Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18547 del 02/09/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. 6 Num. 18547 Anno 2014
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: PETITTI STEFANO

ha pronunciato la seguente

equa riparazione

SENTENZA

sentenza con motivazione
semplificata

sul ricorso proposto da:
D’AIE= Rocco, BIANCHETTA Leonardo, TAGLIAVIA Luciano,
rappresentati e difesi, per procura speciale in calce al
ricorso, dall’Avvocato Mario Del Noce, domiciliati in
Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria civile della
Corte suprema di cassazione;
ricorrente
contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del
Ministro

pro

tempore,

rappresentato

e

difeso

dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici
in Roma, via dei Portoghesi n. 12, è domiciliato per
legge;

QA(a«

,T4

Data pubblicazione: 02/09/2014

controricorrente avverso il decreto della Corte d’appello di Caltanissetta
depositato in data 15 aprile 2013.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica

Stefano Petitti;
sentito l’Avvocato Cecilia Furitano.
Ritenuto che, con ricorso depositato in data 11 maggio
2010 presso la Corte d’appello di Caltanissetta, D’AIELLO
Rocco, BIANCHETTA Leonardo e TAGLIAVIA Luciano, chiedevano
la condanna del Ministero dell’economia e delle finanze al
pagamento del danno non patrimoniale derivato dalla
irragionevole durata di un giudizio iniziato dinnanzi al
TAR della Sicilia – Sezione di Caltanissetta, con ricorso
depositato il 13 dicembre 1994, e ancora pendente alla
data di presentazione della domanda;
che l’adita Corte d’appello rilevava che il giudizio
presupposto avrebbe dovuto essere definito in un triennio,
alla stregua dei parametri fissati dalla CEDU e dalla
giurisprudenza di legittimità;
che, conseguentemente, la Corte d’appello riteneva
accertata una irragionevole durata del giudizio
presupposto,

sino

alla data della decisione, di dodici

anni, quattro mesi e ventotto giorni; ritardo in relazione
al quale liquidava un indennizzo di euro 6.202,00,

2

udienza del 25 giugno 2014 dal Presidente relatore Dott.

adottando il criterio di 500,00 euro per anno di ritardo,
tenuto conto del modesto interesse manifestato dai
ricorrenti alla definizione della causa, avendo essi
depositato una sola istanza di prelievo e solo nell’anno

che per la cassazione di questo decreto i ricorrenti
in epigrafe hanno proposto ricorso sulla base di un
motivo;
che

l’intimato

Ministero

ha

resistito

con

controricorso.
Considerato che il Collegio ha deliberato l’adozione

della motivazione semplificata nella redazione della
sentenza;
che con l’unico motivo di ricorso i ricorrenti
denuncia violazione dell’art. 6, paragrafo l, della CEDU,
dell’art. 2 della legge n. 89 del 2001, degli artt. 1226 e
2056 cod. civ., e degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ.,
nonché vizio di motivazione con riferimento alla
liquidazione contenuta dalla Corte d’appello in euro
500,00 per anno di ritardo, con immotivato scostamento
dagli ordinari criteri di liquidazione del danno non
patrimoniale da irragionevole durata del processo;
che, in particolare, i ricorrenti sostengono che, in
applicazione degli indicati criteri, la Corte d’appello
avrebbe dovuto riconoscere un indennizzo di 750,00 euro

2009;

per i primi tre anni di ritardo e di 1.000,00 euro per
ciascuno degli anni successivi;
che il ricorso è infondato;
che, infatti, si deve rilevare che, se è vero che il

ai criteri di liquidazione elaborati dalla Corte Europea
dei diritti dell’uomo (secondo cui, data l’esigenza di
garantire che la liquidazione sia satisfattiva di un danno
e non indebitamente lucrativa, la quantificazione del
danno non patrimoniale dev’essere, di regola, non
inferiore a euro 750,00 per ogni anno di ritardo, in
relazione ai primi tre anni eccedenti la durata
ragionevole, e non inferiore a euro 1.000,00 per quelli
successivi), permane tuttavia, in capo allo stesso
giudice, il potere di discostarsene, in misura
ragionevole, qualora, avuto riguardo alle peculiarità
della singola fattispecie, ravvisi elementi concreti di
positiva smentita di detti criteri, dei quali deve dar
conto in motivazione (Cass. n. 18617 del 2010; Cass. n.
17922 del 2010);
che, nella specie, la Corte d’appello ha motivato lo
scostamento dagli ordinari criteri di determinazione
dell’indennizzo, adottando quello di euro 500,00 per anno
di ritardo, facendo riferimento alla ritardata
presentazione dell’istanza di prelievo, quale indice di

4

giudice nazionale deve, in linea di principio, uniformarsi

scarso interesse delle parti alla definizione del giudizio
presupposto;
che trattasi di motivazione adeguata, rispetto alla
quale le deduzioni dei ricorrenti non appaiono idonee ad

nei limiti in cui tale tipo di vizio è prospettabile ai
sensi del nuovo testo dell’art. 360, n. 5, cod. proc. civ.
(Cass., S.U., n. 8053 del 2014);
che l’adita Corte d’appello invero, si è attenuta ai
criteri elaborati dalla Corte europea dei diritti
dell’uomo (decisioni Volta et

autres c.

Italia, del 16

marzo 2010 e Falco et autres c. Italia, del 6 aprile 2010)
e recepiti dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass., 18
giugno 2010, n. 14753; Cass., 10 febbraio 2011, n. 3271;
Cass., 13 aprile 2012, n. 5914), relativamente a giudizi
amministrativi protrattisi per oltre dieci anni, per i
quali questa Corte è solita liquidare un indennizzo che,
rapportato su base annua, corrisponde a circa 500,00 euro
per la durata del giudizio;
che tale approdo consente di escludere che un
indennizzo di 500,00 euro per ciascun anno di ritardo,
possa essere di per sé considerato irragionevole e quindi

lesivo dell’adeguato ristoro che la giurisprudenza della
Corte europea intende assicurare in relazione alla
violazione del termine di durata ragionevole 4e1 processo;

5

evidenziare vizi di violazione di legge o di motivazione,

che il ricorso deve quindi essere rigettato;
che le spese del giudizio di cessazione, liquidate
come da dispositivo, seguono la soccombenza;
che, risultando dagli atti del giudizio che il

del contributo unificato, non si deve far luogo alla
dichiarazione di cui al camma

1 quater dell’art. 13 del

testo unico approvato con il d.P.R. 30 maggio 2002, n.
115, introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24
dicembre 2012, n. 228.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti, in
solido tra loro, al pagamento delle spese del giudizio di
cessazione, che liquide in complessivi euro 500,00 per
compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della
V2 – 2 Sezione civile della Corte suprema di cessazione,

procedimento in esame è considerato esente dal pagamento

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA