Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18543 del 02/09/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. 6 Num. 18543 Anno 2014
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: PETITTI STEFANO

equa riparazione

SENTENZA
sentenza con motivazione
semplificata

sul ricorso proposto da:

COCO Maria Cristina, FASCIA Angela, LO GIUDICE Celestina,
SARDO Rosario, GALIOTO Elena, BALLETTA Concetta, NICOTRA
Antonino, SCALZA Aldo, TORRISI Salvatore, bRIGRI , Grazia,
MAZZE° Grazia e DI MARTINO Filippa, rappresentati e
difesi, per procura speciale a margine del ricorso,
dall’Avvocato Mario Del Noce, domiciliati in Roma, Piazza
Cavour, presso la Cancelleria civile della Corte suprema
di cassazione;
– ricorrente contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE ETNA/m, in persona del
Ministro

pro

tempore,

rappresentato

e

difeso

Data pubblicazione: 02/09/2014

dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici
in Roma, via dei Portoghesi n. 12, è domiciliato per
legge;
– controricorrente

depositato in data 18 dicembre 2012.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 25 giugno 2014 dal Presidente relatore Dott.
Stefano Petitti;
sentito l’Avvocato Cecilia Furitano con delega.
Ritenuto che, con ricorso depositato in data 9 luglio
2010 presso la Corte d’appello di Caltanissetta, COCO
Maria Cristina, FASCIA Angela, LO GIUDICE Celestina, SARDO
Rosario, GALIOTO Elena, BALLETTA Concetta, NICOTRA
Antonino,

SCALIA Aldo, TORRISI

Salvatore, MAGRI’ Grazia,

MAZZE° Grazia e DI MARTINO Filippa, chiedevano la condanna
del Ministero dell’economia e delle finanze al pagamento
del danno non patrimoniale derivato dalla irragionevole
durata di un giudizio iniziato dinnanzi al TAR della
Sicilia – Sezione di Caltanissetta, con ricorso depositato
il 24 dicembre 1999, e non ancora definito alla data di
presentazione della domanda;
che l’adita Corte d’appello rilevava che il giudizio
presupposto avrebbe dovuto essere definito in un triennio,

avverso il decreto della Corte d’appello di Caltanissetta

alla stregua dei

parametri fissati

dalla CEDU e dalla

giurisprudenza di legittimità;
che conseguentemente, la Corte d’appello riteneva
accertata una

irragionevole durata del giudizio

e sei mesi; ritardo in relazione al quale liquidava un
indennizzo di

euro 3.750,00, adottando il

criterio di

500,00 euro per anno di ritardo, tenuto conto dal modesto
interesse manifestato dai ricorrenti alla definizione
della causa, avendo essi depositato una sola istanza di

prelievo e solo nel luglio 2010;
che per la cessazione di questo decreto COCO Maria
Cristina, FASCIA Angela, LO GIUDICE Celestina, SARDO
Rosario, GALIOTO Elena, BALLETTA Concetta, NICOTRA
Antonino, SCALZA Aldo, TORRISI Salvatore, MAGRI’ Grazia,
MAZZE° Grazia e DI MARTINO Filippa, hanno prqposto ricorso
sulla base di due motivi;
che

l’intimato

Ministero

ha

resistito

con

controricorso.
Considerato che il Collegio ha deliberato l’adozione

della motivazione semplificata nella redazione della
sentenza;
che con il primo motivo di ricorso i ricorrenti
denunciano violazione dell’art. 6, paragrafo 1, della
CEDU, dell’art. 2 della legge n. 89 del 2001, degli artt.

3

presupposto, sino alla data della decisione, di sette anni

1226 e 2056 cod. civ., e degli artt. 115 e 116 cod. proc.
civ., nonché vizio di motivazione con riferimento alla
liquidazione contenuta dalla Corte d’appello in euro
500,00 per anno di ritardo, con immotivato scostamento

patrimoniale da irragionevole durata del processo;
che, in particolare, i ricorrenti sostengono che, in
applicazione degli indicati criteri, la Corte- d’appello
avrebbe dovuto riconoscere un indennizzo di 750,00 euro
per i primi tre

anni di ritardo e di 1.000,00 euro per

ciascuno degli anni successivi;
che con il secondo motivo di ricorso, Di Martino
Filippa lamenta violazione e falsa applicazione degli
artt. 188 e ss. cod. proc. civ., per omessa attività
istruttoria, nonché vizio di motivazione sul punto, per
avere, la Corte nissena, dichiarato inammissibile il suo
ricorso ritenendo che ella non avesse assunto la qualità
di parte nel procedimento presupposto;
che la decisione poggia sulla non conformità dei dati
anagrafici del ricorso per equa riparazione, nel quale si
indica come data di nascita della ricorrente il 23 aprile
1956, con quelli riportati nel ricorso del processo
presupposto, in cui l’anno indicato è il 22 aprile 1956,
circostanza che la ricorrente ritiene imputabile ad una
svista;

dagli ordinari criteri di liquidazione del danno non

che il primo motivo di ricorso è infondato;
che, infatti, si deve rilevare che, se è vero che il
giudice nazionale deve, in linea di principio, uniformarsi
ai criteri di liquidazione elaborati dalla Corte Europea

garantire che la liquidazione sia satisfattiva di un danno
e non indebitamente lucrativa, la quantificazione dal
danno non patrimoniale dev’essere, di_ regola, non
inferiore a euro 750,00 per ogni anno di ritardo, in
relazione ai primi tre anni eccedenti la durata
ragionevole, e non inferiore a euro 1.000,00 per quelli
successivi), permane tuttavia, in capo allo stesso
giudice, il potere di discostarsene, in misura
ragionevole, qualora, avuto riguardo alle peculiarità
della singola fattispecie, ravvisi elementi concreti di
positiva smentita di detti criteri, dei quali deve dar
conto in motivazione (Casa. n. 18617 del 2010; Cass. n.
17922 del 2010);
che, nella specie, la Corte d’appello ha motivato lo
scostamento dagli ordinari criteri di determinazione
dell’indennizzo, adottando quello di euro 50.0,00 per anno
di ritardo, facendo riferimento alla ritardata
presentazione dell’istanza di prelievo, quale indice di
scarso interesse delle parti alla definizione del giudizio
presupposto;

5

dei diritti dell’uomo (secondo cui, data l’esigenza di

che trattasi di motivazione adeguata, rispetto alla
quale le deduzioni dai ricorrenti non appaiono idonee ad
evidenziare vizi di violazione di legge o di motivazione,
nei limiti in cui tale tipo di vizio è prospettabile ai

civ.;
che l’adita Corte d’appello invero, si è. attenuta ai
criteri elaborati dalla Corte europea. dei diritti
dell’uomo

(decisioni Volta

et autres c.

marzo 2010 e Falco et autres c.

Italia, del 16

Italia, del 6 aprile 2010)

e recepiti dalla giurisprudenza di questa Corte (Case., 18
giugno 2010, n. 14753; Casa., 10 febbraio 2011, n. 3271;
Casa., 13 aprile 2012, n. 5914), relativamente a giudizi
amministrativi protrattisi per oltre dieci anni, per i
quali questa Corte è solita liquidare un indennizzo che,
rapportato su base annua, corrisponde a circa 500,00 euro
per la durata del giudizio;
che tale approdo consente di escludere che un
indennizzo di 500,00 euro per ciascun anno di ritardo,
possa essere di per sé considerato irragionevole e quindi
lesivo dell’adeguato ristoro che la giurisprudenza della
Corte europea intende assicurare in relazione alla
violazione del termine di durata ragionevole del processo;
che il secondo motivo di ricorso è invece fondato;

6

sensi del nuovo testo dell’art. 360, n. 5, cod. proc.

che, ai sensi dell’art. 738 cod. proc. civ.,
applicabile nella specie, trattandosi di procedimento
camerale, il giudice di merito avrebbe dovuto, nel dubbio
sulla corrispondenza del soggetto ricorrente con quello

certificato di nascita;
che, risultando ragonevolmente desumibile dagli atti
che l’errore in questione sia in realtà frutta di una
svista, la doglianza in questione può essere accolta, e,
non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la
causa può essere decisa nel merito in relazione a tale
punto, ai sensi dell’art. 384, secondo coma, cod. proc.
civ.;
che, pertanto, alla ricorrente Di Martino Filippa, in
conformità alla durata ‘ ritenuta irragionevole dal decreto
impugnato, e in conforMità a quanto liquidato agli altri
ricorrenti, deve essere, riconosciuto un indennizzo pari ad
euro 3.750,00, al pagamento del quale, oltre agli
interessi legali dalla domanda al soddisfo, il Ministero
della giustizia deve essere condannato;
che le spese del presente giudizio, in ragione del
limitato accoglimento del ricorso, possono essere
compensate per intero t..a le parti.
PE3t QUESTI MOTIVI

-7

procedimento presupposto, disporre l’acquisizione del

La Corte rigetta il primo motivo di ricorso;
il secondo;

accoglie

cassa il decreto impugnato in relazione alla

censura accolta e,

Uat, e,~r

decidendo

nel merito,

condanna

il

6-hGu.g

Mlnisterotdella giustizi:1’gal pagamento, in favore di Di

interessi legali dalla domanda al soddisfo; compensa
interamente le spese tra le parti.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della
VI – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione,

Martino Filippa, della somma di euro 3.750,00, oltre agli

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA