiva all’introduzione del giudizio di
appello, trattandosi di documenti pacificamente antecedenti il
gravame. E’ stata quindi ritenuta l’ammissibilità della produzione dei
nuovi documenti in mancanza della condizione di legge relativa al loro
ingresso nel processo.
E’ appena il caso di aggiungere che nella memoria ai sensi
dell’art. 378 cod. proc. civ. la controricorrente per la prima volta
afferma che i documenti sarebbero stati depositati fin dal primo grado
di giudizio. Si tratta di condotta processuale che contrasta con quanto
affermato nel controricorso (pagine 34 e 35), nel quale si parla di
acquisizione da parte del CTU di ulteriori elementi rispetto a quelli
presenti nel fascicolo processuale. La deduzione della circostanza con

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acquisiti e controllando l’attendibilità e concludenza delle prove (Cass.

la memoria preclude peraltro per la controparte la possibilità del
contradditorio. In ogni caso non risulta proposto un motivo di ricorso
incidentale condizionato circa l’accertamento del giudice di appello
avente ad oggetto il carattere di novità dei documenti in discorso.
L’accoglimento della ragione di censura determina l’assorbimento

documento nel processo di appello appaiono infatti pregiudiziali
rispetto alla valutazione di indispensabilità dello stesso.
Il terzo motivo è fondato. Il giudice di merito ha liquidato gli
interessi, sul capitale via via rivalutato, in modo automatico, senza
alcuna valutazione del profilo probatorio. Nell’obbligazione risarcitoria
da fatto illecito, che costituisce tipico debito di valore, è possibile che
la mera rivalutazione monetaria dell’importo liquidato in relazione
all’epoca dell’illecito, ovvero la diretta liquidazione in valori monetari
attuali, non valgano a reintegrare pienamente il creditore, che va
posto nella stessa condizione economica nella quale si sarebbe
trovato se il pagamento fosse stato tempestivo. In tal caso, è onere
del creditore provare, anche in base a criteri presuntivi, che la
somma rivalutata (o liquidata in moneta attuale) sia inferiore a quella
di cui avrebbe disposto, alla stessa data della sentenza, se il
pagamento della somma originariamente dovuta fosse stato
tempestivo. Il che può dipendere, prevalentemente, dal rapporto tra
remuneratività media del denaro e tasso di svalutazione nel periodo
in considerazione, essendo ovvio che in tutti i casi in cui il primo sia
inferiore al secondo, un danno da ritardo non è normalmente
configurabile. Da ciò ha ad emergere come, per un verso, gli interessi
cosiddetti compensativi costituiscono una mera modalità liquidatoria
del danno da ritardo nei debiti di valore; per altro verso, non sia
configurabile alcun automatismo nel riconoscimento degli stessi: sia
perché il danno da ritardo che con quella modalità liquidatoria si
indennizza non necessariamente esiste, sia perché, di per sé, esso

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degli ulteriori sub-motivi. Le modalità di ingresso del nuovo

può essere comunque già ricompreso nella somma liquidata in
termini monetari attuali (Cass. 25 agosto 2003, n. 12452; 22 ottobre
2004, n. 20591; 24 ottobre 2007, n. 22347; 12 febbraio 2010, n.
3355).
L’accoglimento del terzo motivo del ricorso principale determina

motivo limitatamente alla censura relativa agli interessi. Trattasi
infatti di motivi di censura che presuppongono la spettanza degli
interessi compensativi.
Con riferimento inyece alla decorrenza della rivalutazione il
iC

Jutate

secondo motiVo’è inammissibile. Esso muove da un presupposto di
fatto, la costituzione in mora di data 26 febbraio 1992, che non
risulta accertato dal giudice di merito. Lo scrutinio del motivo implica
pertanto un’indagine di merito preclusa nella presente sede di
legittimità, se non nei limiti della denuncia del vizio motivazionale,
non specificatamente proposta.
Poiché il ricorso incidentale è stato proposto successivamente al
30 gennaio 2013 e viene disatteso nei limiti indicati, sussistono le
condizioni per dare atto, ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24
dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1 – quater all’art.
13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, della
sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della parte
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per la stessa impugnazione.
P. Q. M.

accoglie il secondo e il terzo motivo del ricorso principale e
dichiara inammissibile il primo motivo del ricorso principale e,
parzialmente, il secondo motivo del ricorso incidentale; dichiara per il
resto assorbito il ricorso incidentale; cassa la sentenza in relazione ai
motivi accolti; rinvia alla Corte di appello di Roma in diversa

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l’assorbimento del primo motivo del ricorso incidentale e del secondo

composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del
giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002,
inserito dall’art. 1, comma 17 della I. n. 228 del 2012, dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della

contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso incidentale, a
norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma il giorno 26 aprile 2018
Il Presidente
Dott. Franco De Stefano

ricorrente in via incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di

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