Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18535 del 26/07/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 26/07/2017, (ud. 05/05/2017, dep.26/07/2017),  n. 18535

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPPI Aniello – Presidente –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

A.T., domiciliato in Roma presso la Cancelleria della Corte

di Cassazione, rappresentato e difeso, per delega a margine del

ricorso, dall’avv. Mario Di Frenna, che dichiara di voler ricevere

le comunicazioni relative al processo all’indirizzo p.e.c.

mario.difrenna.ordineavvocatireggioemilia.it e al fax n. (OMISSIS);

– ricorrente –

nei confronti di:

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi 12, presso gli

uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e

difende e indica per le comunicazioni relative al processo la p.e.c.

ags.rm.mailcert.avvocaturastato.it e il fax n. (OMISSIS);

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1488/2016 della Corte di appello di Ancona,

emessa il 2.11.2016 e depositata il 25.11.2016, n. R.G. 463/201.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

1. A.T., cittadino pakistano, ha proposto domanda di protezione internazionale esponendo di aver lavorato come militare nell’esercito pakistano e di essere stato collocato in pensione il 30 maggio 2006, di essere tornato di lì a poco nella sua regione di origine ((OMISSIS)) e di aver avuto una richiesta di arruolamento da parte dei talebani cui erano seguite minacce di morte a lui e alla sua famiglia che lo avevano indotto a lasciare il paese per trovare rifugio in Turchia e poi in Grecia dove era rimasto oltre sei anni sino al novembre 2014 dove aveva immediatamente presentato domanda di asilo e protezione sussidiaria o umanitaria.

2. La Commissione territoriale ha respinto la domanda e il Tribunale di Ancona, con sentenza del 9 ottobre 2015, ha, a sua volta, respinto il ricorso proposto dal T. ritenendo l’insussistenza in Pakistan di una situazione

di rischio grave e generalizzato, anche con riguardo alla regione del Punjab, legittimante la protezione sussidiaria, e rilevando la mancanza di prove sull’esistenza di un grave pregiudizio connesso al rientro del T. in patria.

3. La Corte di appello di Ancona ha respinto l’appello del T. riscontrando la non credibilità del racconto dell’appellante e l’assenza di prove su un effettivo rischio collegato al suo rimpatrio in Pakistan.

4. Ricorre per cassazione A.T. deducendo: a) violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 14, e dell’art. 5, comma 6 del T.U.I. per non avere la Corte di appello preso atto della documentazione prodotta e delle dichiarazioni precise e dettagliate svolte sin dalla proposizione della domanda di protezione internazionale e per non aver la Corte di appello attivato i poteri officiosi necessari a una adeguata conoscenza della situazione del paese di provenienza senza valutare altresì la richiesta di protezione umanitaria; b) motivazione omessa, insufficiente e/o contraddittoria su fatti o questioni controverse e decisive ai fini del giudizio.

5. Propone controricorso l’Amministrazione.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

che:

6. Il ricorso è fondato in quanto la Corte di appello ha motivato la propria valutazione di inattendibilità della narrazione del ricorrente sulla base di mere asserzioni inidonee a far comprendere le ragioni per cui è stata considerata priva di autenticità e di contenuto estremamente generico e vago la vicenda che il ricorrente ha posto a base della propria richiesta di protezione internazionale. In tal modo si appalesa una violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, alla luce della giurisprudenza di questa Corte che traccia i limiti del minimo costituzionale in materia di motivazione (Cass. civ. sezioni unite n. 8053 del 7 aprile 2014). Nè può ritenersi, ai fini di un riscontro dei predetti requisiti di aderenza al minimo costituzionale, che la motivazione della valutazione negativa sulla attendibilità del ricorrente sia logicamente e esaustivamente basata sul rilievo della contraddittorietà e non credibilità della narrazione evidenziata dalla Corte di appello laddove ha rilevato che “non si comprende perchè i talebani non abbiano attuato le minacce di morte limitandosi alla consegna di lettere e bigliettini” minatori. Le stesse considerazioni possono farsi per le affermazioni della Corte di appello relative alla situazione del Pakistan e in particolare del (OMISSIS) che risultano prive di riferimenti concreti acquisibili dal giudice in conformità a quanto ribadito anche di recente dalla giurisprudenza di legittimità sul dovere di cooperazione del giudice in materia di protezione internazionale (cfr. Cass. civ. sez. 6-1 ord. n. 25534 del 13 dicembre 2016 secondo cui il giudice – prescindendo da preclusioni o impedimenti processuali – ha il dovere di cooperare nell’accertamento dei fatti rilevanti, compiendo un’attività istruttoria ufficiosa, se del caso utilizzando canali diplomatici, rogatoriali ed amministrativi, essendo necessario temperare l’asimmetria derivante dalla posizione delle parti).

7. Il ricorso va pertanto accolto e la causa rinviata alla Corte di appello di Ancona che in diversa composizione deciderà anche in merito alle spese del giudizio di cassazione.

PQM

 

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Ancona in diversa composizione anche per le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 5 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2017

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