Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1854 del 28/01/2010

Cassazione civile sez. trib., 28/01/2010, (ud. 14/12/2009, dep. 28/01/2010), n.1854

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PAPA Enrico – Presidente –

Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio – Consigliere –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. MARIGLIANO Eugenia – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – rel. est. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

S.A., residente in (OMISSIS), rappresentato e difeso per

procura a margine del ricorso dall’Avvocato Procaccino Ernesto,

elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avvocato Stefania

Iasonna, in Roma, via Riccardo Grazioli Lante n. 76;

– ricorrente –

contro

Comune di Napoli, in persona del sindaco, rappresentato e difeso

dall’Avvocato Barone Edoardo, elettivamente domiciliato presso lo

studio dell’Avvocato Enrico D’Annibale in Roma Via F. Catalani n. 26;

– controricorrente –

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’Avv. S.S. propose ricorso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Napoli per l’annullamento dell’avviso di pagamento della tarsu relativa agli anni 1995 e 1996 emesso dalla società Serit, concessionaria dei servizio di riscossione dei tributi per il Comune di Napoli, deducendo l’illegittimità del fatto impugnato per non essere stato preceduto dalla notifica nè dell’avviso di accertamento ne dalla cartella esattoriale.

Il Comune di Napoli, costituitosi in giudizio, replicò che l’avviso era stato emesso sulla base dei dati di cui alla denunzia del contribuente e che l’omissione della cartella non era causa di invalidità dello stesso.

Il giudice di primo grado accolse il ricorso ma, in sede di gravame, la Commissione tributaria regionale della Campania, con sentenza n. n. 355/20/03 del 17.6.2003 lo respinse, osservando che, essendo stato l’avviso emesso a seguito di regolare iscrizione a ruolo del tributo sulla base delle dichiarazioni della parte, non vi era alcun obbligo di preventiva notifica nè dell’avviso di accertamento nè della cartella di pagamento.

Per la cassazione di questa decisione, con atto notificato 16.9.2004 ricorre, sulla base di sei motivi, S.S..

Resiste con controricorso il Comune di Napoli.

Parte ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il primo motivo di ricorso denunzia violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4 ed omessa motivazione, lamentando che il giudice a qua non abbia esaminato nè pronunciato sull’eccezione preliminare sollevata dal contribuente nel proprio atto di costituzione in appello in ordine alla inammissibilità del gravame avanzato dal Comune, atteso che, vertendo il motivo di ricorso sulla illegittimità dell’avviso in quanto non preceduto dalla cartella di pagamento ed essendo la competenza ad adottare quest’ultima del solo concessionario del servizio, correttamente evocato in primo grado, il Comune non aveva la legittimazione attiva ad impugnare il relativo capo della decisione.

Il motivo è infondato.

Dalla mera lettura della sentenza impugnata risulta che il giudice di appello, pur non esaminando l’eccezione preliminare di rito sollevata dai contribuente appellato, ha tuttavia deciso nel merito la lite, esaminando le questioni di merito sollevate con il ricorso e perciò stesso, adottato una pronuncia incompatibile con ritenuta fondatezza dell’eccezione. L’eccezione di inammissibilità dell’appello proposta dall’attuale ricorrente deve intendersi, pertanto, implicitamente rigettata. Ne consegue che non sussiste, nel caso di specie, alcuna violazione del principio posto dall’art. 112 cod. proc. civ. costituendo orientamento costante di questa Corte l’affermazione secondo cui il vizio di omessa pronuncia non è riscontrabile laddove, nonostante la mancata decisione su un punto specifico, la decisione adottata comporti una statuizione implicita di rigetto sul medesimo (Cass. n. 5351 del 2007; Cass. n. 16788 del 2006).

Il secondo motivo di ricorso denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 181 e segg. e 100 c.p.c., art. 105 c.p.c., comma 2, artt. 329 e 339 e segg. cod. proc. civ., censurando la sentenza impugnata per non avere rilevato l’inammissibilità dell’appello proposto dal Comune, in ragione del fatto che, come esposto nel precedente motivo, i vizi denunziati dal contribuente riguardavano gli atti esecutivi di riscossione del tributo propri del concessionario, li motivo è infondato.

Il Collegio ritiene invero di dover confermare, ritenendolo giuridicamente ineccepibile e stante anche la mancanza di argomentazioni contrarie, l’orientamento già espresso dalle Sezioni unite di questa Corte con sentenza n. 16412 del 2007, secondo cui nel caso il cui il contribuente impugni l’avviso di pagamento deducendo che esso non è stato preceduto dalla notifica della cartella esattoriale, spetta all’ente titolare del tributo la legittimazione passiva a contraddire al ricorso. Ciò in quanto il vizio così denunziato si risolve in un “vizio procedurale” che incidendo sulla sequenza procedimentale stabilita dalla legge a garanzia del contribuente, determina l’illegittimità dell’intero processo di formazione della pretesa tributaria, la cui correttezza è assicurata mediante il rispetto dell’ordinato progredire delle notificazioni degli atti, destinati, con diversa e specifica funzione, a portare quella pretesa nella sfera di conoscenza del contribuente e a rendere possibile per quest’ultimo un efficace esercizio del diritto di difesa. Si tratta, quindi, pur sempre di un vizio che ridonda sulla stessa sussistenza della pretesa tributaria, potendone determinare la eventuale decadenza. Sicchè la legittimazione passiva resta in capo all’ente titolare del diritto di credito e non al concessionario, tenuto altresì conto che questi, come è stato pure già rilevato da questa Corte, è un (mero) destinatario del pagamento (Cass. n. 11746 del 2004) o, più precisamente, con riferimento allo schema dell’art. 1188 cod. civ., comma 1, il soggetto (incaricato dal creditore e) autorizzato dalla legge a ricevere il pagamento (Cass. n. 21222 del 2006).

Il terzo motivo di ricorso denunzia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 636 del 1972, artt. 15 e 30, e art. 75 cod. proc. civ., assumendo che la Commissione tributaria regionale avrebbe comunque dovuto dichiarare inammissibile l’appello avanzato dal Comune in mancanza del rilascio al sindaco di apposita autorizzazione ad impugnare da parte della Giunta o del Consiglio.

Il mezzo è infondato.

Ai sensi del testo unico sulle autonomie locali, approvato con D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, la rappresentanza in giudizio del Comune spetta al sindaco, il quale rappresenta l’ente (art. 50, comma 2) e trac la propria investitura direttamente dal corpo elettorale, salva restando la possibilità per io statuto comunale – competente a stabilire i modi di esercizio della rappresentanza legale dell’ente, anche in giudizio (art. 6, comma 2) – di prevedere l’autorizzazione della giunta (Cass. S.U. n. 12868 del 2005; Cass. n. 11516 del 2007;

Cass. n. 21330 del 2006). Per quanto concerne i caso di specie non risulta, nè il ricorso deduce alcunchè al riguardo, che lo statuto del Comune di Napoli sottoponga le facoltà del sindaco di agire e resistere in giudizio in nome e per conto del Comune ad autorizzazione della giunta municipale.

Il quarto motivo di ricorso denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 331 cod. proc. civ., deducendo la nullità della sentenza per avere la Commissione regionale pronunciato senza la partecipazione in giudizio della società concessionaria, che pure era stata evocata dal ricorrente nel giudizio di primo grado.

Anche questo motivo è infondato.

Si è già osservato, in sede di esame del secondo motivo, che nel sistema di riscossione dei tributi la concessionaria del relativo servizio per conto dell’ente impositore non può considerarsi parte necessaria del giudizio in cui il contribuente impugna la cartella esattoriale, atteso che, investendo anche il questo caso la contestazione la sussistenza della pretesa tributaria. la legittimazione passiva spetta all’ente titolare del diritto al pagamento del tributo. La mancata evocazione nel giudizio di appello della società concessionaria non ha pertanto dato luogo a quella situazione di inscindibilità di cause prevista dall’art. 331 cod. proc. civ. ed a fronte della quale la mancata integrazione del contraddittorio costituisce causa di nullità del giudizio.

Il quinto motivo di ricorso denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ.. tonsurando la sentenza impugnata per avere, nel dispositivo, dichiarato legittimo l’accertamento del Comune, laddove con il ricorso introduttivo il contribuente aveva impugnato t’avviso di mora.

Il motivo è infondato.

La lettura della sentenza va invero compiuta secondo un criterio di unità tra le sue parti, mediante un collegamento funzionale tra esposizione del fatto e motivazione e tra quest’ultima e dispositivo.

In particolare, in tema di interpretazione della sentenza, del tutto pacifico può ritenersi il principio secondo cui il suo esatto significato in termini di statuizione e quindi di comando del giudice va individuato non alla stregua del solo dispositivo, bensì integrando questo con la motivazione nella parte in cui la medesima rivela l’effettiva volontà del giudicante (Cass. n. 15585 del 2007:

Cass. n. 9244 del 2007). Nel caso di specie una lettura complessiva del provvedimento non lascia dubbio sul fatto che l’atto impugnato fosse l’avviso di pagamento e non l’avviso di accertamento, che nella specie pacificamente non è stato nemmeno emesso. Ne deriva che la formula adottata nel dispositivo, laddove in particolare la Commissione regionale dichiara di accogliere l’appello del Comune e di ritenere legittimo l’accertamento dallo stesso effettuato, non contiene nulla di più di un mero errore espressivo, facilmente emendabile mediante la precisazione più volle contenuta nel provvedimento che identifica l’atto impugnato nell’avviso di mora, li vizio di extrapetizione pertanto non sussiste, trattandosi di improprietà espressiva facilmente emendabile, di per sè non in grado di portare ad attribuire alla relativa statuizione un oggetto, quale l’avviso di accertamento, diverso ed estraneo a quello dedotto in giudizio.

Il sesto motivo di ricorso, infine, denunzia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 72, e D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25 censurando la sentenza impugnata per avere ritenuto legittimo l’avviso di mora pur in mancanza dell’adozione e della notificazione della cartella di pagamento, ritenendo in sostanza ad essa equipollente l’iscrizione a ruolo.

Il motivo è manifestamente fondato.

la questione della legittimità dell’avviso di mora non preceduto dalla notificazione al contribuente della cartella esattoriale, che pure aveva dato luogo ad un contrasto tra diversi orientamenti della giurisprudenza, risulta infatti definitivamente risolta da questa Corte con la sentenza a Sezioni Unite n. 16412 del 2007 a cui questo Collegio ritiene di dover aderire in mancanza di deduzione o argomentazione contraria – secondo cui nella disciplina della riscossione delle imposte vigente in epoca anteriore alla riforma introdotta dal D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, la cartella di pagamento svolge la funzione di portare a conoscenza dell’interessato la pretesa tributaria iscritta nei ruoli, entro un termine stabilito a pena di decadenza della pretesa tributaria, ed ha un contenuto necessariamente più ampio dell’avviso di mora, la cui notifica è prevista soltanto per il caso in cui il contribuente, reso edotto dell’imposta dovuta, non ne abbia eseguito spontaneamente il pagamento nei termini indicati dalla legge, con l’effetto che la mancata notificazione della cartella di pagamento comporta un vizio della sequenza procedimentale dettata dalla legge, la cui rilevanza non è esclusa dalla possibilità, riconosciuta al contribuente dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19, comma 3, di esercitare il proprio diritto di difesa a seguito della notificazione dell’avviso di mora, e che consente dunque al contribuente di impugnare quest’ultimo atto.

deducendone la nullità per omessa notifica dell’atto presupposto.

Il ricorso va pertanto accolto e la sentenza impugnata va cassata:

sussistendone le condizioni, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, essendo pacifico che nel caso di specie l’avviso di mora non è stato preceduto dalla cartella di pagamento, la causa può essere decisa nel merito mediante l’accoglimento del ricorso introduttivo del contribuente.

le alterne vicende del giudizio e la considerazione che l’orientamento giurisprudenziale applicato si è consolidato soltanto in epoca successiva alla proposizione del ricorso integrano giusti motivi per compensare le spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il sesto motivo di ricorso e rigetta gli altri; cassa, in relazione al motivo accolto, la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo del contribuente. Compensa tra le parli le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 14 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 28 gennaio 2010

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