Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18564 del 07/09/2020

Cassazione civile sez. II, 07/09/2020, (ud. 21/02/2020, dep. 07/09/2020), n.18564

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21271/2019 proposto da:

G.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TEOFILO FOLENGO

49, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI MARIA FACILLA, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di ANCONA, Cronol. n. 7168/2019

del 30/05/2019, R.G.n. 6740/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

21/02/2020 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE DE MARZO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con decreto depositato il 30 maggio 2019, il Tribunale di Ancona ha rigettato il ricorso proposto da G.D., cittadino della (OMISSIS), avverso il provvedimento negativo della commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale.

2. Per quanto ancora rileva, il Tribunale ha osservato: a) che le dichiarazioni del ricorrente non sono attendibili, dal momento che lo stesso non era stato in grado di circostanziare la vicenda e aveva fornito risposte lacunose e confuse; b) che il richiedente non aveva allegato di essere affiliato politicamente o di avere preso parte ad attività di associazioni per i diritti civili, nè di appartenere ad una minoranza etnica o religiosa o di altro tipo, destinataria di manifestazioni di persecuzione; c) che, pertanto, il timore persecutorio allegato non assumeva i necessari caratteri soggettivo, causale, ambientale e individuale, necessari per il riconoscimento dello status di rifugiato; d) che, quanto alla protezione sussidiaria, non erano emersi elementi dai quali desumere la sussistenza di una grave e individuale minaccia nei confronti del richiedente, il quale aveva riferito di un solo evento e comunque di episodi privi di idoneità lesiva specifica e, nel complesso, non credibili; e) che, quanto alla protezione per ragioni umanitarie, non emergeva una situazione di elevata vulnerabilità, alla luce di una comparazione tra il contesto di vita vissuto o nel quale il richiedente si troverebbe a vivere in caso di rimpatrio e quello esistente in Italia.

3. Avverso tale decreto nell’interesse del soccombente è stato proposto ricorso per cassazione affidato a tre. Il Ministero dell’Interno ha resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si lamenta “mancata assunzione dell’onere probatorio” e si ripercorrono i criteri previsti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, per valutare l’attendibilità del richiedente, sottolineando che gli stessi e erano stati rispettati nel caso di specie.

2. Con il secondo motivo, indicato con il numero “3” si ribadisce la “sussistenza del diritto di asilo”, dal momento che in Nigeria la tutela dei diritti e delle libertà fondamentali è un “traguardo lontano da raggiungere”.

3. Con il terzo motivo, indicato con il numero “4” si investa la decisione impugnata con riguardo alla ritenuta esclusione dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria.

4. I tre motivi possono essere esaminati congiuntamente dal momento che appaiono caratterizzati dal medesimo vizio di assoluta assenza di specificità, in quanto non si confrontano in alcun modo con l’apparato argomentativo della sentenza, limitandosi a mere affermazioni di carattere generale, quanto all’interpretazione delle norme pertinenti, accompagnate da mere – e generiche – asserzioni con riferimento alla specifica situazione della Nigeria.

Ne consegue la declaratoria di inammissibilità del ricorso.

5. Il ricorrente soccombente deve essere condannato alla rifusione delle spese sostenute dall’amministrazione resistente, da liquidarsi in Euro 2.100,00, oltre spese prenotate a debito.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese di controparte, che liquida in Euro 2.100,00, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 21 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 7 settembre 2020

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