Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18541 del 21/09/2016

Cassazione civile sez. VI, 21/09/2016, (ud. 13/06/2016, dep. 21/09/2016), n.18541

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAGONESI Vittorio – Presidente –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

I.F., elettivamente domiciliato in Roma, via Pisciano 28,

presso lo studio dell’avv. Danilo Serrani (p.e.c.

daniloserrani(at)ordineavvocatiroma.org), che lo rappresenta e

difende unitamente all’avv. Andrea V. A. Speciale (fax n.

071/2070670;

andrevincenzo.speciale(at)pec-ordineavvocatiancona.it).per procura

speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

nei confronti di:

P.D., elettivamente domiciliata in Roma, via Kirchener 7,

presso lo stesso dell’Avv. Gianluca Fonsi, il quale dichiara di

voler ricevere le comunicazioni di cancelleria presso l’indirizzo

p.e.c. g.fonsi(at)pec.fgilex.it, rappresentato e difeso, giusta

procura speciale in calce al controricorso, dall’avv. Villeado Craia

che dichiara di voler ricevere le comunicazioni relative al processo

al fax n. 0734/216381 e alla p.e.c.

villeado.craia(at)ordineavvocatifermopec.it;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 882/13 della Corte di appello di Ancona,

emessa il 13 novembre 2013 e depositata il 27 novembre 2013, n. R.G.

660/2013;

Rilevato che in data 22 aprile 2016 è stata depositata relazione ex

art. 380 bis c.p.c., che qui si riporta.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Rilevato che:

1. Con sentenza del 24 gennaio 2013 il Tribunale di Ancona ha dichiarato la separazione giudiziale dei coniugi I.F. e P.D. respingendo la domanda di addebito proposta sia da I.F. che da P.D.. Il Tribunale ha disposto l’affido dei figli minori ai servizi sociali di Osimo con residenza presso la madre, cui ha assegnato la casa coniugale, e con regolamentazione dei tempi e dei modi di visita da parte del padre, ha imposto inoltre al padre l’obbligo di corrispondere un assegno a titolo di contributo al mantenimento dei figli minori di Euro 600,00 mensili.

2. La Corte d’appello di Ancona in parziale riforma della sentenza di primo grado ha imposto altresì a I.F. il versamento di un assegno mensile di 200 Euro in favore della P..

3. Avverso tale sentenza, I.F. ricorre per Cassazione affidandosi a quattro motivi di impugnazione:

a) Violazione e falsa applicazione dell’art. 151 c.c., comma 2: il ricorrente ritiene che la Corte d’appello avrebbe dovuto attribuire ai comportamenti della P., che avevano determinato l’impossibilità della frequentazione della sua famiglia di origine, un ruolo determinante nella crisi dell’unione coniugale e inoltre lamenta che la Corte di appello abbia omesso di valutare il fatto, documentato, della falsa denuncia sporta dalla P. di abusi sulla figlia minore da parte del padre, ai fini della decisione sulla domanda di addebito della separazione nonostante si trattasse di un fatto intervenuto successivamente la separazione.

b) Violazione e falsa applicazione dell’art. 356, in relazione all’art. 244, con riferimento alla mancata ammissione delle prove per testi ritualmente richieste.

c) Omissione dell’esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, con riferimento al giudizio negativo espresso dai servizi sociali sulla capacità genitoriale della signora P. che avrebbe dovuto comportare l’affido o quantomeno la collocazione dei figli presso di sè.

d) Violazione ed errata applicazione di legge con riferimento agli artt. 155 e 156 c.c. relativa alla determinazione dell’assegno di mantenimento.

7. Si difende P.D. con controricorso.

Ritenuto che:

8. Il ricorso è inammissibile. Esso si presenta come una contestazione delle valutazioni di merito effettuate dalla Corte di appello sulle cause della separazione, sulla rilevanza delle prove non ammesse, sull’opportunità di proseguire nell’affidamento dei figli ai servizi sociali per il tempo necessario al recupero delle capacità genitoriali di entrambi i genitori e di confermare la collocazione abitativa presso la P. e, infine, sull’entità dell’assegno di mantenimento imposto a favore della P. nonostante la mancata esibizione delle ultime dichiarazioni dei redditi e nonostante la conferma dell’ammontare del contributo mensile al mantenimento dei figli. Si tratta di contestazioni che attengono alle scelte valutative compiute dalla Corte di appello cui il ricorrente oppone, impropriamente, le proprie in sede di giudizio di legittimità.

9. In particolare quanto al primo motivo la Corte di appello ha individuato la crisi coniugale in una irriducibile incompatibilità caratteriale piuttosto che in un comportamento dell’uno o dell’altro coniuge violativo dei doveri derivanti dal matrimonio cui attribuire la sua crisi irreversibile. L’episodio, peraltro dai non chiari contorni, della denuncia alle educatrici del nido frequentato dalla figlia Lucia non può essere considerato come elemento determinante la fine dell’unione coniugale dato che è intervenuto dopo la separazione e non corrisponde alla realtà che la Corte di appello lo abbia, per questo motivo, ignorato dato che esso chiaramente viene ricollegato nella motivazione alla accesa conflittualità esistente fra i coniugi e all’atteggiamento impulsivo e allarmato della P..

10. La prova testimoniale non è stata ammessa in primo grado, fondatamente secondo la Corte distrettuale, perchè vertente su circostanze non idonee ad attestare una volontaria e consapevole violazione dei doveri coniugali.

11. L’affidamento ai servizi sociali e la residenza dei minori presso la madre sono stati ritenuti, allo stato, dalla Corte di appello la soluzione più confacente per i minori in vista del recupero delle capacità genitoriali, sia della P. che dello rocca, in un contesto di monitoraggio e sostegno da parte dei servizi sociali cui è stato confermato il compito della interlocuzione con l’autorità giudiziaria ai fini della possibile modifica dei provvedimenti riguardanti i minori. La Corte di appello ha valutato le risultanze probatorie sulla capacità genitoriale e sulla soluzione in tema di affidamento e collocazione dei figli ritenuta dal CTU e dai servizi sociali maggiormente corrispondente al loro interesse. E ha ritenuto che rispetto al parere espresso dai servizi sociali circa l’inopportunità del trasferimento dei minori presso il padre non fossero intervenuti elementi di novità sufficienti ad esprimere un giudizio di modifica della decisione adottata dal Tribunale di Ancona. Una valutazione questa prettamente di merito che il ricorrente contesta facendo riferimento all’omessa menzione in motivazione della relazione del 25 maggio 2012 dei servizi laddove si esprimono serie perplessità sullo stile di cure proposto dalla madre ai figli. Si tratta però di una contestazione che è sfornita del carattere dell’autosufficienza in quanto riporta una frazione del materiale acquisito nel corso dell’istruttoria omettendo qualsiasi riferimento alla CTU e alle concrete proposte dei servizi successive al primo parere che aveva determinato le disposizioni adottate dal Tribunale confermate dalla Corte di appello.

12. Infine è privo di fondamento affermare che l’imposizione di un assegno di mantenimento a favore della P. avrebbe dovuto comportare necessariamente la riduzione di quello destinato ai figli come se tale obbligo statuito in primo grado esaurisse necessariamente le capacità contributive del ricorrente. Le censure mosse alla quantificazione dell’assegno in favore della P. appaiono prive di autosufficienza e non consentono di individuare alcuna violazione delle norme invocate dal ricorrente.

13. Sussistono pertanto i presupposti per la trattazione della controversia in camera di consiglio e, se l’impostazione della presente relazione verrà condivisa dal Collegio, per la dichiarazione di inammissibilità o il rigetto del ricorso.

La Corte, lette la memorie difensive delle parti che ribadiscono le difese già svolte nel ricorso e controricorso, ritenuta pienamente condivisibile la relazione sopra riportata concorda nella proposta decisione di rigetto con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione liquidate in complessivi 3.100 Euro, di cui 100 per spese. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 13 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 21 settembre 2016

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