Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18544 del 13/07/2018


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 18544 Anno 2018
Presidente: OLIVIERI STEFANO
Relatore: IANNELLO EMILIO

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 658/2016 R.G. proposto da
Ponte Romano e Paravan Annamaria, rappresentati e difesi dall’Avv.
Pietro Mussato e dall’Avv. Piergiorgio Villa, con domicilio eletto presso lo
studio di quest’ultimo in Roma, via Donatello, n. 23;
– ricorrenti contro
Tosone Moris;
– intimato

avverso la sentenza della Corte d’appello di Trieste, n. 644/15,

g54

depositata il 23 ottobre 2015;
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 27 marzo 2018 dal
Consigliere Emilio Iannello;

Data pubblicazione: 13/07/2018

udito l’Avv. Francesco Villa Pizzi, per delega;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Carmelo Sgroi, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
1. Con sentenza depositata in data 23 ottobre 2015, la Corte
d’appello di Trieste, in riforma della sentenza di primo grado, ha

Annamaria Paravan, quali proprietari coltivatori diretti di terreno
confinante, nei confronti di Moris Tosone, in relazione a terreno agricolo
da quest’ultimo acquistato con atto del 30/12/2008.
Ha infatti ritenuto, diversamente dal primo giudice, che
l’accertamento del diritto al riscatto non si fosse perfezionato in via
stragiudiziale per effetto della lettera con la quale il Tosone aveva
risposto alla richiesta al riguardo indirizzatagli dalle controparti, atteso
che il tenore di tale missiva impediva di leggervi «una adesione piena,
inequivoca e incondizionata alla domanda di riscatto» (il Tosone aveva
infatti precisato di attendere indicazioni sull’avente diritto «visto che —
scriveva — le richieste di riscatto sono due», aveva poi fatto riferimento
a un contratto di affitto relativo al fondo medesimo registrato in data
30/12/2008, e aveva inoltre richiesto il riconoscimento delle migliorie
apportate sul fondo degli oneri derivanti dalla trasformazione irriguo).
La Corte ha poi ritenuto infondata la subordinata domanda di
accertamento, in via giudiziale, del diritto medesimo, in mancanza di
prova da parte degli attori della protratta coltivazione personale, da
almeno un biennio, del terreno confinante.
2.

Avverso tale decisione Romano Ponte e Annamaria Paravan

propongono ricorso per cassazione, sulla base di due motivi.
L’intimato non svolge difese nella presente sede.
I ricorrenti hanno depositato memoria ex art. 378 cod proc. civ..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano, ai sensi dell’art. 360,
comma primo, num. 3, cod. proc. civ., violazione o falsa applicazione

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rigettato la domanda di riscatto agrario proposta da Romano Ponte e

degli artt. 1362 e 1367 cod. civ., nonché falsa applicazione dell’art. 116
cod. proc. civ., per avere la Corte territoriale escluso che la lettera
inviata da controparte in risposta alla richiesta di riscatto integrasse
accettazione della medesima e valesse pertanto a perfezionare un
«riscatto consensuale».
Rilevano al riguardo che il convenuto non aveva in giudizio precisato

quale ne fosse il fondamento, né l’aveva documentata; che parimenti
strumentale doveva ritenersi la stipula, da parte dell’originario
proprietario, di un contratto d’affitto registrato nello stesso giorno della
stipula dell’atto notarile di vendita; che priva di qualunque rilievo
ostativo doveva considerarsi la richiesta di indennizzo per le assente
migliorie; che il Tosone aveva peraltro fatto concordare dal suo legale di
fiducia di allora il testo del contratto riparatorio di vendita del fondo ai
riscattanti, fissando anche la data della relativa stipula davanti al notaio,
persino inviando alla vigilia dell’appuntamento un telegramma con il
quale ne chiedeva il rinvio «causa forza maggiore».
Sostengono che la Corte d’appello, non avendo valutato tale
complessiva condotta del Tosone, anche successiva alla missiva, ha
violato i canoni legali di interpretazione della volontà negoziale,
incorrendo anche in violazione dell’art. 116 cod. proc. civ.
Lamentano anche la violazione del canone interpretativo di cui
all’art. 1367 cod. civ., sostenendo che, pur in ipotesi di dubbio, esso
avrebbe imposto di non ritenere nulla ed inefficace l’adesione scritta alla
richiesta di riscatto.
2. Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano, ai sensi dell’art.
360, comma primo, num. 3, cod. proc. civ., violazione o falsa
applicazione dell’art. 115, comma primo, cod. proc. civ., in relazione
all’art. 167 cod. proc. civ., per avere la Corte d’appello ritenuto che fosse
specificamente contestato e quindi soggetto a prova il requisito della
coltivazione diretta dal fondo confinante, da parte di essi proprietari, da
almeno due anni prima della compravendita del fondo oggetto del

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quando gli fosse pervenuta l’asserita richiesta concorrente di riscatto, né

riscatto agrario.
Rilevano che sul punto la valutazione contrasta con quella del giudice
di primo grado espressa non solo nella sentenza ma anche nell’ordinanza
con la quale, in data 18/3/2013, proprio per la ritenuta non
contestazione dei requisiti soggettivi del riscatto, non erano state
ammesse le prove testimoniali richieste dagli attori, ritenendosi la causa

Soggiungono che, nella comparsa di risposta, peraltro tardiva, il
convenuto aveva specificamente contestato solo la libertà del fondo
oggetto di riscatto e che nessun’altra pertinente specificazione era stata
poi svolta negli atti successivi.
3. È inammissibile il primo motivo di ricorso.
È noto che, secondo principio consolidato nella giurisprudenza di
legittimità, l’interpretazione del contratto e degli atti di autonomia
privata costituisce un’attività riservata al giudice di merito, ed è
censurabile in sede di legittimità soltanto per violazione dei criteri legali
di ermeneutica contrattuale ovvero per vizi di motivazione (nei limiti,
peraltro, in cui l’allegazione è oggi consentita dal nuovo testo dell’art.
360, comma primo, num. 5, cod. proc. civ.).
Pertanto, onde far valere in cassazione tali vizi della sentenza
impugnata, non è sufficiente che il ricorrente per cassazione faccia
puntuale riferimento alle regole legali d’interpretazione, mediante
specifica indicazione dei canoni asseritamente violati ed ai principi in
esse contenuti, ma è altresì necessario che egli precisi in qual modo e
con quali considerazioni il giudice del merito se ne sia discostato ovvero
ne abbia dato applicazione sulla base di argomentazioni censurabili per
omesso esame di fatto controverso e decisivo (v. Cass. 20/08/2015, n.
17049; 09/10/2012, n. 17168; 31/05/2010, n. 13242; 20/11/2009, n.
24539); con l’ulteriore conseguenza dell’inammissibilità del motivo di
ricorso che si fondi sull’asserita violazione delle norme ermeneutiche o
sul vizio di motivazione e si risolva, in realtà, nella proposta di una
interpretazione diversa (Cass. 26/10/2007, n. 22536).

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già matura per la decisione.

Sul punto, va altresì ribadito il principio secondo cui, per sottrarsi al
sindacato di legittimità, non è necessario che l’interpretazione data alla
dichiarazione negoziale dal giudice del merito sia l’unica interpretazione
possibile o la migliore in astratto, ma è sufficiente che sia una delle
possibili e plausibili interpretazioni;
Nella specie, non si ricava dalla motivazione della sentenza alcuna

negoziale. Piuttosto, sono le censure mosse col ricorso che non prendono
compiutamente in esame le argomentazioni svolte dai giudici di merito,
risultando eccentriche e non pertinenti rispetto alle stesse, ovvero si
risolvono nella prospettazione di questioni di merito, estranee al vizio
dedotto e comunque eccedenti dai limiti in cui al riguardo ne è
consentita la deduzione.
Le critiche infatti consistono in parte in osservazioni circa la
debolezza logica o la mancata prova delle circostanze che, nella risposta
del Tosone, sono indicate come ragioni di riserva rispetto alla richiesta di
riscatto: osservazioni non pertinenti essendo evidente che ciò che
importa ai fini in esame è solo che, come correttamente evidenziato in
sentenza, in ragione di esse, per quanto infondate e pretestuose, non
possa obiettivamente leggersi nella missiva una accettazione pienamente
coincidente con la domanda di riscatto.
In altra parte esse postulano un accertamento di fatto diverso da
quello risultante dalla decisione impugnata, nella quale in particolare non
si fa alcuna menzione né della fissazione di un appuntamento davanti al
notaio per la stipula del contratto di trasferimento del bene riscattato, né
di un successivo telegramma inviato dal Tosone per il rinvio dello stesso,
risolvendosi pertanto la censura al riguardo nella prospettazione di
questione di merito estranea al vizio dedotto né comunque agevolmente
riconducibile al paradigma del nuovo art. 360, comma primo, num. 5,
cod. proc. civ.: ciò a tacere del nient’affatto evidente carattere decisivo
della circostanza.
4. È altresì inammissibile il secondo motivo, in quanto aspecifico e

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affermazione che si ponga in contrasto con i criteri legali di ermeneutica

non autosufficiente.
Come questa Corte ha già evidenziato, l’onere di contestazione in
ordine ai fatti costitutivi del diritto si coordina con l’allegazione dei
medesimi e, considerato che l’identificazione del tema decisionale
dipende in pari misura dall’allegazione e dall’estensione delle relative
contestazioni o non contestazioni, ne consegue che l’onere di contribuire
thema decidendum

opera identicamente rispetto

all’una o all’altra delle parti in causa, sicché, a fronte di una generica
deduzione da parte del ricorrente, la difesa della parte resistente non
può che essere altrettanto generica e pertanto idonea a far permanere
gli oneri probatori gravanti sulla controparte (così Cass. 19/10/2016, n.
21075, che, per tal motivo, ha ritenuto che il coltivatore di un fondo
rustico, il quale aveva genericamente allegato di possedere tutti i
requisiti previsti dalla legge per l’esercizio del retratto agrario, non
poteva ritenersi liberato dall’onere di provarne la sussistenza, e ciò
anche in presenza di una generica contestazione sul punto da parte del
convenuto).
Nella specie i ricorrenti omettono di trascrivere il contenuto dell’atto
introduttivo, non essendo pertanto dato verificare se e in che termini
essi avevano allegato il possesso del requisito in parola, né
conseguentemente valutare l’idoneità della contestazione contenuta in
comparsa a soddisfare l’onere di specifica contestazione, non potendosi
certamente negare che la stessa, al di là della sua formulazione
meramente incidentale, veicoli comunque una almeno generica
contestazione.
Nessun rilievo può al riguardo di contro assegnarsi al diverso giudizio
espresso dal primo giudice nella menzionata ordinanza istruttoria,
essendo la stata la decisione di merito fondata su altra assorbente
ragione (perfezionamento del riscatto consensuale).
Né è rilevante che la costituzione del convenuto in primo grado sia
intervenuta al di là del termine all’uopo fissato dall’art. 167 cod. proc.
civ., trattandosi comunque di mera difesa e dovendosi ritenere che limite

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alla fissazione del

temporale per l’utile contestazione del fatto costitutivo sia da identificare
nel momento in cui si ha la definitiva fissazione del thema decidendum
e, dunque, nel rito ordinario, non oltre la chiusura dell’udienza di
trattazione di cui all’art. 183 (v. Cass. 29/11/2013, n. 26859).
7. Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
Non avendo controparte svolto difese nella presente sede, nessun

Ricorrono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30
maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre
2012, n. 228, per l’applicazione del raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002,
inserito dall’art. 1, comma 17 della I. n. 228 del 2012, dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto
per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso il 27/3/2018

provvedimento è da adottare in ordine al regolamento delle spese.

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