Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18544 del 02/09/2014


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 18544 Anno 2014
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: PETITTI STEFANO

equa riparazione

SENTENZA

sentenza con motivazione
semplificata

sul ricorso proposto da:

RESTIVO Roberto, CANALE Calogero, FALZONE Sergio, CONTINO
Salvatore, GUAGENTI Michele, TUMM1NELLI Alfonso, PALERMO
Renato Antonio, DIFORTI Liborio Salvatore, RIGGI
Giuseppina,

AMODEO Rosario, SONNI’

Giancarlo, BONURA

Ernesto, MISURACA Vincenzo, rappresentati e difesi, per

procura speciale in calce al ricorso, dall’Avvocato Mario
Del Noce, domiciliati in Roma, Piazza Cavour, presso la
Cancelleria civile della Corte suprema di cassazione;
– ricorrenti contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del

Ministro

9.%

pro

tempore,

rappresentato

e

difeso

Data pubblicazione: 02/09/2014

dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici
in Roma, via dei Portoghesi n. 12, è domiciliato per
legge;

controricorrente

depositato in data 19 dicembre 2012.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 25 giugno 2014 dal Presidente relatore Dott.
Stefano Petitti;
sentito l’Avvocato Cecilia Puritano con delega.
Ritenuto che, con ricorso depositato in data 9 luglio
2010 presso la Corte d’appello di Caltanissetta, RESTIVO
Roberto, CANALE Calogero,

FALZONE Sergio, CONTINO

Salvatore, GUAGENTI Michele,

TUMMINELLI Alfonso, PALERMO

Renato Antonio, DIFORTI

Liborio Salvatore, RIGGI

Giuseppina, AMDDEO Rosario,

SONNI’ Giancarlo, BONURA

Ernesto, MISURACA Vincenzo, chiedevano la condanna del
Ministero dell’economia e delle finanze al pagamento del
danno non patrimoniale derivato dalla irragionevole durata
di un giudizio iniziato dinnanzi al TAR della Sicilia
Sezione di Caltanissetta, con ricorso depositato il 16
marzo 1999, e definito con sentenza depositata il 21
luglio 2009;
che l’adita Corte d’appello rilevava che il giudizio
presupposto avrebbe dovuto essere definito in un triennio,

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avverso il decreto della Corte d’appello di Caltanissetta

alla stregua dei parametri fissati dalla CEDU e dalla
giurisprudenza di legittimità;
che conseguentemente, la Corte d’appello riteneva
accertata una irragionevole durata del giudizio

e sei mesi; ritardo in relazione al quale liquidava un
indennizzo di euro 3.750,00, adottando il criterio di
500,00 euro per anno di ritardo, tenuto conto- del lungo
periodo nel quale non vi era stato alcun impulso
sollecitatorio, essendo l’istanza di prelievo stata
depositata solo nel gennaio 2008;
che per la cassazione di questo decreto RESTIVO
Roberto, CANALE Calogero, FALZONE Sergio, CONTINO
Salvatore, GUAGENTI Michele, TUMMINELLI Alfonso, PALERMO
Renato Antonio, DIPORTI Liborio Salvatore, RIGGI
Giuseppina, AMODEO Rosario, SONNI’ Giancarlo, BONURA
Ernesto e MISURACA Vincenzo, hanno proposto ricorso sulla
base di due motivi;
che

l’intimato

Ministero

ha

resistito

con

controricorso.
Considerato che il Collegio ha deliberato l’adozione
della motivazione semplificata nella redazione della
sentenza;
che con il primo motivo di ricorso i ricorrenti
denunciano violazione dell’art. 6, paragrafo l, della

presupposto, sino alla data della decisione, di. setteanni

CEDU, dell’art. 2 della legge n. 89 del 2001, degli artt.
1226 e 2056 cod. civ., e degli artt. 115 e 116 cod. proc.
civ., nonché vizio di motivazione con riferimento alla
liquidazione contenuta dalla

Corte

d’appello in euro

dagli ordinari criteri di liquidazione del danno

non

patrimoniale da irragionevole durata del processo;

che, in particolare, i ricorrenti sostengono che,

in

applicazione degli indicati criteri, la Corte d’appello
avrebbe dovuto riconoscere un indennizzo di 750,00 euro
per i primi tre anni di ritardo e di 1.000,00 euro per
ciascuno degli anni successivi;
che con il secondo motivo di ricorso, Diforti Liborio
Salvatore lamenta violazione e falsa applicazione degli
artt. 188 ss. cod. proc. civ. per omessa attività
istruttoria, nonché vizio di motivazione sul punto, per
avere la Corte d’appello dichiarato inammissibile il suo
ricorso ritenendo che egli non avesse assunto la qualità
di parte nel procedimento presupposto;
che la decisione poggia sulla non conformità dei dati
anagrafici del ricorso per equa riparazione, nel quale si
indica come data di nascita del ricorrente il 9 ottobre
1953, con quelli riportati nel ricorso del processo
presupposto, in cui la data indicata è il 19 ottobre 1953,

500,00 per anno di ritardo, con immotivato scostamento

circostanza che il ricorrente ritiene imputabile ad una
svista;
che il primo motivo di ricorso è infondato;
che, infatti, si deve rilevare che, se è vero che il

ai criteri di liquidazione elaborati dalla Corte Europea
dei diritti dell’uomo (seconda cui, data l’esigenza di
garantire che la liquidazione- sia satisfattiva di un danno
e non indebitamente lucrativa, la quantificazione del
danno non patrimoniale dev’essere, di regola, non
inferiore a euro 750,00 per ogni anno di ritardo, in
relazione ai primi tre anni eccedenti la durata
ragionevole, e non inferiore a euro 1.000,00 per quelli
successivi), permane tuttavia, in capo allo stesso
giudice, il potere di discostarsene, in misura
ragionevole, qualora, avuto riguardo alle peculiarità
della singola fattispecie, ravvisi elementi concreti di
positiva smentita di detti criteri, dai quali deve dar
conto in motivazione (Cass. 18617 del 2010; Cass. 17922
del 2010);
che, nella specie, la Corte d’appello ha motivato lo
scostamento dagli ordinari criteri di determinazione
dell’indennizzo, adottando quello di euro 500,00 per anno
di ritardo, facendo riferimento alla ritardata
presentazione dell’istanza di prelievo, quale indice di

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giudice nazionale deve, in linea di principio, uniformarsi

scarso interesse delle parti alla definizione del giudizio
presupposto;
che trattasi di motivazione adeguata, rispetto alla
quale le deduzioni dei ricorrenti non appaiono idonee ad

nei limiti in cui tale tipo di vizio è prospettabile ai
sensi del nuovo testo dell’art. 360, n. 5, cod. proc.
civ.;
che l’adita Corte d’appello invero, si è attenuta ai
criteri elaborati dalla Corte europea dei diritti
dell’uomo (decisioni

Volta et autres c.

Italia, del 16

marzo 2010 e Falco et autres c. Italia, del 6 aprile 2010)
e recepiti dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass., 18
giugno 2010, n. 14753; Cass., 10 febbraio 2011, n. 3271;
Cass., 13 aprile 2012, n. 5914), relativamente a giudizi
amministrativi protrattisi per oltre dieci anni, per i
quali questa Corte è solita liquidare un indennizzo che,
rapportato su base annua, corrisponde a circa 500,00 euro
per la durata del giudizio;
che tale approdo consente di escludere che un
indennizzo di 500,00 euro per ciascun anno di ritardo,
possa essere di per sé considerato irragionevole e quindi
lesivo dell’adeguato ristoro che la giurisprudenza della
Corte europea intende assicurare in relazione alla
violazione del termine di durata ragionevole del processo;

evidenziare vizi di violazione di legge o di motivazione,

che il secondo motivo di ricorso è invece fondato;
che, ai sensi dell’art. 738 cod. proc. civ.,
applicabile nella specie, trattandosi di procedimento
camerale, il giudice di merito avrebbe dovuto, nel dubbio

che, era stato parte del procedimento presupposto, disporre
l’acquisizione del certificato di nascita;
che, risultando ragionevolmente desumibile dagli atti
che l’errore in questione sia in realtà frutto di una
svista, la doglianza in questione può essere accolta, e,
non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la
causa può essere decisa nel merito in relazione a tale
punto, ai sensi dell’art. 384, secondo comma, cod. proc.
civ.;
che, pertanto, al ricorrente Diforti Liborio
Salvatore, in conformità alla durata ritenuta
irragionevole dal decreto impugnato, e in conformità a
quanto liquidato agli altri ricorrenti, deve essere
riconosciuto un indennizzo pari ad euro 3.750,00, al
pagamento del quale, oltre agli interessi legali dalla
domanda al soddisfo, il Ministero della giustizia deve
essere condannato;
che le spese del presente giudizio, in ragione del
limitato accoglimento del ricorso, possono essere
compensate per intero tra le parti.

sulla corrispondenza del soggetto ricorrente con quello

PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il primo motivo di ricorso;
il secondo;

accogale

cassa il decreto impugnato in relazione alla

Diforti Liborio Salvatore, della somma di euro 3.750,00,
oltre agli interessi legali dalla domanda al soddisfo;
compensa interamente le spese tra le parti.
Così deciso in Roma, nella camera di copsiglio della
VI – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione,

censura accolta e, decidendo nel merito, condanna il
iaetpe te,’1.044
ii*LL 5-63 1,./OP
Ministero (della giustizia] al pagamento, in favore di

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