Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18549 del 07/09/2020

Cassazione civile sez. VI, 07/09/2020, (ud. 01/07/2020, dep. 07/09/2020), n.18549

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32389-2018 proposto da:

B.D., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MORDINI 14,

presso lo studio dell’avvocato DAMIANI MICHELE, rappresentata e

difesa dall’avvocato TESCAROLI STEFANIA;

– ricorrente –

contro

G.L., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

M.G.;

– controricorrente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositato il

27/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 01/07/2020 dal Consigliere Relatore Dott. CAMPESE

EDUARDO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con decreto del 23130 marzo 2012, il Tribunale di Rovigo, adito da B.D. con un ricorso (del 5 novembre 2011) per modifica delle condizioni della sua separazione consensuale dal marito G.L., accolse la richiesta della prima di non versare più al secondo il contributo (Euro 100,00 mensili) per il mantenimento della loro figlia maggiorenne Pamela, ma la Corte di appello di Venezia, con decreto del 18 giugno/10 luglio 2012, decidendo sul corrispondente reclamo del G., e sul presupposto che le condizioni patrimoniali di quest’ultimo non erano tali da potergli consentire di provvedere per intero al detto mantenimento, stabili che non risultavano sopravvenute valide ragioni per modificare le originarie condizioni della separazione suddetta.

1.1. La Corte di cassazione, con ordinanza n. 14728 del 2015, cassò questa decisione e rinviò alla corte lagunare per l’effettuazione degli opportuni accertamenti sulla condizione economica delle parti, sulla base dei quali, poi, la stessa corte avrebbe dovuto rendere la sua pronuncia.

1.2. Il giudice di rinvio, con decreto del 27 marzo 2018, ha rigettato le domande proposte dalla B. nel procedimento di reclamo e nel giudizio di rinvio, ha dato atto che, dal 24 maggio 2013, era intervenuto un diverso accordo tra le parti, e ha condannato la B. al pagamento delle spese e competenze di lite per tutte le fasi di giudizio, liquidandole, altresì ponendo a suo carico il raddoppio del contributo ex D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

1.2.1. Per quanto qui di residuo interesse, quel giudice: i) ha ritenuto inammissibile, perchè tardivamente proposta, la domanda della B., a suo dire formulata solo nel verbale di udienza del 30 maggio 2016 (non già espressa con l’atto introduttivo del giudizio di rinvio, nè con la comparsa di costituzione e risposta depositata il 7 giugno 2012 nel procedimento di reclamo presupposto), volta ad ottenere la restituzione di quanto dalla stessa fino ad allora corrisposto al G. per il mantenimento suddetto; ii) ha dato atto che, con accordo siglato tra le parti il 24 maggio 2013, innanzi al Tribunale di Rovigo, in una diversa procedura che la B., pendente il ricorso per cassazione contro il precedente decreto della corte veneziana del 18 giugno/10 luglio 2012, aveva avviato ancora una volta per ottenere la modifica delle condizioni della sua separazione consensuale dal marito, il G. aveva espressamente rinunciato a percepire l’assegno di mantenimento per la figlia a decorrere dal gennaio 2013; zii) ha opinato, tra l’altro, che, anche per il periodo luglio 2012 – gennaio 2013, le “pur evidenti, ma temporanee, ristrettezze economiche” della B. “… (in qualche misura bilanciate dalla conviven5za col compagno e verosimilmente migliorate al termine della cassa integrazione, anteriore al periodo in questione), non potevano impedirle di provvedere, per parte sua, al modesto impegno economico impostole a favore della figlia”.

2. Per la cassazione di questo decreto ricorre la B., affidandosi a tre motivi, ulteriormente illustrati da memoria ex art. 380-bis c.p.c., cui resiste, con controricorso, il G..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE.

1. Le formulate censure denunciano, rispettivamente:

I) “Ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione di legge, in riferimento all’art. 384 c.p.c.”, in considerazione del fatto che la corte distrettuale, nel giudizio di rinvio/riassunzione, non si era uniformata alle statuizioni ed ai principi espressi dalla Cassazione con l’ordinanza n. 14728 del 2015;

II) “Ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, falsa applicazione di legge, in riferimento all’art. 394 c.p.c., comma 3”, per avere quella corte respinto il ricorso sull’assunto dell’essere stata formulata dalla B. “una domanda di restituzione somme versate nuova ed inammissibile”: domanda, invece, mai proposta dall’odierna ricorrente;

III) “Ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullità assoluta del provvedimento di rigetto della corte di appello”, la cui motivazione risultava a tal punto contraddittoria “da poter essere ritenuta come meramente apparente ed incomprensibile, nonchè infondata”, e, come se non bastasse, aveva condannato la B. al pagamento delle spese di lite ed al raddoppio del contributo unificato.

2. Il primo motivo è infondato.

2.1. Giova premettere che il ricorso per cassazione avverso la decisione pronunciata in sede di rinvio, diretto a denunciare la mancata osservanza del principio di diritto fissato con la pronuncia di annullamento, od il mancato assolvimento dei compiti con essa affidati, implica il potere-dovere della Suprema Corte di interpretare direttamente il contenuto e la portata della propria precedente statuizione Cass. n. Cass. n. 2020 del 1981; Cass. n. 5567 del 1982;

Cass. n. 19212 del 2005; Cass. n. 9395 del 2006; Cass. n. 27337 del 2019, in motivazione).

2.1.1. Inoltre, i limiti dei poteri attribuiti al giudice di rinvio sono diversi a seconda che la decisione di annullamento abbia accolto il ricorso per violazione o falsa applicazione di norme di diritto, ovvero per vizi di motivazione in ordine a punti decisivi della controversia, ovvero per l’una e per l’altra ragione (cfr. Cass. n. 12817 del 2014; Cass. n. 27337 del 2019), come, sostanzialmente avvenuto nel caso che ci occupa. Nella prima ipotesi, il giudice è tenuto soltanto ad uniformarsi, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1, al principio di diritto enunciato dalla pronuncia della Cassazione, senza possibilità di modificare l’accertamento e la valutazione dei fatti acquisiti al processo (cfr. Cass. n. 12347 del 1999; Cass. n. 5769 del 1999; Cass. n. 188 del 1994; Cass. n. 3572 del 1987; Cass. n. 27337 del 2019, in motivazione); nella seconda, invece, egli non solo può valutare liberamente i fatti già accertati, ma può anche indagare su altri fatti, ai fini di un apprezzamento complessivo in relazione alla pronuncia da emettere in sostituzione di quella cassata (cfr. Cass. n. 31901 del 2018); nella terza ipotesi, infine, la potestas iudicandi del giudice di rinvio, oltre ad estrinsecarsi nell’applicazione del principio di diritto, può comportare la valutazione ex novo dei fatti già acquisiti, nonchè la valutazione di altri fatti, la cui acquisizione sia consentita in base alle direttive impartite dalla Corte di cassazione e sempre nel rispetto delle preclusioni e decadenze pregresse (cfr. Cass. n. 6707 del 2004; Cass. n. 22989 del 2018; Cass. n. 27337 del 2019).

2.2. Orbene, nel caso all’attenzione del Collegio, l’ordinanza di questa Corte n. 14728 del 2015, nell’accogliere il ricorso della B. contro il decreto della Corte di appello di Venezia del 18 giugno/10 luglio 2012, così si espresse: “I genitori, ai sensi dell’art. 148 c.c. (oggi 316-bis c.c.), provvedono al mantenimento dei figli in proporzione alle sostane e alle capacità di lavoro. E’ pacifico che il padre non abbia prodotto l’ultima dichiarazione dei redditi che era stata richiesta dalla madre e su cui il giudice a quo non si è pronunciato. Tuttavia il provvedimento impugnato confronta le condizioni economiche delle parti, seria tener conto di eventuali aumenti di reddito del padre, che potevano essere controllati con la produzione della dichiarazione dei redditi aggiornata. Ogni altra questione appare assorbita. E’ appena il caso di precisare che questa corte non può prendere in considerazione vicende successive e richiami ad altri procedimenti, pur tra le stesse parti, come da documentazione prodotta dal controricorrente. Va pertanto accolto il ricorso; cassato il provvedimento impugnato, con rinvio al giudice a quo, in diversa composizione, che dovrà effettuare gli opportuni accertamenti sulla condizione economica delle parti, sulla base dei quali emetterà la sua pronuncia”. In quella sede, dunque, dopo essersi richiamato il principio di cui all’art. 148 c.c. (oggi 316-bis c.c.) astrattamente regolante la fattispecie, si è cassato il decreto impugnato demandandosi al giudice del rinvio di effettuare – in relazione, evidentemente, alla domanda di modifica delle condizioni di separazione tra i coniugi G./ B. originariamente introdotta dalla B. con il ricorso al Tribunale di Rovigo depositato il 5 novembre 2011 – “gli opportuni accertamenti sulla condizione economica delle parti”, sulla base dei quali, poi, quello stesso giudice avrebbe dovuto rendere la sua pronuncia. Ciò, evidentemente, “nel rispetto delle preclusioni e decadenze pregresse” (cfr. la già citata Cass. n. 6707 del 2004) e, quindi, con preclusione di ogni nuova attività assertiva di fatti non allegati ritualmente nella precedente fase del giudizio (cfr. Cass. n. 3555 del 1972).

2.3. La corte distrettuale, in sede di rinvio, ha dato atto, preliminarmente, che, con accordo siglato tra le parti il 24 maggio 2013, innanzi al Tribunale di Rovigo, in una diversa procedura che la B., pendente il suddetto suo ricorso per cassazione, aveva avviato ancora una volta per ottenere la modifica delle condizioni della sua separazione consensuale dal marito, il G. aveva espressamente rinunciato a percepire l’assegno di mantenimento per la figlia a decorrere dal gennaio 2013. Trattasi di rilievo certamente consentito a quella corte, posto che la natura di giudizio ad istruzione sostanzialmente “chiusa” del procedimento di rinvio, come configurato dall’art. 394 c.p.c., se, da un lato, preclude l’acquisizione di nuove prove, e segnatamente la produzione di nuovi documenti, dall’altro, ammette tale produzione se giustificata da fatti sopravvenuti riguardanti la controversia in decisione – e tale è indubbiamente un accordo transattivo sui fatti di causa raggiunto, come nella specie, solo pendente il ricorso per cassazione concluso dalla citata ordinanza n. 14728 del 2015 – o dall’impossibilità di produrli in precedenza per causa di forza maggiore (cfr. Cass. n. 26108 del 2018; Cass. n. 19424 del 2015; Cass. n. 17790 del 2014).

2.4. Quella stessa corte ha altresì opinato che, anche per il periodo luglio 2012/gennaio 2013, – vale a dire per l’intervallo temporale su cui poteva dirsi ancora esserci concreta controversia tra le parti in ordine alla domanda di cui al menzionato ricorso della B. del 5 novembre 2011 – le “pur evidenti, ma temporanee, ristrettezze economiche” della B. “… (in qualche misura bilanciate dalla convivenza col compagno e verosimilmente migliorate al termine della cassa integrazione, anteriore al periodo in questione), non potevano impedirle di provvedere, per parte sua, al modesto impegno economico impostole a favore della figlia”. Conclusione, questa, tratta “dalla documentazione fiscale prodotta dalle parti, dall’estratto conto cointestato alla ricorrente e al suo attuale compagno, dal contratto di mutuo ipotecario stipulato in data 4 aprile 2005 (ultima rata maggio 2020) per l’acquisto della casa di proprietà condivisa dalla B. con il proprio compagno, dall’unica busta paga del mese di febbraio 2012 prodotta dalla ricorrente per documentare il calo della propria retribuzione durante il collocamento in cassa integrazione, dalle dichiarazioni rese dalla stessa B.D. a verbale del 24-02-2012 nella procedura ivi iscritta al n. 910/2011 sono in cassa integrazione dall’anno scorso e finirà a luglio del 2012 … Temo che sarò licenziata per esubero…’9, dalla mancanza di allegazione in merito al temuto licenziamento e alla effettiva durata della cassa integrazione, dall’età e dalle competenze della ricorrente nel periodo indicato (54 anni, operaia di terzo livello), a fronte della disponibilità della abitaione di proprietà esclusiva e di maggior reddito percepito dal padre (CUD 2012, 26.101.48 netti), peraltro onerato nell’ultimo semestre di quell’anno di ogni altra spesa di mantenimento, non coperta dal contributo materno di 100 mensili, della figlia universitaria convivente” (cfr. pag. 3 del decreto impugnato).

2.4.1. Trattasi, come è evidente, di accertamenti di natura fattuale, qui non ulteriormente sindacabili (se non sotto il profilo del vizio motivazionale, in questa sede nemmeno dedotto), e pienamente in linea con i poteri, come descritti in precedenza, spettanti al giudice di rinvio (e, nella specie, concretamente affidati alla corte lagunare con la citata ordinanza di questa Corte n. 14728 del 2015, in relazione all’odierna vicenda) in seguito a decisione di annullamento della Cassazione in accoglimento di un ricorso per violazione o falsa applicazione di norme di diritto e per vizi di motivazione.

3. Parimenti insuscettibili di accoglimento si rivelano il secondo ed il terzo motivo di ricorso, scrutinabili congiuntamente perchè connessi.

3.1. In proposito, è decisiva (ed assorbente) la considerazione che la corte veneziana – al di là di ogni altra considerazione circa la possibilità, o meno, di ritenere come proposta, nel verbale di udienza del 30 maggio 2016 (di cui il Collegio può prendere visione, mediante accesso agli atti, essendo stato dedotto un vizio riguardante un error in procedendo), attraverso la mera dicitura “L’Avv. T. (ivi difensore della B.. Ndr) chiede di poter produrre documentazione di tutti i pagamenti che intende recuperare dal dicembre 2011 al dicembre 2012”, l’avvenuta proposizione, in concreto, della domanda di restituzione di somme ritenuta inammissibile dal giudice di rinvio – ha comunque respinto (come si è visto esaminandosi il primo motivo) pure la pretesa della B. di essere esentata dal contributo in favore della figlia anche per il semestre (luglio/dicembre 2012) non coperto dall’accordo poi intervenuto tra le parti nel maggio 2013, in forza del quale il G. aveva rinunciato al contributo per il mantenimento della figlia a decorrere dal gennaio 2013.

3.1.1. Ne consegue, dunque, che il rigetto, in parte qua, della sua (residua) pretesa originariamente azionata nel procedimento in esame ne giustifica anche la condanna alla refusione delle spese di tutte le fasi in cui quest’ultimo si è articolato, – in applicazione del principio generale secondo cui la pronuncia giudiziale in ordine alle spese processuali deve effettuarsi in base all’esito definitivo della lite e non già frazionatamente secondo l’esito delle sue varie fasi; (fr. Cass. n. 3166 del 1992, nonchè, in senso sostanzialmente conforme, Cass. n. 15868 del 2015; Cass. n. 1407 del 2020) – nonchè al raddoppio del contributo unificato per il giudizio di rinvio.

4. Il ricorso va, dunque, respinto, restando le spese di questo giudizio di legittimità regolate dal principio di soccombenza, e dandosi atto, altresì, – in assenza di ogni discrezionalità al riguardo (fr. Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) e giusta quanto recentemente precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020 – che, stante il tenore della pronuncia adottata, “sussistono, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, i presupposti processuali per il versamento, da parte del(la)ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto”, mentre “spetterà all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento”.

5. Va, disposta, da ultimo, per l’ipotesi di diffusione del presente provvedimento, l’omissione delle generalità e degli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna B.D. al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità sostenute da G.L., liquidate in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 100,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della B., dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, giusta lo stesso art. 13, comma 1-bis.

Dispone, per l’ipotesi di diffusione del presente provvedimento, l’omissione delle generalità e degli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto imposto dalla legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta sezione civile della Corte Suprema di cassazione, il 1 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 7 settembre 2020

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