Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18552 del 09/09/2011

Cassazione civile sez. I, 09/09/2011, (ud. 18/05/2011, dep. 09/09/2011), n.18552

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso n. 26187/05, proposto da:

IBI COSTRUZIONI s.r.l., in persona del legale rapp.te p.t.,

elettivamente domiciliata in Messina, alla via Maddalena 24, presso

lo studio dell’avv. Briguglio Letterio, che la rappresenta e difende

come da procura per notaio Calvi di Manduria del 23.9.05, rep.

115855;

– ricorrente –

contro

P.M., R.A., R.A.G., quali eredi

di R.G., elettivamente domiciliati in Roma, presso la

cancelleria della Corte, rappresentati e difesi dall’avv. Gemelli

Carmelo, come da procura a margine del controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 306/04 della Corte d’Appello di Messina,

emessa il 24.5.04, depositata il 16.8.04;

udita la relazione svolta alla pubblica udienza del 18.5.2011 dal

consigliere dr. Magda Cristiano;

udito il P.M., nella persona del Sostituto P.G. dott. PATRONE

Ignazio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Messina, con sentenza del 14.5.01, accolse la domanda proposta da R.G. nei confronti della IBI Costruzioni s.r.l. e condannò la società a pagare all’attore la somma di L. 16.609.500, oltre agli interessi legali ed alla rivalutazione monetaria, a titolo di risarcimento del danno da questi subito per la perdita di mq. 125,71 di un terreno di sua proprietà che la società – che ne aveva ottenuto la parziale assegnazione, per una porzione di mq. 645,29, dal Comune di Ali Terme, ai sensi della L. n. 865 del 1971, per la realizzazione di un programma costruttivo di edilizia pubblica residenziale – aveva, limitatamente a tale superficie, abusivamente occupato ed irreversibilmente trasformato.

L’appello proposto dalla IBI Costruzioni s.r.l. contro la decisione fu respinto dalla Corte d’Appello di Messina con sentenza del 16.8.04, pronunciata nei confronti di P.M., R.A. ed R.A.G., costituitisi in causa quali eredi di R.G., nelle more deceduto.

La Corte di merito, per ciò che nella presente sede interessa, rilevò che si versava in fattispecie di cd. occupazione usurpativa, sia perchè la IBI non aveva alcun titolo per immettersi nel possesso di una superficie maggiore di quella che era stata effettivamente autorizzata ad occupare, sia perchè, in ogni caso, l’intera procedura espropriativa era stata dichiarata illegittima dal G.A.;

che pertanto il danno subito dagli appellati andava commisurato al valore venale del terreno; che tale valore era stato correttamente stimato dal ctu sul presupposto della natura edificabile del suolo, il quale presentava tutte le caratteristiche per essere destinato a fini edificatori; che, d’altro canto, la IBI, che aveva impresso detta destinazione all’area arbitrariamente occupata, non poteva pretendere di trarre benefici dall’illecito consumato. IBI Costruzioni s.r.i. ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza, affidato a quattro motivi. Gli eredi R. hanno resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1) Con il primo motivo di ricorso, IBI Costruzioni s.rl lamenta violazione dell’art. 2043 c.c., L. n. 865 del 1971, art. 51, L. n. 167 del 1962, artt. 8 e 9, L. n. 2359 del 1865, art. 13 e L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 65 e si duole del rigetto del motivo d’appello col quale aveva denunciato il vizio di ultra-petizione della sentenza di primo grado che, anzichè pronunciare sulla domanda risarcitoria, da occupazione cd. appropriativa, effettivamente proposta dal R. – alla cui stregua il danno avrebbe dovuto essere determinato in misura pari alla semisomma fra il valore venale del bene ed il reddito dominicale rivalutato, maggiorata de 10%, ai sensi della L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, comma 7 bis introdotto dalla L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 65 – aveva accolto una domanda di risarcimento del danno da occupazione cd. usurpativa non formulata dall’attore in citazione, conseguentemente liquidando tale danno in misura corrispondente al valore venale del bene.

Il motivo va dichiarato inammissibile per sopravvenuto difetto di interesse della IBI all’impugnazione.

Con la sentenza n. 349 del 2007 la Corte Costituzionale ha infatti dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 5 bis citato, comma 7 bis.

Venuta meno la norma invocata dalla ricorrente, è caduta ogni distinzione, sotto il profilo strettamente risarcitorio, fra occupazione usurpativa ed occupazione appropriativa, in quanto, che si versi nell’una o nell’altra ipotesi, il danno deve essere liquidato in misura corrispondente al valore venale del bene.

L’eventuale ricorrenza del vizio denunciato nel motivo non potrebbe pertanto più condurre ad una riforma della decisione sul quantum.

2) Col secondo motivo di ricorso, la IBI Costruzioni, denunciando violazione dell’art. 112 c.p.c., L. n. 2359 del 1865, art. 39, L. n. 167 del 1965, art. 16, L. n. 865 del 1971, art. 51, L. n. 359 del 1992, art. 5 bis e art. 2043 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, 4 e 5, lamenta che la Corte di merito abbia acriticamente aderito alle conclusioni del ctu.

Deduce, in primo luogo, che il valore del suolo avrebbe dovuto essere accertato con riferimento alla data di immissione in possesso (31.5.84) anzichè a quella in cui si era verificata l’irreversibile trasformazione; rileva, peraltro, che un volta determinato il valore a tale seconda data, fa rivalutazione monetaria non avrebbe potuto essere riconosciuta, così come erroneamente stabilito in sentenza, con decorrenza dal maggio 84; sostiene, infine, che il giudice d’appello ha omesso di motivare sui rilievi da essa rivolti all’operato del ctu – che aveva stimato il terreno mediante la semplice comparazione con altri suoli, senza considerare la sua inclusione in area PEEP – e non ha tenuto conto del documentato minor valore di suoli siti nel territorio del comune di Ali Terme aventi maggior pregio rispetto a quello del R..

Anche questo motivo va dichiarato inammissibile.

Con le prime due ragioni di censura sopra riportate, la ricorrente denuncia infatti l’erroneità di capi della sentenza di primo grado che non risultano essere stati impugnati con specifico motivo di gravame e che sono pertanto coperti da giudicato interno.

La terza censura difetta invece del requisito dell’autosufficienza.

E’ principio costantemente affermato da questa Corte che i motivi di ricorso per cassazione devono investire problematiche che abbiano già formato oggetto del giudizio d’appello, non potendo in sede di legittimità essere prospettati nuovi temi di indagine, non tempestivamente affrontati nelle precedenti fasi di merito (cfr., fra molte, Cass. 1562/010).

Ne consegue che, poichè la sentenza impugnata non contiene neppure un accenno alle critiche asseritamene rivolte dall’IBI alla ctu, la società avrebbe dovuto riportare in ricorso quelle parti dell’atto di appello in cui le aveva formulate o, quantomeno, rinviare alle pagine di riscontro, onde consentire a questa Corte, cui non è possibile sopperire alle lacune delle parti attraverso indagini integrative, di controllare l’effettiva ricorrenza dei dedotti vizi di omessa motivazione (cfr., fra molte, Cass. nn. 12988/010, 12984/06, 3105/04).

3) Con il terzo motivo UBI Costruzioni, denunciando violazione della L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, L. n. 2359 del 1865, art. 39 e art. 2043 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, lamenta che la Corte di merito, pur attribuendo natura edificatoria al terreno, abbia riconosciuto il diritto del R. alla liquidazione dell'”indennità” per la distruzione delle piante di limoni che crescevano sul terreno e di una canaletta di irrigazione.

Deduce a riguardo che la determinazione della stima delle aree occupate per l’esecuzione di un’opera pubblica è unitaria e non consente la liquidazione di indennità aggiuntive.

Il motivo va dichiarato inammissibile, per mancanza di riferibilità al decisum, in quanto il corrispettivo per la perdita del soprassuolo arboreo e della canaletta di irrigazione è stato liquidato agli aventi diritto a titolo risarcitorio e non a titolo di indennità di esproprio.

4) Con il quarto motivo di ricorso la IBI, denunciando violazione dell’art. 2043 c.c. e L. n. 359 del 1992, art. 5 bis nonchè vizio di motivazione, lamenta che la Corte di merito abbia determinato il valore del terreno con riferimento ad una sua asserita edificabilità di fatto, che non costituisce criterio legale di valutazione.

Il motivo è fondato.

Nel caso di domanda di risarcimento danni a causa di una fattispecie di occupazione cosiddetta “usurpativa”, la determinazione del valore dell’area che ne è stata oggetto deve essere operata, con apprezzamento analogo a quello dettato per le ipotesi di espropriazione, con riferimento alla disciplina urbanistica vigente al tempo del compiuto illecito e sulla base del criterio dell’edificabilità o meno dei suoli. (Cass. n. 2207/07).

La Corte di merito – che, riferendosi a non meglio precisate “caratteristiche edificatorie” (evidentemente di fatto) del suolo, ha implicitamente riconosciuto che l’annullamento dell’intera procedura espropriativa da parte del G.A. ne aveva fatto venir meno la specifica destinazione al programma costruttivo di cui alla L. n. 865 del 1971, art. 51 avrebbe pertanto dovuto accertare se, secondo quanto previsto dal medesimo articolo, alla data dell’irreversibile trasformazione, il Comune di Ali Terme fosse dotato dei piano previsto dalla L. n. 167 del 1962 o di uno strumento urbanistico generale, che includeva il terreno in zona residenziale o comunque edificabile.

In assenza di tale accertamento, che non risulta essere stato demandato al ctu e che, in ogni caso, il giudice d’appello ha omesso di compiere in sentenza, risulta priva di giustificazioni l’adozione – ai fini della valutazione del bene – del criterio dell’edificabilità di fatto, cui può farsi ricorso, in via complementare ed integrativa, solo allorchè difetti una classificazione del suolo da parte delle pianificazione urbanistica (Cass. nn. 28282/08, 4513/2004).

L’accoglimento del motivo comporta la cassazione della sentenza sul punto ed il rinvio della causa, per un nuovo esame, alla Corte d’Appello di Messina, in diversa composizione, che provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il quarto motivo di ricorso e rigetta gli altri motivi; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’Appello di Messina, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese dei giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 18 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 9 settembre 2011

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