Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18539 del 10/07/2019

Cassazione civile sez. I, 10/07/2019, (ud. 11/06/2019, dep. 10/07/2019), n.18539

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAMBITO Maria Giovanna – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – rel. Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Luigi Pietro – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18548/2014 proposto da:

R.C., Ra.Ca., R.F.,

R.G., R.N., domiciliati in Roma, Piazza Cavour, presso la

Cancelleria civile della Corte di Cassazione e rappresentati e

difesi dall’avvocato Luigi Oliverio che li rappresenta e difende in

forza di procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

Consorzio Quarto Pozzuoli, in persona del legale rappresenta pro

tempore, elettivamente domiciliato in Roma, Via Di Aguzzano 79

presso lo studio dell’avvocato Luca Savini e rappresentato e difeso

dall’avvocato Bruno Cimadomo in forza di procura speciale a margine

del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 901/2014 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 27/02/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

11/06/2019 dal Consigliere Dott. UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE

SCOTTI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. R.G., R.F., R.C., Ra.Ca. e R.N. hanno convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Napoli il Consorzio Quarto Pozzuoli, chiedendone la condanna al pagamento in loro favore dell’indennità di occupazione legittima, relativamente a un loro fondo agricolo sito nel Comune di (OMISSIS), censito al NCT al (OMISSIS), di m.q. 4408, dall’8/8/1986 al 29/12/2003, ai sensi della L. n. 865 del 1971, art. 20.

Il Consorzio Quarto Pozzuoli ha eccepito il difetto di giurisdizione del giudice ordinario e ha sostenuto l’infondatezza della domanda, sotto vari profili.

Il Tribunale di Napoli con sentenza del 17/5/2010 ha rigettato la domanda degli attori, a spese compensate, ritenendo che la parte originariamente espropriata, ossia la dante causa degli attori N.C., sottoscrivendo il verbale di “concordamento” dell’indennità di espropriazione, con rinuncia all’opposizione alla stima e a ogni altra azione attinente l’occupazione e espropriazione dell’immobile, avesse rinunciato ad ogni ulteriore pretesa, inclusa quella relativa all’indennità di occupazione.

2. Gli attori R. hanno proposto appello contro la sentenza di primo grado, a cui ha resistito l’appellato Consorzio.

La Corte di appello di Napoli con sentenza del 15/127/2/2014 ha respinto il gravame, condannando gli attori appellanti alla rifusione delle spese di lite.

3. Con atto notificato il 17/7/2014 R.G., R.F., R.C., Ra.Ca. e R.N. hanno proposto ricorso per cassazione svolgendo un motivo.

Con atto notificato il 22/9/2014 ha proposto controricorso il Consorzio Quarto Pozzuoli, chiedendo la dichiarazione di inammissibilità o il rigetto dell’avversaria impugnazione.

In data 23/5/2019 il Consorzio Quarto Pozzuoli ha presentato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, i ricorrenti denunciano violazione o falsa applicazione di legge in relazione alle norme di ermeneutica contrattuale di cui agli artt. 1362,1363 e 1364 c.c.

1.1. Lamentano i ricorrenti che la Corte di appello abbia violato l’art. 1362 c.c., soffermandosi esclusivamente sul primo elemento considerato dalla norma, ossia il significato letterale delle parole, senza indagare la comune intenzione delle parti e tenendo perciò conto della necessità di procedere velocemente alla ricostruzione dopo gli eventi sismici del 1980.

In tale contesto, secondo buona fede e prevedibilità, non era immaginabile la successiva perdurante occupazione delle aree per le quali era stata già pagata l’indennità di espropriazione.

Era stato violato anche l’art. 1363, che richiede l’interpretazione combinata delle clausole contrattuali e anche l’art. 1364 c.c., che esclude che alle espressioni generali possa essere attribuito un significato ulteriore rispetto agli oggetti sui quali le parti si erano proposte di contrattare (ossia l’indennità di espropriazione, neppure potendo prevedersi la successiva durata dell’occupazione del fondo).

1.2. Non merita consenso l’eccezione preliminare di improcedibilità del ricorso, sollevata dal controricorrente e ribadita con la memoria, per il mancato assolvimento dell’onere di cui all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, con riferimento al deposito dei documenti su cui il ricorso si fonda.

La giurisprudenza di questa Corte, nella sua massima espressione di autorevolezza, ha chiarito che l’onere di deposito degli atti processuali, dei documenti e dei contratti o degli accordi collettivi sui quali si fonda il ricorso, sancito, a pena di sua improcedibilità, dall’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, è soddisfatto, sulla base del principio di strumentalità delle forme processuali, quanto agli atti e ai documenti contenuti nel fascicolo di parte, anche mediante la produzione del fascicolo nel quale essi siano contenuti e, quanto agli atti e ai documenti contenuti nel fascicolo d’ufficio, mediante il deposito della richiesta di trasmissione di detto fascicolo presentata alla cancelleria del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata e restituita al richiedente munita di visto ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 3, ferma, in ogni caso, l’esigenza di specifica indicazione, a pena di inammissibilità ex art. 366 c.p.c., n. 6, degli atti, dei documenti e dei dati necessari al reperimento degli stessi. (Sez. U, n. 22726 del 03/11/2011, Rv. 619317 – 01; in seguito: Sez. un., 07/11/2013, n. 25038; Sez. un., 11/02/2016, n. 2723).

Nella specie i ricorrenti hanno indicato con precisione il luogo di produzione del documento (allegato n. 7 del fascicolo di primo grado della controparte) e lo hanno comunque trascritto integralmente nel testo del ricorso, a prescindere dal fatto che il tenore della parte rilevante del documento de quo risulta dalla sentenza impugnata.

1.3. Il ricorso appare fondato, alla luce della giurisprudenza, ormai consolidata, di questa Corte, alla quale il Collegio intende conferir continuità.

E’ stato infatti osservato che l’atto definitivo cosiddetto di “concordamento bonario”, con il quale l’espropriato accetta l’offerta del concessionario della sola indennità di espropriazione e rinuncia a proporre opposizione alla stima e ad ogni altra azione giudiziaria “che abbia attinenza all’occupazione”, oltre che all’espropriazione dell’immobile, non si estende all’indennità di occupazione, in assenza di un atto normativo che imponga tale estensione, poichè tale rinuncia non può avere effetti in relazione a situazioni future non ancora determinate o determinabili, come quelle derivate dalla prolungata detenzione delle aree non espropriate per le quali sia stato già pagato il corrispettivo dell’ablazione anche se il decreto ablatorio non sia stato emesso (Sez. 1, n. 24785 del 05/12/2016, Rv. 642041 – 02; Sez. 1, n. 3512 del 13/02/2013, Rv. 625674 – 01; Sez.1, n. 1537 del 23/1/2013; Sez.1 n. 19324 del 21/8/2013).

In precedenza, le Sezioni Unite avevano precisato che in tema di espropriazione per la realizzazione degli interventi di cui al titolo VIII della L. n. 219 del 1981, per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 24 del 2009, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del D.L. n. 300 del 2006, art. 3, comma 3, convertito in L. n. 17 del 2007, ai sensi del quale i verbali di concordamento dell’indennità di espropriazione e di rinuncia a qualunque pretesa connessa alla procedura di esproprio conservano la loro efficacia “indipendentemente dall’emanazione del decreto di espropriazione”, l’accordo raggiunto tra l’espropriante e il proprietario è totalmente inefficace, anche relativamente all’indennità di occupazione legittima; di conseguenza alla domanda proposta dal proprietario di un immobile irreversibilmente trasformato e diretta al pagamento dell’indennità per il periodo di legittima occupazione non può opporsi la pretesa rinunzia al suo pagamento contenuta in un verbale di concordamento delle indennità di espropriazione, ove detto verbale sia divenuto inefficace per la tardiva emissione del decreto di esproprio. (Sez. U, n. 7035 del 24/03/2009, Rv. 607258 – 01).

Nel suo ultimo arresto n. 24785 del 2016 sopra ricordato, questa Sezione ha osservato che poichè, com’era coerente col sistema ed incontroverso, il concessionario aveva comunicato ai proprietari, la (sola) indennità di espropriazione offerta dall’autorità amministrativa era stata accettata dal proprietario allo scopo di godere dei benefici premiali connessi, la tesi dell’estensione della rinuncia all’indennità di occupazione non si giustificava al lume del suo tenore, contenuto nel verbale di concordamento; questa infatti, in coerenza con l’oggetto dell’offerta, precludeva qualsiasi ulteriore pretesa dell’espropriando comunque correlata e correlabile alla perdita della disponibilità materiale e giuridica del bene ma non interferiva con l’istituto dell’occupazione temporanea (e col relativo indennizzo), il quale: a) attribuisce alla P.A. il diritto di disporre del fondo privato per un periodo di tempo limitato, privando il proprietario dei corrispondenti poteri e perciò comportando la trasformazione del correlativo diritto in diritto ad autonomo indennizzo ex art. 42 Cost., non assorbibile nell’indennità di espropriazione (Cass. sez. un. 7324/96, 5804/95, 6083/94 ed altre); b) nell’ambito del procedimento ablativo costituisce una fase del tutto distinta, autonoma e solo eventuale, e che ove l’amministrazione vi ricorra, ben può coesistere con la definizione del procedimento espropriativo mediante cessione volontaria (ovvero accettazione dell’indennità seguita da decreto di espropriazione).

2. Il ricorso deve pertanto essere accolto, con la cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

LA CORTE

accoglie il motivo di ricorso, cassa in relazione ad esso la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima civile, il 11 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 10 luglio 2019

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