Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18547 del 07/09/2020

Cassazione civile sez. VI, 07/09/2020, (ud. 01/07/2020, dep. 07/09/2020), n.18547

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30743-2018 proposto da:

EURO CAR SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato VECCHIONE ANNA

MARIA VITTORIA;

– ricorrente –

contro

FERRARO CARMINE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA AMERIGO

VESPUCCI 34, presso lo studio dell’avvocato CECERE ENRICO,

rappresentato e difeso dall’avvocato COPPOLA ROBERTO;

– controricorrente –

contro

P.C.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

AMERIGO VESPUCCI 34, presso lo studio dell’avvocato CECERE ENRICO,

rappresentato e difeso dall’avvocato COPPOLA ROBERTO;

– controricorrente –

contro

CURATELA FALLIMENTO (OMISSIS) SRL, SELMABIPIEMME LEASING SPA,

VASTOFERRO SRL;

– intimate –

avverso il decreto del TRIBUNALE di AVELLINO, depositato il

28/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 01/07/2020 dal Consigliere Relatore Dott. CAMPESE

EDUARDO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Euro car s.r.l., esclusa dal passivo del Fallimento (OMISSIS) s.r.l., con un unico ricorso propose opposizione ex art. 98 L. fall. avverso tale decisione e contestò l’avvenuta insinuazione di altri soggetti pure evocati in giudizio.

1.1. L’adito Tribunale di Avellino, con decreto del 28 settembre 2018, n. 146, dichiarò inammissibile l’impugnazione dei crediti ammessi, ed accolse l’opposizione predetta, ammettendo la menzionata società al passivo della indicata procedura concorsuale, in chirografo, per complessivi Euro 43.720,15.

1.2. Per quanto qui di residuo interesse, quel tribunale così disattese la contestazione dell’ammissione dei crediti dei soggetti in quella sede convenuti: “In primo luogo (… i, al momento della proporzione dell’opposizione, l’opponente non è creditrice in quanto non ammesso al passivo e quindi non è legittimata, ai sensi dell’art. 100 L F., alla contestazione dell’ammissione dei crediti degli altri creditori oggi evocati in giudizio. Inoltre, è pure fondata l’argomentazione difensiva sviluppata in particolare dagli opposti F.C. e P.A.C. secondo cui l’azione che consente l’impugnazione dei erediti già ammessi deve essere svolta nei termini e nei modi di cui all’art. 100 L. Fall.; tale formale azione – che costituisce uno dei tre distinti strumenti impugnatori di cui all’art. 98 L. Fall. – non risulta esser stata correttamente azionata dalla ricorrente, che mai ne fa menzione nell’atto che qualifica solo di opposizione allo stato passivo (e nel quale conclude solo per il rigetto delle domande dei convenuti, invero già ammesse), che quindi, in quanto tale, può spiegare effetti limitatamente alla contestazione della mancata ammissione al passivo del credito vantato dall’opponente”.

2. Avverso questo decreto la Euro car s.r.l. ricorre per cassazione, affidandosi ad un motivo. Resistono, con distinti controricorsi, P.A.C. e F.C., mentre sono rimasti solo intimate la curatela fallimentare, la S.L. s.p.a. e la Vastoferro s.r.l.. Le parti costituite hanno depositato memoria ex art. 380-bis c.p.c. (unica per il Porciello ed il F.).

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Rileva pregiudizialmente il Collegio che il Porciello ed il F., nei rispettivi controricorsi, hanno rimarcato, quanto al ricorso della Euro car s.r.l., che, “sia nell’intestazione dell’atto che nella procura, non è individuata la persona fisica che si è dichiarata legale rappresentante della società ricorrente e, peraltro, la sottoscrizione in calce alla procura è assolutamente illeggibile”.

1.1. Orbene, le Sezioni Unite di questa Corte (efr. Cass., SU, n. 25036 del 2013), innovando rispetto all’indirizzo espresso in precedenti pronunce di legittimità, hanno affermato il principio secondo cui “la procura speciale alle liti, rilasciata, per conto di una società esattamente indicata con la sua denominazione, con sottoscrizione affatto illeggibile, senza che il nome del conferente, di cui si alleghi genericamente la qualità di legale rappresentante, risulti dal testo della stessa, nè dall’intestazione dell’atto a margine o in calce al quale sia apposta, ed altresì priva, nell’uno o nell’altra, dell’indicazione di una specifica funzione o carica del soggetto medesimo che lo renda identificabile attraverso i documenti di causa o le risultanze del registro delle imprese, è affetta da nullità relativa, che la controparte può tempestivamente opporre ex art. 157 c.p.c., onerando così, l’istante d’integrare con la prima replica la lacunosità dell’atto iniziale, mediante chiara e non più rettificabile notizia del nome dell’autore della suddetta sottoscrizione, difettando la quale, così come in ipotesi di inadeguatezza o tardività di tale integrazione, si verifica invalidità della procura ed inammissibilità dell’atto cui essa accede” (si vedano anche, più di recente, in senso sostanzialmente conforme, Cass. n. 8930 del 2019; Cass. n. 16634 del 2017; Cass. n. 21780 del 2015; Cass. n. 7179 del 2015; Cass. n. 21405 del 2014). Nella fattispecie in esame, con la memoria depositata ex art. 380-bis c.p.c., la società ricorrente ha colmato la lacuna del ricorso, nel quale non era indicato il nome del suo legale rappresentante, che aveva a sua volta sottoscritto il rilascio della procura al difensore con firma illeggibile, chiarendo che il nominativo di S.F., la cui firma è quella apposta sopra la stampigliatura del nominativa di detta società per il conferimento della procura, è quello dell’amministratore e legale rappresentante pro-tempore della società medesima risultante dalla visura camerale contestualmente allegata (trattandosi di documenti riguardante l’ammissibilità del ricorso, ne è possibile il deposito in questa sede ex art. 372 c.p.c., comma 1).

2. Fermo quanto precede, l’unico motivo formulato reca la seguente rubrica: “Nullità del decreto per violazione di legge fallimentare, R.D. n. 267 del 1942, per abrogazione dell’art. 100, già abrogato con la riforma del 16 luglio 2006, D.Lgs. n. 5 del 2006, art. 85”. Esso biasima il riferimento del tribunale avellinese all’art. 100 L. fall., sottolineandone l’avvenuta abrogazione, nonchè l’affermazione di quel giudice secondo cui l’opponente non sarebbe stata legittimata a contestare gli ammessi crediti dei soggetti evocati in giudizio perchè, al momento della proposizione dell’opposizione/impugnazione, non era creditrice in quanto non ammessa al passivo. La doglianza poi si dilunga sulle ragioni per cui, secondo la ricorrente, alla Vastoferro s.r.l., ad P.A.C., a F.C. ed alla S.L. s.p.a. si sarebbe dovuta negare l’ammissione al passivo come invece avvenuta.

2.1. Deve rilevarsi, innanzitutto, che il decreto oggi impugnato nulla riferisce quanto al credito per il quale la Vastoferro s.r.l. avrebbe ottenuto l’ammissione al passivo del fallimento (OMISSIS) s.r.l.. La stessa Vastoferro s.r.l., peraltro, nemmeno è riportata nell’intestazione del provvedimento suddetto, o menzionata in quest’ultimo.

2.2. Non è dato sapere, dunque, se tale società sia stata, o meno, effettivamente parte del precedente grado di giudizio (così da poter essere legittimata pure in questa sede), e l’affermazione della Euro car s.r.l. di aver notificato anche ad essa l’atto introduttivo del procedimento innanzi al Tribunale di Avellino, pag. 18 dell’odierno ricorso) non è corredata dalla corrispondente relata, nè dalla indicazione riguardante il dove la stessa sia reperibile nel fascicolo di ufficio.

3. Tanto premesso, l’odierno ricorso è inammissibile per evidente violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, non assolvendo, in modo idoneo, al raggiungimento dello scopo che detto requisito di contenuto-forma deve soddisfare.

3.1. Lo stesso, invero, lungi dal descrivere adeguatamente, benchè succintamente, i fatti del processo di primo grado, si dilunga sulle ragioni per cui, secondo la Euro car. s.r.l., la Vastoferro s.r.l., P.A.C. e F.C. non avrebbero dovuto beneficiare dell’ottenuta ammissione al passivo del fallimento Steel sud s.r.l..

3.1.1. Nel relativo argomentare, peraltro, è continuamente invocata documentazione di vario genere, il cui contenuto nemmeno è riportato in ricorso, seppure sinteticamente, così totalmente obliterandosi il principio per cui, in tema di ricorso per cassazione, sono inammissibili, per violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, le censure fondate su atti e documenti del giudizio di merito qualora il ricorrente si limiti a richiamare tali atti e documenti, senza riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie alla loro individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di cassazione, al fine di renderne possibile l’esame, ovvero ancora senza precisarne la collocazione nel fascicolo di ufficio o in quello di parte e la loro acquisizione o produzione in sede di giudizio di legittimità (di-. Cass., SU, n. 34469 del 2019).

3.2. Ciò posto, rileva il Collegio che l’esposizione sommaria dei fatti prescritta, a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione, dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, essendo considerata dalla norma come uno specifico requisito di contenuto forma del ricorso stesso, deve consistere in una esposizione che garantisca alla Suprema Corte di avere una chiara e completa cognizione del fatto sostanziale che ha originato la controversia e del fatto processuale, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa decisione impugnata (cfr. Cass., SU, n. 11653 del 2006; Cass. n. 5640 del 2018, in motivazione; Cass. n. 759 del 2020, in motivazione). La prescrizione del requisito risponde non ad un’esigenza di mero formalismo, ma a quella di consentire una conoscenza chiara e completa dei fatti di causa, sostanziali e o processuali, che permetta di bene intendere il significato e la portata delle censure rivolte al provvedimento impugnato (cfr. Cass., SU., n. 2602 del 2003; Cass. n. 759 del 2020, in motivazione).

3.2.1. Stante tale funzione, per soddisfare il suddetto requisito è necessario, come statuisce la prima delle decisioni evocate, che il ricorso per cassazione contenga, sebbene in modo non analitico o particolareggiato, l’indicazione sommaria delle pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le hanno giustificate, delle eccezioni, delle difese e delle deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, dello svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni e, dunque, delle argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si è fondata la decisione impugnata.

3.3. Orbene, la sopra ricordata struttura del ricorso non rispetta tali necessari contenuti, perchè non indica chiaramente, in relazione ai crediti dei soggetti evocati innanzi al tribunale avellinese di cui è stata contestata l’avvenuta ammissione al passivo del fallimento (OMISSIS) s.r.l., i corrispondenti fatti storici che li avrebbero occasionati, nè individua le ragioni giuridiche alla cui stregua le contestazioni dell’odierna ricorrente erano state introdotte in primo grado. L’esposizione del fatto è, pertanto, del tutto inidonea al raggiungimento dello scopo suo proprio, donde la inammissibilità del ricorso, ricordandosi, peraltro, che, secondo la Corte EDU, il diritto di accedere al giudice di ultima istanza non è assoluto e, sulle condizioni di ricevibilità dei ricorsi, gli Stati hanno un sicuro margine di apprezzamento, potendo prevedere restrizioni a seconda del ruolo svolto dai vari organi giurisdizionali e dell’insieme delle regole che governano il processo (Dott. Corte EDU, 15/09/2016 Trevisanato c. Italia; Cass., SU. n. 30996 del 2017, p. 2.3; Cass. n. 759 del 2020, in motivazione).

4. Le spese di questo giudizio di legittimità, fra le sole parti costituite, restano regolate dal principio di soccombenza e liquidate come in dispositivo, dandosi atto, altresì, – in assenza di ogni discrezionalità al riguardo (cfr. Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) e giusta quanto recentemente precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020 – che, stante il tenore della pronuncia adottata, sussistono, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, i presupposti processuali per il versamento, da parte della società ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto, mentre “spetterà all’amministrazione “giudiziaria verificare la deben5ca in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento”.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la Euro car s.r.l. al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, in favore di ciascuno dei controricorrenti costituiti, in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 100,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della medesima ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, giusta il lo stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta sezione civile della Corte Suprema di cassazione, il 1 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 7 settembre 2020

 

 

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