Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1856 del 21/01/2022

Cassazione civile sez. lav., 21/01/2022, (ud. 20/10/2021, dep. 21/01/2022), n.1856

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – rel. Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6874-2020 proposto da:

Y.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BARNABA TORTOLINI

30, presso lo studio dell’avvocato ALFREDO PLACIDI, rappresentato e

difeso dall’avvocato NAZZARENA ZORZELLA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, – Commissione Territoriale per il

Riconoscimento della Protezione Internazionale di BOLOGNA SEZIONE

FORLI’- CESENA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e

difeso ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui

Uffici domicilia in ROMA alla VIA DEI PORTOGHESI 12;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 2227/2019 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 31/07/2019 R.G.N. 2074/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/10/2021 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PAGETTA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. la Corte d’appello di Bologna ha confermato il rigetto della domanda di protezione internazionale, sussidiaria e umanitaria proposta da Y.D., cittadino del Mali;

2. dal provvedimento impugnato si evince che il richiedente ha motivato l’allontanamento dal paese di origine con un’aggressione a scopo di rapina compiuta da alcuni banditi nel corso della quale era rimasto ferito insieme al fratello;

3. per la cassazione ha proposto ricorso Y.D. sulla base di due motivi; il Ministero dell’Interno intimato non ha resistito con controricorso, ma ha depositato atto di costituzione ai fini della eventuale partecipazione all’udienza di discussione ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1, ultimo alinea, cui non ha fatto seguito alcuna attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. con il primo motivo di ricorso parte ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4, e 5 violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e art. 14, lett. b) e al D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 27 violazione dell’art. 10 Direttiva 2013/32/UE nonché omesso esame di fatto controverso e decisivo; censura la sentenza impugnata denunziando il travisamento del motivo di gravame con il quale aveva censurato la decisione di primo grado per avere circoscritto ad una specifica area del territorio maliano l’indagine intesa alla verifica della esposizione al rischio di un grave danno in caso di rientro del richiedente nel paese di origine;

2. con il secondo motivo deduce violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, nonché omesso esame di fatti decisivi e motivazione apparente, censurando il rigetto della domanda di protezione umanitaria in quanto non sorretto da un’effettiva comparazione tra la condizione attuale del richiedente, quella di partenza e quella in cui si verrebbe a trovare in ipotesi di rientro in Mali; assume, inoltre, che era stata pienamente dimostrata in giudizio la integrazione sociale e lavorativa;

3. il primo motivo di ricorso è fondato;

3.1. la Corte di appello ha respinto la censura relativa alla limitazione dell’indagine sulla sicurezza del paese di origine alla sola regione di provenienza dello stesso osservando che tanto non diminuiva la possibilità per il richiedente, una volta rientrato, di muoversi liberamente e che non era seriamente sostenibile che egli volesse esercitare la libertà di movimento proprio nelle aree più pericolose; secondo la Corte di merito le fonti COI EASO consultate, maggiormente attendibili rispetto a quelle richiamate dall’appellante, confermavano infatti che mentre la regione del richiedente non era soggetta ad una situazione di violenza indiscriminata la parte nord era nelle mani di ribelli secessionisti; ha quindi confermato l’insussistenza del grave pericolo o di sottoposizione a trattamenti inumani in caso di rientro in patria;

3.2. secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) è dovere del giudice verificare avvalendosi dei poteri officiosi di indagine e di informazione di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 se la situazione di esposizione a pericolo per l’incolumità fisica indicata dal ricorrente e astrattamente sussumibile in una situazione tipizzata di rischio, sia effettivamente sussistente nel Paese nel quale dovrebbe essere disposto il rimpatrio, con accertamento aggiornato al momento della decisione (v. tra le altre Cass. n. 28990 del 2018; Cass. n. 17075 del 2018); il predetto accertamento va compiuto in base a quanto prescritto dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e, quindi, “alla luce di informazioni precise e aggiornate circa la situazione generale esistente nel Paese di origine dei richiedenti asilo e, ove occorra, dei Paesi in cui questi sono transitati, elaborate dalla Commissione Nazionale sulla base dei datti forniti dall’ACNUR, dal Ministero degli affari esteri, anche con la collaborazione di altre agenzie ed enti di tutela dei diritti umani operanti a livello internazionale, o comunque acquisite dalla Commissione stessa”. E’, quindi, onere del giudice di merito procedere, nel corso del procedimento finalizzato al riconoscimento della protezione internazionale, a tutti gli accertamenti officiosi finalizzati ad acclarare l’effettiva condizione del Paese di origine del richiedente, avendo poi cura di indicare esattamente, nel provvedimento conclusivo, le parti utilizzate ed il loro aggiornamento. In proposito, deve ribadirsi anche che l’indicazione delle fonti di cui all’art. 8 non ha carattere esclusivo, ben potendo le informazioni sulle condizioni del Paese estero essere tratte da concorrenti canali di informazione, anche via web, quali ad esempio i siti internet delle principali organizzazioni non governative attive nel settore dell’aiuto e della cooperazione internazionale (quali ad esempio Amnesty International e Medici senza frontiere) che spesso contengono informazioni dettagliate e aggiornate (cfr. Cass. n. 13449 del 2019 per esteso). Può quindi affermarsi che il giudice deve indicare, in modo specifico e dettagliato, fonti che abbiano un certo grado di credibilità e che facciano riferimento ad una situazione sociopolitica aggiornata del Paese di origine del richiedente. Più recentemente (cfr. Cass. n. 15215 del 2020) è stato affermato il principio di diritto secondo il quale: “Le informazioni relative alla situazione esistente nel paese di origine del richiedente la protezione internazionale o umanitaria che il giudice di merito trae dalle C.O.I. o dalle altre fonti informative liberamente consultabili attraverso i canali informatici vanno considerate, in ragione della capillarità della loro diffusione e della facile accessibilità per la pluralità di consociati, alla stregua del fatto notorio; il dovere di cooperazione istruttoria che il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 pongono a carico del giudice, nella materia della protezione internazionale ed umanitaria, impone allo stesso di utilizzare, ai fini della decisione, C.O.I. ed altre informazioni relative alla condizione interna del paese di provenienza o rimpatrio del richiedente, ovvero della specifica area di esso, che siano adeguatamente aggiornate e tengano conto dei fatti salienti interessanti quel Paese o area, soprattutto in relazione ad eventi di pubblico dominio, la cui mancata considerazione costituisce, in funzione della loro oggettiva notorietà, violazione dell’art. 115 c.p.c., comma 2”.

3.3. nella fattispecie, la Corte territoriale ha escluso che nella regione del Mali di provenienza del richiedente vi fosse una situazione di violenza indiscriminata, con concreto pericolo di danno grave per il richiedente, sulla base del rapporto del dicembre 2018 tratto dal sito EASO COI trascurando di considerare le informazioni provenienti dalle molteplici e qualificate fonti allegate dal richiedente in relazione alle quali ha espresso una valutazione di inattendibilità del tutto priva di argomentazioni di conforto;

3.4. tale indagine si appalesava necessaria anche in funzione della domanda di protezione umanitaria nella prospettiva della comparazione tra le condizioni di vita in Italia e quelle in Mali ove in queste ultime sia ravvisabile la privazione della titolarità dell’esercizio dei diritti umani al di sotto del nucleo ineliminabile costitutivo dello statuto della dignità personale;

4. in base alle considerazioni che precedono si impone quindi la cassazione della decisione per il riesame della fattispecie alla luce dei principi richiamati, restando assorbite le ulteriori censure articolate dal ricorrente;

5. al giudice del rinvio è demandato il regolamento delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche ai fini del regolamento delle spese del giudizio di cassazione alla Corte d’appello di Bologna in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 20 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2022

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