Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18536 del 30/06/2021

Cassazione civile sez. II, 30/06/2021, (ud. 10/02/2021, dep. 30/06/2021), n.18536

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24284/2019 proposto da:

N.T.W.A., domiciliato in ROMA preso la Cancelleria

della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato

FLAVIO GRANDE giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 776/2019 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 11/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/02/2021 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. N.T.W.A., cittadino camerunense, proponeva opposizione avverso il provvedimento della Commissione territoriale di Bologna, con il quale era stata rigettata la sua richiesta di riconoscimento della protezione internazionale in quanto inammissibile D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 29, lett. b).

Il ricorrente, dopo aver richiamato le ragioni poste a fondamento della prima richiesta di protezione, e cioè il fatto che fosse stato costretto a fuggire dal proprio paese d’origine, in quanto sottoposto ad atti di violenza, unitamente alla propria famiglia (in particolare il padre era morto insieme a tre sorelle a seguito di un incendio doloso della propria abitazione), per l’infondato sospetto che avesse provocato la morte di un notabile locale, interessato all’acquisto di terreni di proprietà del genitore, essendo stato altresì oggetto di ingiuste accuse da parte delle forze di polizia locali, ricordava come in quella prima occasione il Tribunale di Bologna avesse accolto parzialmente la domanda accordandogli il permesso di soggiorno per motivi umanitari.

Tuttavia, la Corte d’Appello di Bologna aveva riformato la decisione di primo grado, ritenendo che fossero privi di attualità i postumi delle lesioni subite nel paese d’origine.

Assumeva il ricorrente di avere quindi presentato una nuova domanda di protezione che era stata dichiarata inammissibile dalla Commissione territoriale di Bologna, per l’assenza di elementi di novità.

Il Tribunale di Bologna accoglieva parzialmente la domanda con il riconoscimento della protezione umanitaria, rilevando che seguito del conseguimento del primo permesso di soggiorno, il ricorrente si era iscritto all’Università di Bologna nell’anno accademico 2014-2015, e precisamente alla facoltà di chimica industriale, e grazie anche ad una borsa di studio per meriti, era prossimo alla laurea, avendo già depositato il titolo della tesi.

Averso tale decisione proponeva appello il Ministero dell’Interno, e la Corte d’Appello di Bologna con la sentenza n. 776 dell’11 marzo 2019 ha accolto il gravame, rigettando in toto la domanda del cittadino straniero.

Disattesa l’eccezione di difetto di giurisdizione, i giudici di appello osservavano che con precedente decisione del 7 novembre 2014, passata pacificamente in cosa giudicata, era stata rigettata la domanda del richiedente, riformando la decisione che aveva invece concesso la protezione umanitaria. La riproposizione della domanda, sulla quale la Corte d’Appello era chiamata a pronunciarsi, era sostanzialmente reiterativa delle medesime allegazioni già svolte in occasione della prima richiesta, fondandosi sulla stessa narrazione dei fatti avvenuti nel paese d’origine.

Solo nel secondo procedimento si era fatto riferimento alla gravità della situazione sociopolitica dei diritti civili in Camerun, era stata prodotta ulteriore documentazione medica afferente alle lesioni a suo tempo subite e si era dedotto che era stato intrapreso e quasi portato a termine il percorso di studi universitario.

La sentenza richiamava in materia la regola del giudicato rebus sic stantibus, che non preclude la riproponibilità della domanda nel caso in cui siano allegati fatti sopravvenuti al giudicato, come si ricava dalla lettera del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 29, lett. b).

Nella specie doveva però escludersi che fossero stati allegati fatti nuovi.

Le circostanze che avevano indotto il ricorrente alla fuga erano già state allegate in precedenza, come pure la situazione del paese di origine si dettagliava alla luce di fatti anteriori alla formazione del giudicato.

Del pari la certificazione medica era di data anteriore al detto giudicato.

Quanto, infine all’iter accademico, si rilevava che l’iscrizione del ricorrente risaliva al 2014, laddove la pronuncia di rigetto era stata emessa nel dicembre dello stesso anno.

Trattavasi quindi di fatto già verificatosi al momento della formazione del giudicato che copriva quindi anche tale circostanza.

2. Per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello N.T.W.A. ha proposto ricorso, con atto notificato il 9 agosto 2019, sulla base di quattro motivi.

L’intimato Ministero dell’interno ha resistito con controricorso.

3. Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, nonchè dell’art. 2909 c.c.. Si deduce che non sarebbe possibile affermare l’esistenza di un giudicato in materia di protezione umanitaria.

Il secondo motivo denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, in quanto i giudici di appello non si sono avveduti che la precedente sentenza del 2014 della medesima Corte distrettuale si era soffermata solo sulle due forme di protezione principale e non anche su quella di protezione umanitaria.

Il terzo motivo di ricorso denuncia sotto diverso profilo la violazione dell’art. 2909 c.c., in quanto nella seconda domanda di protezione umanitaria il ricorrente aveva per la prima volta aggiunto di essersi iscritto all’Università di Bologna e di avere quasi terminato il corso di studi, sicchè non poteva invocarsi una generica deducibilità del medesimo fatto nel corso del primo giudizio, anche in considerazione del fatto che l’iscrizione era avvenuta per l’anno accademico 2014-2015 sicchè era ragionevolmente avvenuta allorquando non era più suscettibile di deduzione nel corso del primo giudizio.

Il quarto motivo denuncia la violazione e falsa applicazione sempre dell’art. 2909 c.c., in quanto si era dedotto nella seconda domanda di essere anche ricercato dalla polizia camerunense, giusta la produzione di un avviso di ricerca, pervenuto nella disponibilità del ricorrente solo nel mese di gennaio 2015, allorchè non poteva essere posto a disposizione del giudice officiato della decisione della prima domanda.

2. I motivi, che per la loro connessione possono essere congiuntamente esaminati, sono fondati.

Effettivamente ritiene il Collegio che non possa reputarsi erronea l’affermazione della Corte d’Appello nella parte in cui ha ritenuto che, con la pronuncia della prima sentenza del 2014 fosse stata rigettata anche la domanda di protezione umanitaria, in un primo momento accolta dal Tribunale, avendo i giudici di secondo grado a loro volta accolto l’appello del Ministero (cfr. la narrazione dei fatti come riportata a pag. 3 del ricorso).

Tuttavia, non appare corretta la diversa conclusione secondo cui, sol perchè l’iscrizione del ricorrente all’Università di Bologna sarebbe avvenuta già nel corso dell’anno 2014, ed in data anteriore alla pronuncia passata in giudicato, la sua deduzione, che non risulta essere avvenuta nel corso del primo giudizio, sarebbe preclusa al fine di sostenere una nuova domanda di protezione umanitaria.

Questa Corte anche di recente ha affermato che (Cass. n. 18440/2019) in tema di protezione internazionale, i “nuovi elementi”, alla cui allegazione il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 29, lett. b), subordina l’ammissibilità della reiterazione della domanda di tutela, possono consistere, oltre che in nuovi fatti di persecuzione (o comunque in nuovi fatti costitutivi del diritto) successivi al rigetto della domanda da parte della competente commissione, anche in nuove prove dei medesimi fatti costitutivi, purchè il richiedente non abbia potuto, senza sua colpa, produrle in precedenza in sede amministrativa o in quella giurisdizionale, mediante l’introduzione del procedimento di cui all’art. 35, del D.Lgs. citato.

Tale principio suscettibile anche di estendersi all’allegazione di fatti rilevanti in vista della concessione della protezione umanitaria, induce a ritenere che anche fatti preesistenti, ma non inizialmente dedotti, possano essere per la prima volta allegati in occasione della reiterazione della domanda di protezione, non potendosi quindi al giudicato attribuire efficacia preclusiva solo in relazione al dato cronologico della verificazione dei fatti addotti a sostegno della richiesta, ma occorrendo invece guardare alla novità in senso oggettivo degli elementi richiamati.

Va altresì evidenziato che, anche a voler accedere alla non condivisibile lettura restrittiva del giudice di appello, l’efficacia preclusiva del giudicato coprirebbe al più la sola iscrizione all’università, ma non permetterebbe invece di poter ignorare la progressione negli studi accademici del ricorrente, progressione pervenuta quasi al termine del percorso accademico, assumendosi nella nuova domanda di essere prossima la discussione della tesi di laurea, peraltro già assegnata.

L’avanzamento nel percorso di studi ben può rappresentare un indice sintomatico del radicamento sempre più forte dello straniero nel territorio nazionale, e quindi, avuto riguardo al suo verificarsi in data successiva alla prima pronuncia invocata come giudicato, non poteva essere ignorato in occasione della presentazione della nuova domanda, facendo formalisticamente richiamo al principio della preclusione del dedotto e del deducibile quale effetto del giudicato, mancando a rigore lo stesso carattere della deducibilità, afferendo a vicende verificatesi anche cronologicamente in data successiva al formarsi del giudicato.

3. Il ricorso deve quindi essere accolto, dovendosi quindi cassare il provvedimento impugnato, con rinvio per nuovo esame alla Corte d’Appello di Bologna, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’Appello di Bologna, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile, il 10 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2021

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