Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18530 del 07/09/2020

Cassazione civile sez. VI, 07/09/2020, (ud. 01/07/2020, dep. 07/09/2020), n.18530

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21714-2018 proposto da:

B.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati

SABRINA ERBA, WALLY SALVAGNINI;

– ricorrente –

contro

G.C.;

– intimata –

avverso l’ordinanza della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il

11/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 01/07/2020 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIA

IOFRIDA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Bologna, con decreto n. cronol. 3845/2018, depositato l’11/6/2018, ha respinto il reclamo di B.G. avverso il provvedimento con cui il Tribunale di Piacenza aveva respinto la sua richiesta di riduzione dell’assegno di mantenimento che egli era tenuto a corrispondere alla moglie, G.C., (Euro 600,00 mensili) ed alla figlia (Euro 400,00 mensili oltre il 70% delle spese straordinarie), per effetto delle condizioni di separazione consensuale omologata con decreto dell’aprile 2016.

In particolare, la Corte d’appello ha rilevato la mancata allegazione di fatti nuovi sopravvenuti, essendosi il reclamante limitato genericamente a lamentare la particolare gravosità dell’impegno assunto in ordine alla misura, concordata, di contribuzione per il 70%, alle spese di carattere straordinario collegate a mantenimento della figlia minore.

Avverso il suddetto decreto comunicato l’11/6/2018, B.G. propone ricorso per cassazione, notificato a mezzo PEC il 9/7/2018, affidato a due motivi, nei confronti di G.C. (che non svolge difese).

E’ stata disposta la trattazione con il rito camerale di cui all’art. 380-bis c.p.c., ritenuti ricorrenti i relativi presupposti.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorrente lamenta, con il primo motivo, la violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, dell’art. 156 c.c., comma 6, avendo la Corte territoriale adottato una nozione particolarmente restrittiva dei fatti sopravvenuti necessari per la revisione delle condizioni economiche nel giudizio di separazione personale tra coniugi, dovendo invece ritenersi che l’importo di Euro 400-500 mensili, per spese straordinarie occorrenti per la figlia minore, rappresenta una circostanza sopravvenuta del tutto inaspettata e sconosciuta, tanto che egli era stato costretto a ricorrere ad un finanziamento; con il secondo motivo, si lamenta poi la violazione e/o falsa applicazione, ex art-360 c.p.c., n. 3, dell’art. 91 c.p.c., dolendosi della condanna alle spese di lite in virtù del principio della soccombenza.

2. La prima censura è infondata.

La Corte distrettuale ha considerato, correttamente, che l’art. 156 c.c., comma 7, ammette la modificazione delle condizioni di separazione allorquando “sopravvengono giustificati motivi”: ora, in tema di separazione consensuale, applicandosi in via analogica l’art. 156 c.c., comma 7, i giustificati motivi che autorizzano il mutamento, attraverso il ricorso al procedimento ex art. 710 c.p.c., delle relative condizioni consistono in fatti nuovi sopravvenuti, modificativi della situazione in relazione alla quale gli accordi erano stati stipulati, con la conseguenza che esulano da tale oggetto i fatti preesistenti alla separazione, ancorchè non presi in considerazione in quella sede per qualsiasi motivo (Cass. 22 novembre 2007, n. 24321; cfr. pure Cass. 8 maggio 2008, n. 11488; Cass.14093/2009; Cass. 789/2017; Cass. 28436/2017). Già con la sentenza n. 3149/2001 questa Corte ha precisato che “la sentenza di separazione dà luogo a un giudicato “rebus sic stantibus”, non modificabile in relazione ai fatti che avrebbero potuto essere dedotti nel relativo giudizio; così come gli accordi negoziali sottoscritti in sede di separazione consensuale omologata non sono modificabili in relazione a fatti dei quali le parti avrebbero dovuto tenere conto al momento della conclusione degli accordi di separazione” e che “la sentenza e l’atto di separazione consensuale omologata sono invece modificabili in relazione alla sopravvenienza di fatti nuovi che abbiano alterato la situazione preesistente, mutando i presupposti in base ai quali il giudice o le parti avevano stabilito le condizioni della separazione”.

Di conseguenza, si è affermato (Cass. 14093/2009), non possono essere presi in considerazione, in sede di revisione dell’assegno di mantenimento disposto in sede di separazione, non soltanto i vizi del consenso che abbiano in ipotesi inciso sul contenuto degli accordi raggiunti dai coniugi, ma neppure tutti quei fatti, preesistenti o coevi alla determinazione dell’assegno di mantenimento, che avrebbero potuto e dovuto essere dedotti in tale sede, in ragione del fatto che, come si è già ricordato, la pronuncia sull’assegno di mantenimento è idonea a dar luogo ad un giudicato, sia pure rebus sic stantibus, sul quale non possono incidere tutte le circostanze preesistenti alla formazione del titolo, in base al noto principio per cui il giudicato copre il dedotto ed il deducibile.

Ne consegue che l’accordo non è modificabile sulla base di un semplice riesame circa l’opportunità delle soluzioni concordate dai coniugi nell’intercorsa convenzione ovvero per non essere il fatto, dedotto nel ricorso ex art. 710 c.p.c., stato preso in considerazione in sede di determinazione originaria dell’assegno.

Ora, l’unica modifica addotta dal ricorrente, anche in questa sede, consiste nell’asserito carattere inaspettato della entità contribuzione alle spese straordinarie di mantenimento della figlia minore, concordata in sede di separazione consensuale, che non rappresenta un fatto sopravvenuto, non rilevando i fatti preesistenti alla determinazione dell’assegno di mantenimento, che avrebbero dovuto e potuto essere presi in considerazione e dedotti in quella sede.

3. il secondo motivo è inammissibile, in quanto il ricorrente del tutto genericamente assume che egli era stato costretto ad intraprendere la lite, il che non poteva comportare la non applicazione del principio di soccombenza in punto di statuizione sulle spese processuali, respinto il reclamo.

4. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso. Non v’è luogo a provvedere sulle spese processuali, non avendo l’intimata svolto attività difensiva.

PQM

La Corte respinge il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 1 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 7 settembre 2020

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