Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18549 del 26/07/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 26/07/2017, (ud. 19/04/2017, dep.26/07/2017),  n. 18549

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25844-2013 proposto da:

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE UNIVERSITA’ E RICERCA (OMISSIS), in persona

del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

C.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 433/2013 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 20/05/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 19/04/2017 dal Consigliere Dott. MANCINO ROSSANA.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

1. con la sentenza impugnata la Corte di appello di Torino ha respinto l’appello proposto dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca avverso la sentenza di primo grado che aveva riconosciuto il diritto dell’attuale intimato, assunto in qualità di personale ATA, con ripetuti contratti annuali a tempo determinato, agli scatti biennali nella misura prevista dalla L. n. 312 del 1980, art. 53, comma 5, e cioè agli aumenti periodici del 2,50% sullo stipendio iniziale di qualifica;

2. la Corte territoriale ha innanzitutto richiamato, a fondamento della pronuncia di rigetto del gravame, il principio di contrattualizzazione del pubblico impiego, consacrato nel D.Lgs. n. 165 del 2001, e il principio di non discriminazione, sancito a livello comunitario e recepito nel nostro ordinamento dal D.Lgs. n. 368 del 2001. Ha osservato, poi, che: – la L. n. 312 del 1980, art. 53, non ha mai formato oggetto di interventi abrogativi; – la vigenza della nonna è stata resa indiscutibile dal richiamo espresso ad opera della contrattazione collettiva (ed in particolare dall’art. 142 C.C.N.L. Compatto scuola 2002-2005 e dal C.C.N.L. 2006 – 2009, art. 146); – l’ambito di operatività non può essere limitato al personale non di ruolo a tempo indeterminato atteso che già in passato non si era fatta distinzione, ai fini dei suddetti aumenti periodici, tra incarichi su posti vacanti e incarichi su posti non vacanti (di fatto disponibili per l’intero anno scolastico) e che, una volta abrogata la categoria dei docenti “incaricati”, non diversamente deve ritenersi con riguardo alle supplenze temporanee fino al termine delle attività didattiche (del tutto equiparabili ai vecchi “incarichi”);

3. per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca sulla base di un motivo;

4. l’intimato non ha resistito;

5. il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

6. con l’unico articolato motivo il MIUR denuncia la violazione della L. 11 luglio 1980, n. 312, art. 53; del C.C.N.L. 24 luglio 2003, art. 142 e art. 146 C.C.N.L.. Comparto scuola del 29 novembre 2007; del D.P.R. 23 agosto 1988, n. 399, art. 3; del D.L. 13 maggio 2011, n. 70, art. 9, comma 18, come convertito con modificazioni dalla L 12 luglio 2011, n. 106, art. 1, comma 2; della direttiva 99/70/CE. Deduce, in sintesi, la non applicabilità della L. n. 312 del 1980, art. 53, alle supplenze e ciò sulla base delle seguenti considerazioni: – gli aumenti biennali previsti da detta nonna hanno come destinatari i soli docenti non di ruolo, incaricati dal Provveditore agli studi ed assunti con contratti a tempo indeterminato; – la categoria degli insegnanti non di ruolo, distinta da quella dei supplenti, è stata, però, soppressa dalla L. 20 maggio 1982, n. 270; – per i docenti di ruolo la contrattazione collettiva, sin dalla prima tornata contrattuale, ha provveduto a disciplinare gli effetti economici della anzianità, abolendo gli scatti biennali e sostituendoli con un sistema di progressione economica per “scaglioni”; – la L. n. 312 del 1980, art. 53, ha, quindi, continuato a disciplinare il solo trattamento economico degli insegnanti di religione, come ben chiarito dall’art. 142 del C.C.N.L. 24.7.2003;

7. il motivo è fondato;

8. è stato affermato da questa Corte che l’invocata attribuzione degli scatti biennali non può trovare titolo nel principio di non discriminazione, posto che tali scatti, a far tempo dalla contrattualizzazione dell’impiego pubblico, non hanno più fatto parte della retribuzione del personale di ruolo della scuola, docente, tecnico ed amministrativo; da tale momento, infatti, la L. n. 312 del 1980, art. 53, può dirsi vigente ed efficace solo relativamente ai docenti di religione e ad alcune particolari categorie di insegnanti che, sebbene non immessi nei ruoli, prestano attività sulla base, non di supplenze temporanee o annuali, bensì in forza di contratti a tempo indeterminato previsti in via eccezionale dalla L. n. 270 del 1982, art. 15. Anche il richiamo a tale disposizione ad opera della contrattazione collettiva deve, così, ritenersi limitato ai soli insegnanti di religione, per i quali è prevista la perdurante vigenza della norma, così come integrata dal D.P.R. n. 399 del 1988. In tal senso si è espressa questa Corte nella decisione n. 22258/2016 (alla cui ampia ricostruzione normativa si rimanda) con la quale è stato affermato il seguente principio di diritto: “L’art. 53 della legge n. 312 dell’11 luglio 1980, che prevedeva scatti biennali di anzianità per il personale non di ruolo, non è applicabile ai contratti a tempo determinato del personale del comparto scuola ed è stato richiamato, e il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma 1, e art. 71 dal C.C.N.L. 4 agosto 1995, e dai contratti successivi, per affermarne la perdurante vigenza limitatamente ai soli insegnanti di religione”, principio che, in questa sede, va confermato;

9. da tanto consegue che il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata; non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto la causa può essere decisa nel merito, con il rigetto dell’azionata domanda;

10. da tanto consegue che il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata; non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto la causa può essere decisa nel merito, con il rigetto dell’azionata domanda;

11. novità e complessità della questione, diversamente risolta dalle Corti territoriali e soltanto dopo il deposito del ricorso da questa Corte, giustificano la compensazione delle spese dell’intero processo.

PQM

 

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rigetta l’originaria domanda; spese compensate dell’intero processo.

Così deciso in Roma, il 19 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2017

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