Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1854 del 29/01/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 1854 Anno 2014
Presidente: ADAMO MARIO
Relatore: CIRILLO ETTORE

SENTENZA

sul ricorso 10252-2007 proposto da:
RAGNO FRANCO, elettivamente domiciliato in ROMA VIA
CLITUNNO 51, presso lo studio dell’avvocato MARTIRE
ANDREA, rappresentato e difeso dall’avvocato
IACOBELLI GIOVANNI giusta delega a margine;
– ricorrente 2013
3306

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente

Data pubblicazione: 29/01/2014

avverso

la

sentenza

n.

9/2006

della

COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di SALERNO, depositata il
01/02/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 26/11/2013 dal Consigliere Dott. ETTORE
CIRILLO;
udito per il controricorrente l’Avvocato GIACOBBE che
ha chiesto l’inammissibilità e il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PAOLA MASTROBERARDINO che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

o

RITENUTO IN FATTO
1. Per l’anno d’imposta 1999 l’Agenzia delle entrate emetteva, riguardo
al Circolo LA SCHEDINA, avviso di accertamento per imposte dirette ed
i.v.a. ed irrogava le corrispondenti sanzioni per le violazioni commesse
(dichiarazione infedele; omessa tenuta di scritture; omessa, infedele
tardiva registrazione).
L’atto impositivo era notificato, quale legale rappresentante

Egli proponeva impugnazione assumendo di non essere stato né legale
rappresentante del Circolo, né firmatario della dichiarazione dei redditi,
e di essere stato erroneamente coinvolto nella vicenda perché la
variazione IVA, fatta a suo nome sulla posizione fiscale del Circolo allo
scopo di sostituire il vecchio presidente (Giuseppe Tartarone), era
illegittima perché non autorizzata dai soci.

2. L’impugnazione del RAGNO era accolta dalla Commissione tributaria
provinciale di Avellino con sentenza riformata in appello dalla sezione di
Salerno della Commissione tributaria regionale della Campania in
adesione alle tesi svolte dal FISCO, cioè: a) variazione della posizione
fiscale IVA effettuata a nome del RAGNO sulla scorta di quanto da lui
stesso denunciato indipendentemente dall’autorizzazione dei soci del
Circolo; b) mancata vidimazione del libro delle assemblee sociali; c)
imputazione fiscale per il periodo di legale rappresentanza in capo al
RAGNO con obbligo di dichiarazione e di regolare tenuta delle scritture
contabili.

3. Ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi contenenti
plurime censure, Franco RAGNO; il FISCO resiste con controricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Con il primo motivo, il ricorrente denuncia «nullità del provvedimento
impugnato per manifesta violazione di legge e dell’art.38 del codice
civile». Nel censurare la sentenza d’appello sostiene «l’abnormità di tale
decisione in quanto il secondo giudice non ha tenuto conto che il RAGNO
non aveva l’obbligo di presentare alcuna dichiarazione, in quanto
erroneamente titolare di partita IVA per soli 3 mesi nell’anno 1999».

1

dell’associazione, a Franco RAGNO.

A riprova del suo assunto difensivo, il ricorrente adduce il fatto che «la
dichiarazione dei redditi non è stata sottoscritta dal RAGNO ma da
TARTARONE GIUSEPPE, presidente e legale rappresentante del Circolo».

5.

Con il secondo motivo, il ricorrente denuncia «nullità del

provvedimento impugnato per assoluta mancanza di motivazione».
Sostiene, in proposito, che «merita sicura censura di nullità il
provvedimento emesso dalla commissione tributaria regionale sulla base

conseguente condanna del RAGNO Franco al pagamento di sanzioni non
dovute», essendo invece «l’irregolarità e l’illegittimità dell’avviso di
accertamento relativo ad un periodo in cui RAGNO Franco non aveva
alcun incarico, ruolo o posizione di responsabilità che lo onerasse della
presentazione della dichiarazione dei redditi, anche volendo considerare
il periodo brevissimo di intestazione della partita IVA a carico del
ricorrente».
Perciò, a suo dire, «non è dato comprendere da quali elementi sia
evincibile che il RAGNO è stato legale rappresentante del Circolo e/o
responsabile della tenuta delle scritture contabili».
Sotto altro profilo, egli ritiene che sia carente e «parimenti censurabile
la decisione della commissione tributaria regionale in ordine
all’attribuzione al RAGNO Franco dell’intero avviso di accertamento
senza alcuna distinzione tra la sua posizione e quella dei responsabili del
Circolo».

6. Il ricorso è inammissibile.
In primo luogo esso difetta di autosufficienza. Com’è noto, l’atto
introduttivo del giudizio di cassazione deve essere esaustivo, nel senso
che deve essere compilato in modo tale da consentire alla Corte, in virtù
del solo esame del ricorso, «la cognizione piena degli elementi
sostanziali cui si riferisce la censura».
In sostanza, il principio dell’autosufficienza vuole che il ricorso, in sede
di legittimità, rappresenti le questioni con la tecnica del cd. flash-back
processuale, mentre il momento della verifica degli atti viene soltanto
dopo la esposizione autosufficiente, altrimenti eludendosi e snaturandosi
la tecnica della riproposizione in chiave retrospettiva di una questione
già affrontata (Sez.5, n.15180/2010).

2

di brevi assunti necessariamente orientati all’accoglimento dell’appello e

Ciò si correla con la prescrizione contenuta nell’art. 366 cod. proc. civ.,
secondo la quale il ricorso per cassazione deve contenere, a pena
d’inammissibilità, l’esposizione sommaria dei fatti di causa, ed essa non
può ritenersi osservata quando il ricorrente, come nella specie, si
;
RE
limitandosi a prospetta le proprie censure senza riportare i passi salienti
sia del contestato avviso di accertamento (Sez.5, n.12786/06 e
n.13007/07), sia degli elementi documentali addotti a discarico
(variazione IVA, dichiarazioni fiscali, delibere assembleari) ed

Così operando, non si pone il giudice di legittimità – il quale non può
desumere aliunde, neppure dalla stessa sentenza impugnata o dal
controricorso, gli elementi di giudizio necessari alla decisione che non
risultino dal ricorso – in condizione di svolgere il suo compito
istituzionale e dandosi luogo all’inammissibilità radicale del mezzo

ex

art. 366 cod. proc. civ. (Sez.2, n.16132/05).

7. Inoltre, con specifico riferimento al secondo motivo, può parlarsi di
nullità della sentenza unicamente quando il giudice non indichi affatto le
ragioni del proprio convincimento rinviando, genericamente e

per

relationem, al quadro probatorio acquisito, senza alcuna esplicitazione al
riguardo, né alcuna disamina logico-giuridica che lasci trasparire il
percorso argomentativo seguito (Sez. 5, n. 12664/12).
L’intelligibilità del percorso argomentativo costituisce, da oltre un
ventennio, il fulcro anche della giurisprudenza di legittimità sulla
motivazione mancante o apparente, secondo cui l’inosservanza del
giudice civile all’obbligo della motivazione integra violazione della legge
regolatrice del processo (come tale denunciabile in cassazione), quando
si traduca in mancanza della motivazione stessa (con conseguente
nullità della pronuncia per difetto di un requisito di forma
indispensabile), la quale si verifica nei casi di radicale carenza di essa,
ovvero del suo estrinsecarsi in argomentazioni non idonee a rivelare la
ratio decidendi (cosiddetta motivazione apparente), o fra di loro
logicamente inconciliabili, o comunque perplesse od obiettivamente
incomprensibili [Sez. U, n. 5888/19921.
Il che non accade nella specie, atteso che la sentenza impugnata,
riformando quella di primo grado, riassume il contenuto dell’avviso di
accertamento e delle difese erariali prestandovi adesione, in opposizione

3

asseritamente trascurati dal giudice d’appello.

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al contenuto, pure riassunto, delle tesi del contribuente, delle quali
disconosce la fondatezza.
Si aggiunga che la conformità della sentenza al modello legale non
richiede neppure l’esplicita confutazione delle tesi non accolte o la
particolareggiata disamina degli elementi di giudizio posti a base della
decisione o di quelli non ritenuti significativi, essendo sufficiente, al fine
di soddisfare l’esigenza di un’adeguata motivazione, che il raggiunto
convincimento risulti da un riferimento logico e coerente a quelle, tra le

complesso, che siano state ritenute di per sé sole idonee e sufficienti a
giustificarlo, in modo da evidenziare l’iter seguito per pervenire alle
assunte conclusioni, disattendendo anche per implicito quelle
logicamente incompatibili con la decisione adottata. (Sez.2, n.8294/11).

9. Dall’inammissibilità del ricorso nella sua interezza deriva anche la
condanna della parte ricorrente alle spese del giudizio di legittimità,
liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alle
spese del giudizio di legittimità liquidate in C 1.300 per compensi oltre
alle spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il 26 novembre 2013.

prospettazioni delle parti e le emergenze istruttorie vagliate nel loro

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