Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18561 del 26/07/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 26/07/2017, (ud. 06/07/2017, dep.26/07/2017),  n. 18561

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – rel. Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20118-2014 proposto da:

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE UNIVERSITA’ E RICERCA, – C.F. (OMISSIS), in

persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

R.F.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE

TIZIANO, n. 80, presso lo studio dell’avvocato STELLA BONO,

rappresentato e difeso dall’avvocato VINCENZO NAPOLI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1399/2013 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 03/02/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 06/07/2017 dal Consigliere Dott. ROSA ARIENZO.

Fatto

RILEVATO

che il Tribunale di Torino, in accoglimento parziale del ricorso proposto da R.F.E. – docente alle dipendenze del MIUR in virtù di una serie di consecutivi contratti a termine susseguitisi nel tempo sin dall’anno scolastico 2001/2002 – dichiarò il diritto del predetto alla corresponsione delle differenze retributive maturate in ragione dell’anzianità di servizio conseguente ai contratti a termine stipulati tra le parti, condannando il MIUR a pagare i relativi emolumenti, nella misura concordata di Euro 4563,88, tenuto conto della prescrizione quinquennale;

che la Corte di Appello di Torino ha respinto il gravame proposto dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca avverso la riconosciuta progressione professionale retributiva in relazione al servizio prestato e condannato il Ministero al pagamento delle spese del grado di appello;

che la Corte territoriale, per quel che rileva nella presente sede, ha richiamato, a fondamento della pronuncia di rigetto del gravame del Ministero, il principio di non discriminazione sancito dalla clausola 4 dell’Accordo Quadro sul lavoro a tempo determinato, trasfuso nella Direttiva 99/70/CE del 28 giugno 1999 e recepito nel nostro ordinamento dal D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 6 richiamandosi ai principi espressi dalla CGUE ed escludendo la rilevanza della specialità del sistema del reclutamento scolastico per giustificare la diversità del trattamento economico riservato agli assunti a tempo determinato precisando altresì l’incidenza dell’obbligo di disapplicazione delle norme in contrasto con la clausola 4 dell’Accordo Quadro sul lavoro a t. d. trasfuso nella indicata Direttiva;

che di tale sentenza il MIUR chiede la cassazione sulla base di unico motivo, al quale ha opposto difese la parte intimata, con controricorso;

che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio, in prossimità della quale il R. ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

1. che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata;

2. che preliminarmente va disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso per tardività, atteso che la sentenza impugnata è stata notificata all’Ufficio Provinciale scolastico di Torino e non all’Avvocatura Distrettuale, sicchè non trova applicazione il termine breve di impugnazione di cui all’art. 325 c.p.c., ma il termine di cui all’art. 327 c.p.c., che non risulta essere decorso alla data in cui il presente ricorso è stato avviato per la notifica;

3. che quanto all’affermazione contenuta nella memoria del R. della intervenuta rinunzia al ricorso da parte del MIUR, la stessa non trova alcun riscontro negli atti, non essendo rinvenibile alcun atto depositato che contenga la manifestazione di una tale volontà;

4. che viene denunziata violazione e falsa applicazione: del D.L. 13 maggio 2011, n. 70, art. 9, comma 18 come convertito con modificazioni dalla L. 12 luglio 2011, n. 106, art. 1, comma 2 della L. 3 maggio 1999, n. 124, art. 4, del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 6, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 36 della direttiva 99/70/CE, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, assumendosi che i rapporti di lavoro a tempo determinato del settore scolastico sono assoggettati ad una normativa speciale di settore, sicchè agli stessi non si applica la disciplina generale dettata dal D.Lgs. n. 368 del 2001 e che il principio di non discriminazione è correlato all’abuso del contratto a termine, che nella specie deve essere escluso in quanto il ricorso alla stipula di contratti a termine del personale docente trova giustificazione in ragioni oggettive e non è maliziosamente finalizzato a consentire al datore di lavoro un risparmio di spesa;

che si sostiene che il lavoratore assunto a tempo determinato nel settore scolastico non è comparabile al docente di ruolo, perchè ogni singolo rapporto è distinto ed autonomo rispetto al precedente;

5. che il ricorso è infondato;

6. che la sentenza impugnata è conforme al principio di diritto affermato da questa Corte con le sentenze nn. 22558 e 23868/2016, con le quali si è statuito che ” nel settore scolastico, la clausola 4 dell’Accordo quadro sul rapporto a tempo determinato recepito dalla direttiva n. 1999/70/CE, di diretta applicazione, impone di riconoscere la anzianità di servizio maturata al personale del comparto scuola assunto con contratti a termine, ai fini della attribuzione della medesima progressione stipendiale prevista per i dipendenti a tempo indeterminato dai c.c.n.l. succedutisi nel tempo, sicchè vanno disapplicate le disposizioni dei richiamati c.c.n.l. che, prescindendo dalla anzianità maturata, commisurano in ogni caso la retribuzione degli assunti a tempo determinato al trattamento economico iniziale previsto per i dipendenti a tempo indeterminato”; che a dette conclusioni la Corte è pervenuta valorizzando i principi affermati dalla Corte di Giustizia quanto alla interpretazione della clausola 4 dell’Accordo Quadro ed evidenziando che l’obbligo posto a carico degli Stati membri di assicurare al lavoratore a tempo determinato “condizioni di impiego” che non siano meno favorevoli rispetto a quelle riservate all’assunto a tempo indeterminato “comparabile”, sussiste a prescindere dalla legittimità del termine apposto al contratto;

che il motivo di ricorso non prospetta argomenti che possano indurre a disattendere detto orientamento, al quale va data continuità, poichè le ragioni indicate a fondamento del principio affermato, da intendersi qui richiamate ex art. 118 disp. c.p.c., sono integralmente condivise dal Collegio;

7. che pertanto, essendo da condividere la proposta del relatore, il ricorso va rigettato con ordinanza, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., n. 5;

8. che la novità e la complessità della questione, diversamente risolta dalle Corti territoriali, giustificano la compensazione delle spese del giudizio di legittimità;

9. che non può trovare applicazione nei confronti delle Amministrazioni dello Stato il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, atteso che le stesse, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono esentate dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo (cfr. Cass. 1778/2016);

PQM

 

rigetta il ricorso e compensa le spese del presente giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 6 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2017

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