Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18532 del 10/07/2019

Cassazione civile sez. I, 10/07/2019, (ud. 06/06/2019, dep. 10/07/2019), n.18532

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26644/2014 proposto da:

Fallimento (OMISSIS) S.p.A., domiciliato in Roma, viale Parioli 24,

presso lo studio dell’avvocato Esmeralda Gurrieri, rappresentato e

difeso dall’avvocato Gerlando Calandrino giusta procura in atti;

– ricorrente –

contro

T.G., domiciliato in Roma, viale Giulio Cesare 14, presso

lo studio dell’avvocato Aldo Sipala, che lo rappresenta e difende

con l’avvocato Aldo Schiavi per procura in atti;

– controricorrente –

Avverso sentenza della CORTE D’APPELLO DI PALERMO, depositata il

20/09/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/06/2019 dal cons. Dott. MAURO DI MARZIO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – Il Fallimento (OMISSIS) S.p.A. ricorre per sei mezzi, nei confronti di T.G., contro la sentenza del 20 settembre 2014 con cui la Corte d’appello di Palermo, provvedendo in parziale riforma della sentenza emessa tra le parti dal locale Tribunale, aveva ammesso il T. al passivo del fallimento per la somma di Euro 47.672,95, con accessori e metà delle spese di lite del doppio grado, compensata l’altra metà.

2. – T.G. resiste con controricorso e propone ricorso incidentale per due mezzi, al quale il Fallimento resiste con controricorso.

3. – Sono state depositate memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il primo motivo denuncia violazione dell’art. 2909 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, censurando la sentenza impugnata per non essersi la Corte territoriale avveduta che, disattesa in sede di insinuazione la domanda di pagamento dell’indennità dovuta ai sensi dell’art. 16 del contratto collettivo nazionale di lavoro per i dirigenti industriali, essa, respinta dal giudice delegato, non era stata riproposta dal T. in sede di opposizione allo stato passivo, e dunque era stata abbandonata, cosa che il Fallimento aveva espressamente eccepito sia dinanzi al Tribunale, ove l’eccezione non era stata esaminata perchè assorbita, sia dinanzi alla Corte d’appello, che non l’aveva invece presa in considerazione.

Il secondo motivo denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, censurando la sentenza impugnata per aver omesso di pronunciare sulla menzionata eccezione.

Il terzo motivo denuncia omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, censurando la sentenza impugnata per avere la Corte territoriale omesso di considerare che il T. aveva rassegnato le sue dimissioni senza specificare alcun motivo, e per di più prestando la sua attività lavorativa anche durante il periodo di preavviso.

Il quarto motivo denuncia motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, censurando la sentenza per aver per un verso ritenuto che il sorgere del diritto all’indennità di cui all’art. 13 del contratto collettivo nazionale di lavoro richiedesse l’indicazione, nella lettera di dimissioni, delle ragioni ad essa sottese, e, per altro verso, riconosciuto il diritto all’indennità di cui all’art. 16 del contratto collettivo nazionale di lavoro senza rilevare l’omessa specificazione nelle dimissioni delle ragioni delle stesse.

Il quinto motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 16 del contratto collettivo nazionale di lavoro per i dirigenti industriali del 23 maggio 2000 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, censurando la sentenza impugnata per non essersi avveduta che detta disposizione impone al lavoratore di circostanziare già nella lettera di dimissioni i fatti e situazioni ritenute pregiudizievoli, sotto specie del lamentato demansionamento, anche per dar modo all’azienda di valutare l’effettività del pregiudizio lamentato.

Il sesto motivo denuncia violazione dell’art. 91 c.p.c., comma 1, e art. 92 c.p.c., comma 2, censurando la pronuncia sulle spese adottata dalla Corte territoriale.

2. – Il ricorso principale va accolto nei limiti che seguono.

2.1. – Il primo e il secondo motivo, che per il loro evidente collegamento possono essere simultaneamente trattati, sono inammissibili.

Il Fallimento ricorrente, difatti, muove dalla premessa che il T. non avesse richiesto l’indennità di cui all’art. 16 del contratto collettivo nazionale di lavoro applicabile nè in sede di opposizione allo stato passivo, nè in sede di appello avverso la sentenza reiettiva dell’opposizione, e che, formulata e ribadita in primo e secondo grado la relativa eccezione, la Corte d’appello avrebbe omesso di prenderla in considerazione.

Ma così non è. Si legge difatti a pagina 1 della sentenza d’appello, nel paragrafo dedicato allo svolgimento del processo, che il T. “proponeva opposizione allo stato passivo… chiedendo l’ammissione in via privilegiata delle somme di Euro 90.677,91 di cui: Euro 14.202,56 per bonus residuo…; Euro 12.911,42 per il periodo 1/1/2001-11/6 2001; Euro 15.890,98 per indennità ex art. 13… ed Euro 47.672,95 per indennità ex art. 16 del medesimo c.c.n.l.”.

E’ dunque palese che la Corte d’appello, contrariamente a quanto sostenuto dal Fallimento, ha senz’altro ritenuto che la domanda spiegata ai sensi dell’art. 16 del contratto collettivo nazionale di lavoro, già proposta in sede di insinuazione, fosse stata coltivata anche in sede di opposizione: i due motivi, dunque, muovono da una errata ricostruzione della ratio decidendi adottata dal giudice di merito.

Di qui l’inammissibilità della censura. E ciò esime dall’osservare che la Corte territoriale, nel ritenere che detta domanda fosse stata coltivata, ha con tutta evidenza fatto applicazione del ribadito principio secondo cui il giudice è tenuto ad interpretare le conclusioni tenendo conto della volontà della parte quale emergente non solo dalla formulazione letterale di esse, ma anche dall’intero complesso dell’atto nel quale le stesse sono contenute (p. es. Cass. 16 settembre 2004, n. 18653), avuto riguardo alla circostanza che l’atto di opposizione allo stato passivo – nel quale questa Corte può prendere cognizione versandosi in ipotesi di denuncia anche di un error in procedendo – lamentava, nella parte argomentativa, l’omesso riconoscimento dell’indennità di cui al citato art. 16, quantunque quest’ultimo non fosse poi espressamente richiamato nelle conclusioni, le quali, peraltro, facevano riferimento ad una somma evidentemente comprensiva anche della detta indennità.

2.2. – Il terzo, quarto e quinto motivo possono anch’essi essere simultaneamente esaminati, in quanto diretti a censurare, da diversi angoli visuali, la mancata considerazione, da parte del giudice di merito, della circostanza che la lettera di dimissioni proveniente dal T. non contenesse riferimento alcuno alla sussistenza delle condizioni contemplate dall’art. 16 in discorso.

Essi sono fondati nel senso che segue.

L’art. 16 del contratto collettivo nazionale di lavoro per i dirigenti industriali, invocato dal T. ed applicabile nella specie, reca la seguente formulazione: “Il dirigente che, a seguito di mutamento della propria attività sostanzialmente incidente sulla sua posizione, risolva, entro 60 giorni, il rapporto di lavoro, avrà diritto, oltre al TFR, anche ad un trattamento pari alla indennità sostitutiva del preavviso spettante in caso di licenziamento”. La disposizione è seguita da una nota a verbale, riferita anche agli artt. 13, 14 e 15, nella quale si dà atto che: “Il preavviso dovuto dal dirigente, in caso di dimissioni di cui ai predetti articoli, è di 15 giorni”.

Orbene, è di tutta evidenza che la disposizione in discorso intenda riconnettere il sorgere del diritto all’indennità ivi prevista ad una unilaterale manifestazione di volontà del dirigente, il quale, se ha facoltà di sciogliersi dal rapporto in caso di mutamento della propria attività sostanzialmente incidente sulla sua posizione, può per altro verso senz’altro optare, ove lo ritenga, per la prosecuzione del rapporto medesimo: ma una manifestazione di volontà in tal senso non è neppure concepibile se disancorata da ogni e qualunque riferimento al mutamento che, in caso di scioglimento dal rapporto, dà luogo al sorgere del diritto all’indennità. Ciò, del resto, trova conferma nella nota a verbale sopra trascritta, nella quale si stabilisce la misura del preavviso che, nell’ipotesi considerata, il dirigente deve dare: misura che, in tanto si giustifica, in quanto lo scioglimento dal rapporto risulti motivato dal mutamento di cui si è detto e che deve pertanto essere esplicitato. Del resto, ove la manifestazione di volontà di sciogliersi dal rapporto prescindesse dall’identificazione del mutamento dell’attività sostanzialmente incidente sulla posizione del dirigente, verrebbe a mancare ogni punto di riferimento al quale parametrate oggettivamente, ex post, il riconoscimento datoriale del diritto all’indennità.

Ciò detto, a fronte di una lettera con cui il T. si è limitato a rassegnare le dimissioni senza alcun’altra spiegazione, dichiarando puramente e semplicemente di attendere comunicazioni dell’azienda sia sulla data di cessazione del rapporto, sia sull’applicazione di non meglio precisati “elementi previsti dal c.c.n.l.”, la Corte territoriale, nel ribaltare la decisione già adottata sul punto dal primo giudice, e nonostante il Fallimento si fosse espressamente difeso, tra l’altro, evidenziando che la lettera di dimissioni non faceva riferimento alcuno alla sussistenza dei presupposti di cui all’art. 16, ha totalmente omesso di scrutinare il contenuto di detta lett. e di verificare se, in essa, fosse ravvisabile la manifestazione di volontà di sciogliersi dal rapporto a cagione del mutamento della propria attività sostanzialmente incidente sulla sua posizione.

La sentenza impugnata va pertanto cassata e rinviata alla Corte d’appello di Palermo in diversa composizione, la quale si atterrà a quanto dianzi indicato e provvederà anche sulle spese di questo giudizio di legittimità.

2.3. – Il sesto motivo è assorbito.

3. – Il ricorso incidentale contiene due motivi.

3.1. – Il primo motivo denuncia motivazione insufficiente e contraddittoria in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, censurando la sentenza impugnata in relazione al rigetto della domanda di differenze del bonus aziendale per l’anno 2000 e di pagamento del bonus per il periodo gennaio-giugno 2001.

Si manifesta nel corpo del motivo la volontà di “reiterare la richiesta di inammissibilità della produzione dei verbali del Cda, allegati dalla curatela alla memoria di replica ex art. 184 c.p.c.”. Più avanti si sostiene che la motivazione del rigetto della domanda sarebbe contraddittoria. In via subordinata si sostiene la sussistenza di un diritto al risarcimento del danno da liquidarsi in via equitativa.

3.2. – Il secondo motivo denuncia violazione dell’art. 13 del contratto collettivo nazionale per i dirigenti industriali in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè motivazione contraddittoria in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5.

4. – Il ricorso incidentale è infondato.

4.1. – Il primo motivo di ricorso incidentale è inammissibile.

Esso difatti, laddove fa denuncia di vizio motivazionale, è estraneo alla previsione dell’art. 360 c.p.c., n. 5 il quale consente di censurare la sentenza impugnata per omessa considerazione di un fatto controverso e decisivo, non più per motivazione insufficiente e contraddittoria.

Per quanto riguarda l’error in procedendo asseritamente costituito dalla non rilevata tardività della produzione documentale, il motivo è privo del requisito dell’autosufficienza, giacchè non localizza nè la memoria ex art. 184 c.p.c., nè l’atto contenente l’eccezione di inammissibilità della documentazione richiamata nel motivo.

4.2. – Il secondo motivo è infondato.

Esso si disinteressa della ratio decidendi posta dalla Corte territoriale a fondamento della propria decisione, e pur identificata dal ricorrente incidentale.

Lo stesso T. riconosce che il giudice di merito ha respinto la domanda di indennità ex art. 13 del contratto collettivo nazionale di lavoro anzitutto per il fatto che la lettera di dimissioni non indicava le ragioni di esse, riconducibili alla previsione dettata dalla richiamata disposizione.

Ed invero, il motivo non prova neppure a spiegare che cosa di errato vi sarebbe, in iure, in tale affermazione: si afferma infatti, alle pagine 14-15, che il lavoratore non avrebbe “alcun obbligo di indicare i motivi del recesso”, ma non si offre alcun supporto logico-giuridico di simile affermazione.

Viceversa, l’affermazione della Corte territoriale secondo cui, “posto che il trasferimento di azienda costituisce giusta causa di dimissione solo ove comporti un sostanziale e importante mutamento delle condizioni di lavoro, nella lettera di dimissioni deve necessariamente essere specificata la ragione delle stesse, proprio per consentire al datore di lavoro di riconoscere o escludere la giusta causa e, conseguentemente, di riconoscere o negare il pagamento di 1/3 dell’indennità di preavviso”.

In effetti, tale affermazione è conforme a diritto, secondo quanto già indicato, in riferimento all’art. 16 dello stesso contratto collettivo nazionale di lavoro, al p. 2.2.

Sicchè il motivo come si premetteva è infondato.

5. – La sentenza è cassata in relazione ai motivi accolti e rinviata anche per le spese alla Corte d’appello di Palermo in diversa composizione.

P.Q.M.

rigetta il primo e secondo motivo del ricorso principale e il ricorso incidentale, accoglie il terzo, quarto e quinto motivo del ricorso principale, assorbito il sesto, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia anche per le spese alla Corte d’appello di Palermo in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima civile, il 6 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 10 luglio 2019

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