Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18545 del 10/08/2010

Cassazione civile sez. trib., 10/08/2010, (ud. 07/07/2010, dep. 10/08/2010), n.18545

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ALTIERI Enrico – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. SOTGIU Simonetta – Consigliere –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 12666-2006 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12 presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

BIANCHI & GIAVOTTI SPA, in persona del Presidente del Consiglio

di

Amministrazione e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA VIA C MONTEVERDI 20, presso lo studio

dell’avvocato CODACCI PISANELLI ALFREDO, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato LISSANDRIN GRAZIANO, giusta delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 26/2005 della COMM. TRIB. REG. di MILANO,

depositata il 21/03/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/07/2010 dal Consigliere Dott. SALVATORE BOGNANNI;

udito per il ricorrente l’Avvocato GUIDA M. LETIZIA, che si riporta

agli atti;

udito per il resistente l’Avvocato CODACCI PISANELLI ALFREDO, che

richiama gli scritti;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per il rigetto.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso alla commissione tributaria provinciale di Pavia la società Bianchi & Giavotti Spa impugnava l’avviso di accertamento, relativo a maggiorazione delle imposte per reddito d’impresa, per l’anno 1994, fatto notificare dall’ufficio delle imposte di quella città, e con il quale l’amministrazione comunicava di avere accertato dei proventi complessivi di importo superiore, sulla scorta anche del notevole scostamento dal gruppo omogeneo di appartenenza, come meglio specificato nella motivazione dell’atto impositivo, con un’imposta da pagare in misura maggiore, a fronte di quanto dichiarato dalla contribuente. Questa rappresentava che tale avviso era da annullare, in quanto non sarebbe stato adeguatamente motivato, ed inoltre i presupposti della pretesa tributaria sarebbero stati carenti.

Instauratosi il contraddittorio, l’ufficio delle imposte eccepiva l’infondatezza dell’opposizione, e perciò chiedeva il rigetto del ricorso.

Il giudice adito, in accoglimento di esso, annullava l’atto impositivo.

Avverso tale decisione l’amministrazione proponeva appello, cui la contribuente resisteva, dinanzi alla commissione tributaria regionale della Lombardia, la quale lo rigettava, osservando che il metodo induttivo seguito dall’ufficio non era stato regolare, posto che esso avrebbe dovuto fare riferimento a dati concreti, e non invece ancorarsi ad elementi astratti afferenti ad imprese della stessa categoria, ma soprattutto perchè la contabilità tenuta dalla società non legittimava il ricorso al metodo induttivo seguito dall’erario.

Contro questa decisione l’agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi.

La Bianchi & Giavotti ha resistito con controricorso, ed ha depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1) Col primo motivo la ricorrente deduce violazione dell’art. 112 c.p.c., con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 4, in quanto il giudice di merito non delibava la questione relativa alla sussistenza degli elementi che giustificavano il ricorso al metodo analitico induttivo, puntualmente prospettati con l’appello.

La censura, che è strettamente connessa al motivo seguente, è fondata, atteso che la CTR si limitava a considerare come sussistenti le voci di spesa indicate nella dichiarazione dalla contribuente, la quale peraltro, come risulta dal ricorso introduttivo, il cui esame è possibile anche in questa sede, trattandosi di violazione di norma processuale, si era invece limitata a contestare soltanto la metodologia seguita dall’ufficio, secondo cui l’avviso di accertamento sarebbe stato motivato “per relationem” con riferimento al pvc della GdF; il che comunque è consentito, ponendo la contribuente nella condizione di approntare la difesa. Ma, ad ogni buon conto, si trattava di accertamento ancorato alle discrasie riscontrate nella contabilità, ed enunciate nell’atto impositivo.

2) Col secondo motivo la ricorrente denunzia violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d) e D.L. n. 331 del 1993, art. 62 sexies, comma 3, giacche la CTR non considerava che l’accertamento era scaturito dal rilevante scostamento riscontrato rispetto alle imprese del gruppo omogeneo di categoria, mediante l’indicazione di costi eccessivi, ricavi ridotti, spese per il personale dipendente e per prestazioni esterne rilevanti a fronte dei ricavi molto contenuti, per i quali scattava la prova presuntiva, con conseguente spostamento dell’onere della prova sulla contribuente, che però non l’aveva assolto.

La doglianza va condivisa. Il giudice del gravame rilevava che a fronte di una contabilità sostanzialmente regolare, sussisteva solo qualche indizio negativo, che tuttavia non legittimava il ricorso al metodo induttivo o comunque la prova presuntiva.

L’assunto non è esatto.

Va premesso che il D.P.R. 29 settembre 1973, n. 6001, art. 39 consente all’Amministrazione finanziaria la rettifica analitico- induttiva della dichiarazione presentata dalla contribuente, sulla base dei dati e degli elementi desumibili dalle scritture contabili di questa, solo se ed in quanto esse fossero state regolarmente tenute, ovvero presentassero vizi formali di modesta entità, in guisa tale che le loro stesse risultanze fossero idonee a fondare presunzioni semplici, purchè gravi, precise e concordanti, dell’inesattezza della dichiarazione stessa ed il conseguente potere di rettifica che ne risultava giustificato attraverso la motivazione delle singole poste aggiunte o corrette (V. pure Cass. Sentenze n. 1628 del 1995, n. 10850 del 1994, n. 4307 del 08/04/1992).

Nel caso in esame invece l’ufficio aveva riscontrato la sussistenza di costi rilevanti; l’investimento di capitali cospicui con ricavi decisamente inferiori rispetto alla media del gruppo omogeneo del settore. Quindi sulla scorta di tali elementi ben poteva applicare il metodo analitico-induttivo, atteso che il D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, lett. d), non impedisce, pure in presenza di contabilità formalmente regolare, l’accertamento in rettifica, che presuppone, appunto, scritture regolarmente tenute e tuttavia contestabili in forza di valutazioni condotte sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, che possono essere costituite da studi di settore, collegabili, ai sensi del D.L. 30 agosto 1993, n. 331, art. 62 sexies (conv., con modif., dalla L. n. 427 del 1993), a gravi incongruenze tra i ricavi dichiarati, le dimensioni ed il giro d’affari dell’azienda, di modo che, in base ad un processo logico analitico induttivo, possa fondatamente dubitarsi della completezza e fedeltà della contabilità esaminata, con conseguente spostamento dell’onere della prova a carico della Bianchi & Giavotti (V. pure Cass. Sentenze n. 26919 del 15/12/2006, n. 20422 del 2005, n. 1797 del 2005).

Sul punto perciò la sentenza impugnata non risulta motivata in modo giuridicamente corretto.

Ne deriva che il ricorso va accolto, con conseguente cassazione della decisione impugnata senza rinvio, posto che la causa può essere decisa nel merito, atteso che non occorrono ulteriori accertamenti di fatto, ex art. 384 c.p.c., comma 1.

Quanto alle spese dell’intero giudizio, esse seguono la soccombenza, e vengono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte:

Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata, e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo, e condanna la controricorrente al rimborso delle spese dell’intero giudizio a favore della ricorrente, e che liquida, quanto agli esborsi, in Euro 200,00 per il presente, e quanto al resto per esborsi ed onorari, in complessivi Euro 5.000,00 (cinquemila/00), oltre a quelle generali ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 7 luglio 2010.

Depositato in Cancelleria il 10 agosto 2010

 

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