Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18537 del 13/07/2018


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Civile Ord. Sez. 3 Num. 18537 Anno 2018
Presidente: TRAVAGLINO GIACOMO
Relatore: RUBINO LINA

ORDINANZA

sul ricorso 4396-2016 proposto da:
TOBIA ANNA, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAllA
PRATI DEGLI STROZZI 33, presso lo studio
dell’avvocato LOREDANA MENICUCCI, rappresentata e
difesa dagli avvocati GUGLIELMO D’ANNA, LUIGI LEONE
giusta procura a margine del ricorso;
1

ricorrente –

contro

2018
840

CORSARO DANIELA, elettivamente domiciliata in ROMA,
V. BOEZIO 14, presso lo studio dell’avvocato MARIO
LIBERTINI, che la rappresenta e difende unitamente
all’avvocato PIETRO PATERNITI LA VIA giusta procura
in calce al controricorso;

1

Data pubblicazione: 13/07/2018

UNIPOLSAI SPA , in persona del suo procuratore
legale, LLOYD’S OF LONDON , in persona del suo
Procuratore Generale, elettivamente domiciliate in
ROMA, V.LE REGINA MARGHERITA 278, presso lo studio
dell’avvocato MARCO FERRARO, che le rappresenta e

BAGNARDI giuste procure in calce al controricorso;
– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1560/2014 del TRIBUNALE di
MESSINA, depositata il 02/07/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 14/03/2018 dal Consigliere Dott. LINA
RUBINO;

2

difende unitamente all’avvocato ROBERTO MARIA

R.G. 4396 2016
I FATTI DI CAUSA
Anna Tobia, nel 2005, conveniva in giudizio il notaio Corsaro proponendo nei suoi
confronti azione di risarcimento danni da responsabilità professionale, e
chiedendone la condanna al risarcimento nella misura di euro 150.000,00 (di cui

50.000,00 per danno non patrimoniale, consistente nel dolore per la perdita
dell’appartamento e per la vergogna conseguente al discredito gettato dalla procedura
esecutiva sulla sua reputazione). Il notaio chiamava in causa le sue compagnie
assicuratrici per la responsabilità professionale.
L’attrice, attuale ricorrente, esponeva di aver acquistato nel 1983 un immobile, con
atto pubblico di vendita rogato dal notaio Corsaro, nel quale la parte venditrice
assumeva la libertà dell’immobile da pesi e vincoli fatta eccezione per una ipoteca
iscritta nel 1979, della quale venivano indicate le formalità. Nell’atto la parte
venditrice si impegnava a liberare l’immobile venduto dall’ipoteca entro la fine del
1983. L’attrice indicava la colpa del notaio nel non aver avvisato l’acquirente che
l’ipoteca gravante sull’immobile acquistato fosse stata iscritta a garanzia della
restituzione di somme erogate con mutuo fondiario e nell’aver mancato di
comunicare alla banca l’avvenuto trasferimento del bene, comunicazione che
avrebbe fatto sorgere in capo all’istituto di credito l’obbligo di dar comunicazione di
eventuali atti esecutivi al nuovo proprietario. Non avendo il venditore rispettato
l’impegno di liberare l’immobile dall’ipoteca, lo stesso veniva assoggettato ad
esecuzione immobiliare all’insaputa della parte acquirente, come consentito dal r.d.
16 luglio 1905, n. 646 sui contratti di mutuo fondiario, e venduto, nella ricostruzione

della attrice, a sua insaputa.
La domanda veniva rigettata all’esito del giudizio di primo grado. Il Tribunale
riteneva infondata l’eccezione di prescrizione sollevata dal professionista, ma
escludeva alcuna responsabilità del professionista, atteso che:

100.000,00 per danno patrimoniale conseguente alla perdita del bene ed curo

-l’attrice era stata messa in condizione di conoscere a quale titolo esisteva l’iscrizione
ipotecaria gravante sull’immobile, così come di verificare, al momento della scadenza
del termine stabilito in contratto, se l’alienante avesse o meno adempiuto all’obbligo
assunto;
-non sussisteva alcun obbligo di comunicazione o notificazione del contratto in capo

L’appello della Tobia veniva dichiarato inammissibile con ordinanza della Corte
d’Appello di Messina ai sensi degli artt. 348 bis e ter c.p.c. depositata il 17.7.2015,
comunicata il 14.1.2016, non notificata, che qualificava le argomentazioni
dell’appellante una mera reiterazione di quelle svolte dinanzi al giudice di primo
grado, ed affermava che l’incarico professionale era stato adempiuto con
l’inserimento della ipoteca nell’atto, non sussistendo alcun obbligo per il notaio di
specificare il tipo di contratto di mutuo sottostante, né di notificare all’istituto
bancario l’atto di compravendita.
La Tobia propone ricorso, avviato per la notifica il 10.2.2016, articolato in cinque
motivi ed illustrato da memoria, per la cassazione della sentenza n.1560 del 2014 del
Tribunale di Messina, avverso la quale era stato proposto appello alla Corte
d’Appello di Messina, dichiarato inammissibile con ordinanza ai sensi degli artt. 348
bis e ter c.p.c. depositata il 17.7.2015, comunicata il 14.1.2016, non notificata, nei
confronti di Daniela Corsaro, dei Lloyd’s of London e di Unipolsai s.p.a.
Il notaio Corsaro e l’assicurazione Lloyd’s of London resistono con controricorso,
quello del professionista illustrato da memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli
artt. 2236, 1175, 1176 20 comma c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.
Assume che il tribunale non abbia considerato che il notaio, nell’atto del 1983, non
informò l’acquirente che l’ipoteca iscritta e risultante nell’atto di vendita fosse
relativa ad un mutuo fondiario, e che non informò l’acquirente delle gravi

al notaio rogante, nei confronti dell’istituto mutuante.

conseguenze dell’omessa notifica alla banca titolare dell’ipoteca dell’avvenuta
vendita, consistenti nella facoltà della banca di procedere esecutivamente senza
l’obbligo di notiziare il nuovo proprietario dell’immobile ipotecato, né tanto meno
provvide in proprio ad effettuare tale notifica. Indica l’attività di notificazione
successiva dell’atto di trasferimento all’istituto mutuante come una di quelle attività

serietà e la certezza degli effetti tipici dell’atto e del risultato voluto dalle parti.
Con il secondo motivo, il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli
artt. 1218, 1223 c.c., anch’essa in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.
I due motivi sono strettamente connessi.
Il primo motivo, formalmente strutturato come violazione degli obblighi di
informazione gravanti sul professionista, in realtà tende ad un rinnovato esame delle
circostanze di fatto, già considerate sia dal primo giudice che poi delibate, nella sua
valutazione prognostica infausta, dal giudice di appello, nel ritenere che il notaio
avesse compiutamente adempiuto ai suoi doveri indicando nell’atto l’esistenza di una
ipoteca, e che poi stesse alla diligenza della parte, a fronte della certa esistenza di una
ipoteca, accertare in primo luogo se il venditore avesse adempiuto l’obbligo, inserito
nel contratto di vendita e con esso assunto nei suoi confronti, di eliminare l’iscrizione
ipotecaria dall’immobile oggetto di vendita, e poi di informarsi sull’istituto creditore,
e quindi sul tipo di ipoteca, e seguire negli anni l’esistenza o meno di atti esecutivi,
atteso l’inadempimento del venditore.
Esso è pertanto inammissibile.
Può aggiungersi peraltro che questa Corte ha già chiarito che non costituisce oggetto
di un’obbligazione accessoria, rispetto a quella principale con cui un notaio si
impegni a redigere l’atto di compravendita di un immobile già gravato da ipoteca a
garanzia della restituzione di un credito fondiario, la notificazione, da parte del
professionista, dell’avvenuto subingresso dell’acquirente – in qualità di mutuatario ed

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che fanno parte della diligenza del professionista, in quanto volte ad assicurare la

in forza di un contratto di accollo – nel contratto di mutuo fondiario (Cass. n. 11141
del 2013).
Il secondo motivo è strettamente connesso al primo, in quanto la ricorrente lamenta
che, non avendo ritenuto configurabile alcuna responsabilità professionale della
professionista, il giudice di merito non l’abbia condannata a risarcire il danno.

domanda risarcitoria è consequenziale al rigetto della domanda di accertamento della
responsabilità contrattuale del notaio.
La declaratoria di inammissibilità del primo motivo assorbe quindi il secondo.
Con il terzo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art.
91 comma 1 c.p.c. anch’essa in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.: anch’esso è
inammissibile, in quanto non supera il vaglio di ammissibilità il motivo di ricorso
che denunci la violazione dell’art. 91 c.p.c. come conseguenza della errata
valutazione della domanda di merito, perché con esso non si contesta la corretta
applicazione della regola sulla soccombenza, ma l’esito stesso del giudizio.
Con il quarto motivo, la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 92 secondo
comma c.p.c. e con il quinto ed ultimo motivo denuncia la violazione del d.m. n. 55
del 2014, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. ed all’art. 111 Cost.
In particolare, con il quarto motivo denuncia che non si sia tenuto conto della
soccombenza almeno parziale della controparte, che aveva fondato la sua linea
difensiva sulla prescrizione, ai fini di una compensazione delle spese di lite.
Il motivo è infondato : a fronte dell’integrale rigetto della domanda principale, non
sussiste soccombenza reciproca allorchè il giudice abbia ritenuto la pretesa infondata
nel merito anziché arrestarsi ad una delle eccezioni preliminari formulate dalla parte
convenuta.
Con il quinto motivo, la ricorrente denuncia la violazione del d.m. n. 55 del 2014,
in quanto il compenso è stato liquidato unitariamente, senza distinguere le varie fasi
del processo e senza dar conto espressamente delle ragioni, inerenti alle

Nessuna violazione degli articoli indicati è riscontrabile, in quanto il rigetto della

caratteristiche della fattispecie concreta esaminata, della maggiore o minore
complessità del caso, che hanno portato ad una tale quantificazione.
Il motivo è infondato. In tema di liquidazione delle spese processuali sulla base del
d.m. n. 55 del 2014, pro tempore applicabile, il riferimento alle varie “fasi”
dell’attività, come pure l’ordinaria considerazione in merito alla maggiore o minore

considerazione del giudice ai fini della quantificazione, ma non escludono la
legittimità della determinazione di un compenso unitariamente determinato,
dovendo al contrario ritenersi che proprio l’accezione omnicomprensiva di
“compenso” evochi la nozione di un corrispettivo unitario per l’opera
complessivamente prestata (Cass. n. 21205 del 2016).
Il ricorso va pertanto complessivamente rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come al dispositivo.
Atteso che il ricorso per cassazione è stato proposto in tempo posteriore al 30
gennaio 2013, ed in ragione della soccombenza del ricorrente, la Corte, ai sensi
dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 , dà atto della sussistenza dei
presupposti per il versamento da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo
di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del
comma 1 bis dello stesso art. 13.

P.Q.M
La Corte rigetta il ricorso.
Pone a carico della ricorrente le spese di giudizio sostenute dalle parti
controricorrenti, che liquida in complessivi euro 7.200,00 per compensi in favore di
Daniela Corsaro, ed in complessivi curo 5.600,00 per compensi in favore de Lloyd’s
of London, oltre 200,00 per esborsi, contributo spese generali ed accessori in favore
di ciascuno dei due controricorrenti costituiti.

complessità delle questioni giuridiche e di fatto, rilevano in sede di necessaria

Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente,
di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il
ricorso principale.

Così deciso nella camera di consiglio della Corte di cassazione il 14 marzo 2018

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