Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18550 del 10/08/2010

Cassazione civile sez. trib., 10/08/2010, (ud. 07/07/2010, dep. 10/08/2010), n.18550

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ALTIERI Enrico – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. SOTGIU Simonetta – rel. Consigliere –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12 presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

M.L., elettivamente domiciliato in ROMA VIA PO 9, presso lo

studio dell’avvocato NAPOLITANO FRANCESCO, che lo rappresenta e

difende giusta delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 78/2004 della COMM. TRIB. REG. di VENEZIA,

depositata il 07/02/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/07/2010 dal Consigliere Dott. SIMONETTA SOTGIU;

udito per il resistente l’Avvocato NAPOLITANO FRANCESCO, che ha

chiesto l’inammissibilità;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per il rigetto.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Avendo la Guardia di Finanza di Verona accertato un maggior reddito da presunto svolgimento di operazioni commerciali irregolari a carico della Società Agricola Montecavailo,esercente attività di allevamento bovini, della quale era socio al 33%, M.L., l’Ufficio delle Entrate accertava nei confronti di quest’ultimo un reddito di partecipazione per il 1995 di L. 213.959.000= maggiorato di sanzioni di pari importo. I giudici di primo grado hanno accolto il ricorso e nelle more del giudizio di appello promosso dall’Agenzia delle Entrate, la Società Agricola Montecavallo, il cui ricorso era stato parimenti accolto, ha definito la lite L. n. 289 del 2002, ex art. 16.

La Commissione Tributaria Regionale del Veneto, con sentenza 7 febbraio 2 005, ha rigettato l’appello dell’Agenzia, qualificando come agricola l’attività della Società Montecavallo, il cui reddito agrario, catastalmente determinato, viene rapportato al numero dei capi allevati,indipendentemente dalla fatturazione delle partite di bestiame .Pertanto un’eventuale sottofatturazione da parte della società, soccidaria della Società T.R.E.V.E. (che avrebbe compiuto varie violazioni in tema di IVA) non avrebbe potuto influire sul reddito della soccidaria, essendo la tassazione à fini IRPEF fondata su valori predefiniti e indipendenti dall’andamento dei costi/ricavi.

L’Agenzia delle Entrate chiede la cassazione di tale sentenza sulla base di un unico motivo.

M.L. resiste con controricorso e memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Adducendo violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, artt. 2697 c.c. e insufficienza ed incongruità della motivazione,la ricorrente sostiene che l’accertamento effettuato nei confronti della Società Montecavallo – e quindi del socio M. – non è frutto di presunzioni, ma di fatti accertati, che coinvolgono 13 operatori economici e che riguardano sottofatturazioni di vendite e fatturazioni per operazioni inesistenti con indicazioni di acconti che prorogavano o abbattevano l’IVA periodica) e comportamento anomalo delle parti (riferito alla numerose denunce di furto di auto con all’internon documentazione contabile delle società coinvolte).

Il ricorso è inammissibile.

La sentenza impugnata , dopo aver premesso che la controversia verteva sulla natura agraria o meno del reddito conseguito dal socio M. tramite la Società Agricola Montecavallo,ha affermato, nel disattendere,perchè prive di riscontri concreti, le presunzioni formulate dall’Ufficio nei confronti di società terze (fra cui principalmente la Società T.R.E.V.E.) circa vendite di bestiame asseritamene sottofatturate o per contanti, con acconti non controllabili, ha affermato che il reddito della Società Montecavallo e quella del socio M. erano redditi conseguiti da soccidari,che disponevano del terreno idoneo all’allevamento dei capi posseduti,per cui essendo tale attività imponibile quale reddito agrario,non rilevava la eventuale sottofatturazione di partite di bestiame. Va innanzi tutto premesso che questa Corte ha con sentenze n. 26482/08 e 26537/2008 rigettato i ricorsi dell’Agenzia delle Entrate nei confronti della Società soccidante T.R.E.V.E. (di cui la Montecavallo era soccidaria) relativamente ai redditi conseguiti nel 1995, per essere stato l’accertamento fondato su una doppia presunzione e su una ricostruzione della attività (la stessa menzionata nel ricorso odierno) di detta società sostanzialmente inattendibile;con sentenza Cass. 3854/2009 è stato poi rigettato il ricorso dell’Agenzia delle Entrate nei confronti della Società Agricola Montecavallo relativamente ad ILOR per gli anni 1996 e 1997 per inconsistenza dei rilievi dell’Amministrazione nei confronti della stessa. Alla considerazione di tali precedenti, che sarebbero in grado di per sè di condizionare la valutazione del merito dell’odierno ricorso,va aggiunto il fatto che la sentenza oggi impugnata si fonda su una duplice “ratio decidendi”: in primo luogo sulla inconsistenza delle presunzioni che coinvolgerebbero la Montecavallo quale soccidaria della T.R.E.V.E., a sua volta presunta acquirente dal B. di bestiame sottofatturato; in secondo luogo sulla irrilevanza à fini IVA delle vendite effettuate dalla soccidaria Azienda Agricola Montecavallo, tenuta a denunciare, come il suo socio M., il solo reddito agrario. Tale seconda ratio, idonea a sorreggere da sola il “decisum” non è stata impugnata.

Dunque il ricorso dell’Agenzia, che si limita a ricostruire il presunto collegamento fraudolento fra le predette società al fine di a contestare l’analisi effettuata dalla Commissione Regionale, ma non esamina nè contesta la qualifica di produttore agricolo (soccidario) attribuita alla Montecavallo (e quindi al socio M.) e le conseguenze che ne derivano sul piano fiscale, va dichiarato inammissibile.

I profili processuali della vicenda comportano la compensazione delle spese del grado.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Compensa le spese del giudizio di Cassazione.

Così deciso in Roma, il 7 luglio 2010.

Depositato in Cancelleria il 10 agosto 2010

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