Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18559 del 13/07/2018


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Civile Ord. Sez. 3 Num. 18559 Anno 2018
Presidente: VIVALDI ROBERTA
Relatore: MOSCARINI ANNA

ORDINANZA
sul ricorso 4586-2016 proposto da:
NICOLOSI TRASPORTI SRL , in persona del legale
rappresentante pro tempore sig. GAETANO NICOLOSI,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GAVORRANO 12 SC
B INT 4, presso lo studio dell’avvocato MARIO
GIANNARINI, rappresentata e difesa dall’avvocato
SILVANA RICCA giusta procura speciale in calce al
ricorso;
– ricorrente contro

DHL EXEL SUPPLY CHAIN ITALY SPA , DITTA EREDI DI
NICOLOSI SEBASTIANO ;
– intimati –

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Data pubblicazione: 13/07/2018

avverso la sentenza n. 3011/2015 della CORTE D’APPELLO
di MILANO, depositata il 13/07/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 24/04/2018 dal Consigliere Dott. ANNA

MOSCARINI;

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FATTI DI CAUSA
Dhl Supply Chain Italy S.p.A. affidò a Nicolosi Trasporti s.r.l. quale
vettore una serie di spedizioni di merce da effettuare per proprio conto
sul territorio nazionale. La Nicolosi Trasporti s.r.l. chiese ed ottenne dal
Tribunale di Milano un decreto ingiuntivo per il pagamento di compensi

dell’intimata, il giudice accolse parzialmente la domanda
riconvenzionale di Dhl relativa ai danni e, operate le compensazioni,
condannò la medesima a versare la somma di C 76.718,53 oltre
interessi moratori, compensando le spese. La Nicolosi propose appello
e Dhl, costituendosi in giudizio, spiegò appello incidentale sul capo di
sentenza che aveva dichiarato parzialmente prescritta la domanda di
danni azionata in primo grado. La Corte d’Appello di Milano con la
sentenza n. 3011 del 13/7/2015, per quel che ancora rileva in questa
sede, ha rigettato il motivo di appello relativo alla responsabilità di
Nicolosi per la perdita o avaria di una parte delle merci, ritenendo
applicabile la presunzione di responsabilità del vettore di cui all’art.
1693 c.c., salva la prova del fortuito o della responsabilità del mittente
o del destinatario; riguardo a pretesi crediti di una società terza – la
Cappelletti S.p.A.- azionati dall’incorporante Dhl, ha ritenuto che,
nonostante l’astratto riconoscimento di detti controcrediti da portare in
compensazione, tale operazione non aveva riguardato i crediti della
Cappelletti; quanto alla domanda riconvenzionale di maggior danno ai
sensi dell’art. 1224 c.c., formulata dalla Nicolosi, il giudice l’ha ritenuta
inammissibile in ragione del fatto che, essendo la Nicolosi, nel giudizio
di primo grado, attore in senso sostanziale, la stessa avrebbe dovuto
azionare la domanda di danni nel procedimento monitorio e non
formulare una domanda riconvenzionale.

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derivanti dal contratto di trasporto e, a seguito di opposizione

Avverso la sentenza la Nicolosi Trasporti s.r.l. propone ricorso per
cassazione affidato a tre motivi. Gli intimati non hanno svolto attività
difensiva.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione

c.p.c. e omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio (art. 360,
comma 1, n. 5 c.p.c.) sul capo di sentenza che, accogliendo la domanda
riconvenzionale di Dhl, ha riconosciuto la medesima creditrice di
Nicolosi della somma di € 4.044,27 a titolo di risarcimento danni per
perdita o avaria della merce, applicando la presunzione di
responsabilità del vettore ai sensi dell’art. 1693 c.c.
Ad avviso della ricorrente la sentenza avrebbe errato nell’omettere di
valutare, prima dell’imputazione della relativa responsabilità, se il
danno fosse stato o meno provato dal danneggiato in applicazione del
principio della vicinanza della prova, sul presupposto che l’art. 1693
c.c. non deroga affatto al regime dell’onere probatorio di cui all’art.
2697 c.c. E’ mancata la prova del danno incombente alla danneggiata
tanto più che, per contratto, l’imballaggio, la movimentazione della
merce, in fase di carico e di scarico, erano operazioni seguite tutte da
Dhl, il che rendeva ancor più necessaria la prova dell’esistenza del
danno.
Il motivo è infondato. Come è agevole desumere dal testo
dell’impugnata sentenza, sia il giudice di prime cure sia quello d’appello
hanno dato per provate le avarie della merce, dando conto che, con
riguardo ad ogni evento dannoso, l’appellante ha declinato la propria
responsabilità, con ciò ponendo chiaramente il tema della prova del
danno, ritenuta acquisita dal giudice.
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia “l’omesso esame di un
fatto decisivo per il giudizio. Illogicità manifesta (art. 360, comma 1,
n. 5, c.p.c.) in relazione al capo di sentenza che non ha sottratto, dal

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degli artt. 1693 e 2697 c.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3

credito riconosciuto dal Tribunale in favore di Dhl, la somma di C
23.400 relativa a fatture della Cappelletti S.p.A., soggetto terzo
rispetto al rapporto.” Il motivo è infondato. Riguarda il merito e
pretende da questa Corte un riesame dei fatti e degli elementi di prova
che le è preclusa.

1224 c.c. e degli artt. 633 e 634 c.p.c. (art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.)
in relazione al capo di sentenza che ha declinato la richiesta di maggior
danno avanzata dalla Nicolosi, avendo la stessa omesso di formulare
la richiesta in sede monitoria in uno con la domanda principale e non
potendo azionarla in via riconvenzionale. La sentenza ha precisato sul
punto che la Nicolosi, nel giudizio di primo grado, rivestiva la posizione
di attore in senso sostanziale e che la domanda di maggior danno non
era stata già ricompresa in quella azionata nel procedimento monitorio,
sicchè nella posizione in cui si trovava non avrebbe potuto formulare
alcuna domanda riconvenzionale. Il motivo è fondato e merita di essere
accolto per quanto di ragione. In base all’orientamento consolidato di
questa Corte l’opposto può proporre domande riconvenzionali allorchè
si trovi in posizione di convenuto relativamente alle domande
riconvenzionali e/o alle eccezioni formulate da parte opponente,
mentre non può formulare domanda di maggior danno nella fase
monitoria in quanto il credito azionato non ha i caratteri di certezza,
liquidità ed esigibilità nonché della prova scritta ex art. 633 e 634 c.p.c.
Con l’ingiunzione di pagamento il creditore non può domandare (in
aggiunta alla somma dovutagli e ai relativi interessi) il risarcimento, ai
sensi dell’art. 1224, co. 2 c.c. del maggior danno derivatogli dal ritardo
nell’inadempimento ,ma può formulare tale richiesta (che integra una
emendatio libelli) nel giudizio di opposizione avverso l’ingiunzione
(Cass. 3, n. 6757 del 17/5/2001; Cass., 3, 7/8/2013 n. 18767: “Nel
procedimento per decreto ingiuntivo, sebbene nella fase monitoria la
cognizione del giudice di merito sia limitata al solo credito, con

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Con il terzo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art.

esclusione di ogni voce di maggior danno ex art. 1224 cod. civ., la
domanda inerente tale ultima categoria di danno, proposta con il
ricorso ex art. 633 cod. proc. civ., deve essere considerata validamente
rientrante nel “thema decidendum” della fase a cognizione piena, pur
difettando una formale riproposizione della medesima nella

8/7/2010: “Nel giudizio di opposizione ad ingiunzione, mentre integra
una consentita emendatio libelli la richiesta degli interessi (legali o
convenzionali) dovuti per l’inadempimento dell’obbligazione o il
maggior danno di cui all’art. 1224, 2° co. c.c. invocato secondo
parametri fissi, integra invece una domanda riconvenzionale la
richiesta di tale maggior danno rapportata alle particolari condizioni in
cui si è trovato il creditore durante la mora, introducendosi in tal caso
non già un mero ampliamento quantitativo del “petitum”, ma un fatto
costitutivo del credito per danni reclamato, radicalmente differente
rispetto a quello azionato, nonché sottoponendosi al giudice un nuovo
tema di indagine avente ad oggetto la verifica delle condizioni
soggettive del creditore durante la mora”; Cass., 3, n. 18767 del
7/8/2013).
Da quanto esposto deriva che la decisione resa dalla Corte d’Appello di
Milano ha leso il diritto della ricorrente ad ottenere il ristoro del
pregiudizio di cui all’art. 1224 c.c., secondo co., operando una falsa
applicazione degli artt. 633 ss. del codice di rito, di guisa che la
sentenza merita di essere cassata sul punto.
Conclusivamente il ricorso è accolto, quanto al terzo motivo, con
cassazione dell’impugnata sentenza e rinvio della causa alla Corte
d’Appello di Milano, in diversa composizione, per nuovo esame del
merito ed anche per la liquidazione delle spese del giudizio di
cassazione.
P.Q.M.

6

costituzione in sede di giudizio di opposizione”; Cass., 3, n. 16155 del

La Corte rigetta i primi due motivi di ricorso, accoglie il terzo, cassa la
sentenza in relazione e rinvia alla Corte d’Appello di Milano, in diversa
composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di
cassazione.
Così deciso in Roma, il 24/4/2018
isidente

Il

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