Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18533 del 07/09/2020
Cassazione civile sez. VI, 07/09/2020, (ud. 01/07/2020, dep. 07/09/2020), n.18533
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –
Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –
Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –
Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 12925-2019 proposto da:
H.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso
la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato LUCA
FROLDI;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL
RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI ANCONA, in persona
del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo
rappresenta e difende ope legis;
– resistente –
avverso la sentenza n. 2079/2018 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,
depositata il 04/10/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 01/07/2020 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIA
IOFRIDA.
Fatto
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Ancona, con sentenza n. 2079/2018, ha respinto il gravame proposto da H.A. cittadino del Bangladesh, avverso la decisione di primo grado, che aveva, a seguito di diniego da parte della competente Commissione territoriale, respinto la richiesta dello straniero di riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria e per ragioni umanitarie.
In particolare, i giudici d’appello hanno rilevato che: la vicenda personale narrata dal medesimo (essere stato costretto a lasciare il Paese d’origine, per cercare lavoro all’estero, attesa la condizione di estrema povertà), pur in generale credibile e veritiera, non conteneva alcun riferimento ai presupposti per la protezione internazionale; quanto poi dichiarato al termine dell’audizione in ordine al pericolo, una volta rientrato nel Paese d’origine, cui sarebbe esposto, non potendo restituire i soldi avuti in prestito per il viaggio verso la Libia e poi verso l’Italia, il racconto risultava del tutto generico e quindi non credibile; quanto alla richiesta di protezione sussidiaria, il Bangladesh non era interessato da situazione di violenza indiscriminata (come si evinceva dai report di Amesty International 2018 ed Human Rights Pratctices del 2017); non ricorrevano le condizioni per la concessione del permesso per ragioni umanitarie, non emergendo ragioni di particolare vulnerabilità dello straniero.
Avverso la suddetta sentenza, H.A. propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno (che si costituisce al solo fine di partecipare all’udienza pubblica di discussione).
E’ stata disposta la trattazione con il rito camerale di cui all’art. 380-bis c.p.c., ritenuti ricorrenti i relativi presupposti.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il ricorrente lamenta, con il primo motivo, la violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, per avere la Corte d’appello omesso ogni attività istruttoria, al fine di verificare la veridicità dei fatti esposti dal richiedente in sede di audizione dinanzi alla Commissione territoriale; con il secondo motivo, si denuncia poi la violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), dovendo ritenersi che la situazione politico-sociale del Paese di provenienza sia mutata repentinamente.
2. La prima censura è inammissibile.
La Corte territoriale ha ritenuto del tutto generico il rischio allegato, sia ai fini del riconoscimento dello status di rifugiato sia ai fini della protezione sussidiaria, valutato anche il contesto attuale del paese d’origine.
Vero che nella materia in oggetto il giudice ha il dovere di cooperare nell’accertamento dei fatti rilevanti, compiendo un’attività istruttoria ufficiosa, essendo necessario temperare l’asimmetria derivante dalla posizione delle parti (Cass. 13 dicembre 2016, n. 25534); ma la Corte di merito ha attivato il potere di indagine nel senso indicato.
Inoltre, da ultimo si è ulteriormente chiarito (Cass. 27593/2018) che “in tema di protezione internazionale, l’attenuazione dell’onere probatorio a carico del richiedente non esclude l’onere di compiere ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. a), essendo possibile solo in tal caso considerare “veritieri” i fatti narrati”, cosicchè “la valutazione di non credibilità del racconto, costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito il quale deve valutare se le dichiarazioni del richiedente siano coerenti e plausibili, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c), ma pur sempre a fronte di dichiarazioni sufficientemente specifiche e circostanziate” (cfr. Cass. 27503/2018 e Cass. 29358/2018).
In sostanza, l’attenuazione del principio dispositivo in cui la cooperazione istruttoria consiste si colloca non sul versante dell’allegazione, ma esclusivamente su quello della prova, dovendo, anzi, l’allegazione essere adeguatamente circostanziata, cosicchè solo quando colui che richieda il riconoscimento della protezione internazionale abbia adempiuto all’onere di allegare i fatti costitutivi del suo diritto sorge il potere-dovere del giudice di accertare anche d’ufficio se, ed in quali limiti, nel Paese straniero di origine dell’istante si registrino i fenomeni tali da giustificare l’accoglimento della domanda (Cass. 17069/2018; Cass. 29358/2018).
In ogni caso, la censura attinente alla mancata attivazione dei poteri officiosi del giudice investito della domanda di protezione risulta essere assolutamente generica e, per conseguenza, priva di decisività il ricorrente manca di indicare quali siano le informazioni che, in concreto, avrebbero potuto determinare l’accoglimento del proprio ricorso.
3. La seconda censura è inammissibile.
Nella sentenza impugnata, invece, la Corte d’appello ha rilevato motivatamente che sulla base di fonti internazionali consultate la situazione del Paese non è interessata da violenza diffusa ed indiscriminata, stante la condizione di stabilità politica.
Il ricorrente, senza neppure addurre quale sarebbe la violazione di legge posta in essere dalla Corte di merito, si limita ad indicare provvedimenti di merito di altri uffici giudiziari che avrebbero deciso diversamente, dai quali dovrebbe asseritamente emergere una diversa e ben più grave situazione nel Bangladesh.
3. Per tutto quanto sopra esposto, va dichiarato inammissibile il ricorso.
Non v’è luogo a provvedere sulle spese processuali, non avendo l’intimato svolto attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 1 luglio 2020.
Depositato in Cancelleria il 7 settembre 2020