Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18536 del 26/07/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 26/07/2017, (ud. 12/06/2017, dep.26/07/2017),  n. 18536

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5007-2016 proposto da:

P.C., M.F., elettivamente domiciliati in

ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la Cancelleria della CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato EMANUELE MARINO;

– ricorrenti –

contro

FIBE SPA, in proprio e quale incorporante della FIBE CAMPANIA SPA, in

persona del Presidente ed Amministratore Delegato pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GUIDO D’AREZZO 18, presso lo

studio dell’avvocato ENNIO MAGRI’, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato ALESSANDRO DE VITO PISCICELLI;

– controricorrente –

nonchè contro

COMMISSARIO DI GOVERNO per l’emergenza dei rifiuti in Campania, in

persona del legale rappresentante pro tempore, PRESIDENZA DEL

CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente del Consiglio pro

tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e

difende ope legis;

– resistenti –

avverso la sentenza n. 3805/2015 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 30/09/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 12/06/2017 dal Consigliere Dott. LAMORGESE ANTONIO

PIETRO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

I coniugi M.F. e P.C. stipularono con Fibe Spa, nel 2002, un contratto di cessione volontaria di un immobile, occupato in via d’urgenza ed espropriato, sito nel Comune di Santa Maria Capua Vetere, il cui corrispettivo era stato pattuito secondo il valore agricolo, avendo scoperto invece che nel PRG il bene era industriale/artigianale. Quindi, dedussero che il contratto era affetto da vizio del consenso per errore essenziale, ai sensi dell’art. 1429 c.c., e chiesero al Tribunale di Napoli una declaratoria di annullamento o nullità del contratto e la restituzione del bene, ovvero di adeguamento del prezzo del bene.

Con sentenza 30 settembre 2015, la Corte d’Appello di Napoli rigettò il gravame avverso la sentenza sfavorevole del tribunale.

I coniugi M. hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi, illustrati anche da memoria; la Fibe Spa ha resistito con controricorso; la Presidenza del Consiglio e il Commissario di Governo per l’Emergenza Rifiuti in Campania non hanno svolto attività difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso i M. hanno denunciato violazione e falsa applicazione degli artt. 1427 e 1428 c.c., e art. 1429 c.c., comma 1, nn. 1 e 2, e art. 1431 c.c., per contrasto tra affermazioni inconciliabili contenute nella sentenza impugnata, nonchè motivazione perplessa e incomprensibile, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5. Si sostiene che l’atto di cessione del terreno era affetto da errore essenziale e riconoscibile dalla controparte, avendo la Fibe omesso di informarsi per tempo dagli organi tecnici competenti sulla natura del terreno, che aveva natura edificatoria in quanto destinato ad impianti industriali ed artigianali, nel qual caso i ricorrenti non avrebbero accettato una somma di gran lunga inferiore a quella dovuta.

Con il secondo motivo è denunciata la violazione e falsa applicazione del PRG, nonchè motivazione perplessa e incomprensibile, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, avendo il giudice d’appello omesso l’esame di un fatto storico principale e decisivo, costituito dall’erronea qualificazione della natura del terreno in base al PRG approvato nel 1983.

Entrambi i motivi sono inammissibili, risolvendosi nella critica della sufficienza del ragionamento logico posto dal giudice di merito a base dell’interpretazione degli elementi probatori del processo e, in sostanza, nella richiesta di una diversa valutazione degli stessi, ipotesi integrante un vizio motivazionale non più proponibile in seguito alla modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, apportata dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv. in L. n. 134 del 2012 (v. Cass., sez. un., n. 8053/2014).

Il primo motivo non coglie la ratio decidendi, con la quale i giudici di merito hanno escluso l’induzione in errore come causa di invalidità del contratto, avendo i giudici di merito, con valutazione insindacabile in sede di legittimità, ritenuto sfornita di prova la lamentata induzione in errore realizzata dai funzionari Fibe. Infatti, le parti avevano pattuito il prezzo della cessione in base alla situazione urbanistica del bene al momento della stipula del contratto (nel 2002) e dell’occupazione d’urgenza (nel 2000), mentre il bene era divenuto edificabile solo successivamente, a seguito dell’approvazione del PIP nel 2005.

Il secondo motivo, che mira a dimostrare che il bene fosse edificabile già al momento della cessione, da un lato, si risolve in una critica all’accertamento di fatto compiuto dal giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità, in ordine alla questione della natura urbanistica del bene al momento della cessione; dall’altro, come detto, non coglie la ratio decidendi, non solo perchè i giudici di merito hanno comunque escluso l’induzione in errore da parte della Fibe, ma anche perchè hanno implicitamente ritenuto che il prezzo era stato frutto di un accordo complessivo che teneva conto delle caratteristiche del suolo secondo le previsioni urbanistiche vigenti al momento della stipula.

Inoltre, entrambi i motivi non sono rispettosi del canone della specificità, di cui all’art. 366 c.p.c., n. 4 e 6, poichè si limitano a denunciare genericamente l’erronea qualificazione urbanistica del terreno, senza tuttavia riportare quantomeno i passaggi salienti del P.R.G. che dimostrerebbero una diversa destinazione del bene all’epoca della stipulazione del contratto.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

PQM

 

La Corte dichiara il ricorso inammissibile; condanna i ricorrenti alle spese, in favore di Fibe spa, liquidate in Euro 4100,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre accessori di legge.

Doppio contributo a carico dei ricorrenti, come per legge.

Motivazione Semplificata.

Così deciso in Roma, il 12 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2017

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