Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18540 del 21/09/2016


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Cassazione civile sez. VI, 21/09/2016, (ud. 13/06/2016, dep. 21/09/2016), n.18540

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAGONESI Vittorio – Presidente –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

C.M.F.P. elettivamente domiciliato in Roma, piazza

Prati degli Strozzi 30, presso lo studio degli avvocati Francesco

Molfese (francesco.molcese(at)milano.pecavvocati.it) e Diego Molfese

(diego.molcese(at)milano.pecavvocati.it), dai quali è rappresentato

e difeso per procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

nei confronti di:

Ministero dell’Interno, elettivamente domiciliato in Roma, via,

presso lo studio dell’avv., rappresentato e difeso dall’avv., giusta

procura speciale a margine del controricorso che dichiara di voler

ricevere le comunicazioni relative al processo al fax n. e alla

p.e.c.;

– controricorrente –

avverso la ordinanza del Giudice di pace di Milano, emessa il 23

ottobre 2015 e depositata il 27 ottobre 2015, n. R.G. 43878/2015.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Rilevato che:

1. Il signor C.M.F.P. entrava in Italia per la prima volta il 22 giugno 2013 proveniente dalla Spagna che gli aveva rilasciato un regolare visto per motivi di studio valido 180 giorni, dal 22 gennaio 2013 al 31 luglio 2013. A seguito di un breve soggiorno in Italia, tornava in Spagna prima della scadenza del visto per poter proseguire i suoi studi. Ritornava quindi una seconda volta in Italia nel 2015 privo di un visto di ingresso valido ai fini del soggiorno. Il Prefetto di Milano emetteva pertanto decreto di espulsione n. 15 maggio 2015 con accompagnamento alla frontiera.

2 Il Giudice di Pace di Milano, con provvedimento depositato il 27 ottobre 2015, ha respinto l’impugnazione proposta dal signor C.M.F.P. contro il provvedimento di espulsione con accompagnamento alla frontiera. Il Giudice di Pace ha ritenuto che il provvedimento impugnato è stato emesso legittimamente in quanto il cittadino cubano è entrato in Italia privo di un visto di ingresso valido ai fini del soggiorno e quanto alla impossibilità di applicare la disciplina della direttiva 2008/115/CE per il rimpatrio volontario mediante concessione di un termine per la partenza volontaria, ha rilevato che il C.M. non ha consegnato alcuna certificazione idonea a dare prova dell’effettiva disponibilità di un alloggio stabile dove poter essere agevolmente rintracciato e ha dichiarato di non voler far rientro nel suo Paese di origine.

3. C.M.F.P. ricorre per Cassazione e con un primo articolato motivo deduce:

a) violazione dell’art. 360 c.c., comma 1, n. 3, per errata applicazione di norme di legge in relazione alla normativa Europea (direttiva 115/2008/CE). Il ricorrente ritiene che il Giudice di Pace abbia errato nel ritenere inesistenti i presupposti per il rimpatrio volontario come previsto dalla direttiva comunitaria. Sostiene infatti di aver dichiarato il proprio domicilio in (OMISSIS) presso la moglie, di non poter più rientrare a Cuba in quanto ritenuto “emigrante” e di godere di adeguate garanzie economiche in quanto sua moglie, la Sig.ra G.M.V.N., è assunta regolarmente ed è in grado di mantenere se stessa e il marito.

b) violazione dell’art. 360, comma 1, n. 3, per errata valutazione delle normative Europee in tema di libera circolazione nell’aera Schengen: il ricorrente ritiene che il Giudice non abbia correttamente applicato la normativa Europea in tema di libera circolazione nell’area Schengen. Il signor C.M. infatti, nel momento in cui si è recato la prima volta in Italia il 22 giugno 2013, è arrivato nell’aeroporto di Orio al Serio in possesso di un regolare passaporto e di un valido visto e permesso della durata di 180 giorni per motivi di studio con cui gli è stato permesso di entrare in Spagna e di soggiornare in un altro paese aderente al trattato di Schengen.

c) Violazione dell’art. 360, comma 1, n. 3, per la mancata traduzione del provvedimento di espulsione in una lingua conosciuta dal ricorrente. Il ricorrente sostiene che, a causa della mancanza di reperibilità di un’interprete, non è stato possibile tradurre il decreto di espulsione nella lingua da lui comprensibile, ovvero lo spagnolo.

d) Violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sulla nullità del decreto di espulsione per omessa sottoscrizione da parte del Prefetto. il ricorrente rileva che, in violazione di quanto disposto in materia dal decreto del Ministero dell’Interno del 31 dicembre 2001, il provvedimento di espulsione risulta essere stato sottoscritto dal Vice Prefetto vicario e non dal Prefetto e pertanto deve essere ritenuto inesistente.

4. Con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione dell’art. 360 co. 1 n. 5 per violazione nella redazione del provvedimento di espulsione dello straniero in quanto privo dei requisiti prescritti dalla legge e omessa motivazione del giudice su tale punto già sollevato dal ricorrente in primo grado.

Ritenuto che:

5. In primo luogo va rilevato, come nel giudizio di opposizione al provvedimento prefettizio di espulsione dello straniero, spetta al Prefetto, quale autorità che ha emesso il provvedimento impugnato, la legittimazione esclusiva, personale e permanente a contraddire in giudizio anche in fase di legittimità (Cass. Civ. sez. ord. n. 16718 del 30 luglio 2015 e Cass. Civ. sez. 1^ n. 825 del 19 gennaio 2010).

6. Quanto al primo motivo di ricorso va comunque rilevata la sua infondatezza sotto tutti i profili dedotti.

7. Il provvedimento di espulsione appare motivato sulla base del reingresso irregolare del ricorrente in Italia e, in tema di immigrazione e di condizione giuridica dello straniero, la ricorrenza dell’ipotesi di trattenimento illegale nel territorio dello Stato, di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2, lett. b), comporta l’emissione del decreto di espulsione con carattere di automaticità con esclusione di qualsivoglia potere discrezionale del Prefetto al riguardo (Cass. Civ. sez. 6^-1 ord. n. 15185 dell’11 settembre 2012). Il provvedimento espulsivo del Prefetto è sindacabile è sindacabile solo ove gli accertamenti di fatto su cui è fondato siano erronei o mancanti, o il cittadino straniero non abbia potuto esercitare la propria opzione in ordine alla richiesta di rimpatrio mediante partenza volontaria (Cass. Civ., sez. 6^-1, ord. n. 1809 del 28 gennaio 2014). Il ricorrente non indica come e quando abbia fatto valere nel giudizio di merito l’esistenza di legami familiari in Italia. Per altro verso va rilevato come non può essere dichiarata l’illegittimità del provvedimento di espulsione amministrativa nei confronti del cittadino straniero solo perchè esso non contenga un termine per la partenza volontaria, così come previsto dalla direttiva 115/2008/CE, in quanto tale mancanza può incidere sulla misura coercitiva adottata per eseguire l’espulsione, ma non sulla validità del provvedimento espulsivo (Cass. Civ. sez. 6^-1 ord. n. 15185 dell’11 settembre 2012). Peraltro, anche ai fini della validità della misura esecutiva, il Giudice di pace ha affermato che è stata riscontrata l’assenza di documentazione circa l’effettiva disponibilità di un alloggio presso il quale poter essere agevolmente rintracciato, e la volontà dichiarata dal C.M. di rimanere in Italia e di non rientrare nel paese di origine e di provenienza. Condizioni ritenute legittimamente ostative al rimpatrio volontario del ricorrente. Va infine rilevato come non sia stata data esecuzione all’espulsione mediante accompagnamento coattivo alla frontiera per indisponibilità immediata “di un idoneo vettore o altro mezzo di trasporto” e ciò rende ulteriormente priva di interesse l’impugnazione del provvedimento prefettizio nella parte in cui non applica la misura della partenza volontaria.

8. Il secondo profilo del primo motivo di ricorso è anch’esso infondato. L’applicazione della disciplina Schengen non è discussione quanto al primo ingresso in Italia avvenuto nel 2013 ma quanto al successivo rientro in Italia nel 2015 quando ormai il visto di 180 giorni per motivi di studio, di cui il C.M. era in possesso al momento del suo ingresso in Italia nel 2013, era ampiamente scaduto.

9. Il terzo profilo del primo motivo di ricorso è infondato. La redazione del decreto di espulsione in lingua italiana è dipesa dalla dichiarazione resa dal C.M. nel foglio notizie sottoscritto presso l’Ufficio immigrazione al momento della sua identificazione di comprendere e parlare la lingua italiana.

10. E’ infine infondato anche il quarto profilo del primo motivo di ricorso. E infatti legittimo il decreto di espulsione dello straniero dal territorio dello Stato, ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2, lett. b), che sia stato emesso e sottoscritto dal vice prefetto vicario, anzichè dal prefetto, a nulla rilevando la mancanza dell’espressa menzione delle ragioni di assenza o impedimento del prefetto, in quanto questi può, di diritto, essere sostituito dal vicario in tutte le sue funzioni ed attribuzioni (Caso. Civ. sez. 6^-1, ord. n. 2664 del 22 febbraio 2012, Cass. Civ. sez. 1^, n. 20686 del 26 ottobre 2005, n. 2085 del 2 febbraio 2005 e n. 9094 del 6 giugno 2003).

11. Il secondo motivo di ricorso è infondato. In tema di espulsione dello straniero, ai sensi del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 13, comma 5, come modificato dalla L. 2 agosto 2011, n. 129, mentre spetta al Prefetto, valutato il singolo caso, stabilire se sussistono le condizioni per concedere, con il provvedimento di espulsione, il termine per la partenza volontaria, rientra nella competenza del Questore indicare, in tale evenienza, le condizioni per la permanenza “medio tempore” dello straniero nel territorio nazionale, ovvero, qualora venga disposta l’espulsione immediata, decidere se provvedere all’accompagnamento coattivo immediato, al trattenimento presso il C.I.E. o all’intimazione D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 14, comma 5 bis. Ne consegue che non vi è contraddittorietà di provvedimenti tra il diniego di concessione di partenza volontaria e la mancata adozione di misure di controllo, che restano applicabili, alternativamente o cumulativamente, dal Questore solo nell’ipotesi in cui sia stata accolta dal Prefetto la richiesta di rimpatrio volontario (Cass. Civ., sez. 6^-1, ord. n. 1809 del 28 gennaio 2014).

12. Il ricorso va pertanto respinto senza alcuna statuizione sulle spese del giudizio di cassazione.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Nulla sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 13 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 21 settembre 2016

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