Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18525 del 10/07/2019

Cassazione civile sez. I, 10/07/2019, (ud. 11/04/2019, dep. 10/07/2019), n.18525

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8043/2015 proposto da:

Banca Di Sconto e Conti Correnti Di Santa Maria Capua Vetere Spa, in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in Roma, Via Nizza 59, presso lo studio dell’avvocato Di

Amato Astolfo, che la rappresenta e difende, giusta procura a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

L.R.P.V., in qualità di erede di L.R.A. e

F.G.G., e L.R. Marmi di L.R.P.V.

& C Sas, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliati in Roma, Via Giuseppe Gioacchino Belli 27,

presso lo studio dell’avvocato Abbate Alessandra, rappresentati e

difesi dall’avvocato Bracciale Franco, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrenti –

e contro

L.R.M.G., in qualità di erede di L.R.A. e

F.G.G., elettivamente domiciliata in Roma, Via Dei

Prefetti 17, presso lo studio dell’avvocato Reccia Domenico,

rappresentata e difesa dall’avvocato Sciscione Italo, giusta procura

a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza 731/2014 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, del

18/2/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

11/04/2019 da Dott. FALABELLA MASSIMO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – Con due distinte citazioni notificate il 20 luglio 1992, L.R. Marmi di L.R.P.V. & C. s.a.s. e L.R. Antonio proponevano opposizione avverso il decreto i igiuntivo pronunciato dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere su ricorso della Banca di Sconto Conti Correnti s.p.a.: decreto con cui veniva loro intimato, nella qualità di obbligata principale la prima e di fideiussore il secondo, il pagamento della somma di lire 308.331.281, oltre interessi e spese. L’importo ingiunto costituiva lo scoperto di un conto corrente acceso dalla società e per il quale era stata prestata garanzia fideiussoria.

La banca convenuta si costituiva in entrambi i giudizi, che venivano riuniti.

Il Tribunale, a seguito dell’espletamento di due consulenze tecniche, pronunciava sentenza non definitiva con cui revocava il decreto ingiuntivo opposto, accertava la nullità parziale del contratto di conto corrente nella parte in cui prevedeva la capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi, stabiliva che l’interesse debitorio andasse ricondotto al tasso soglia per il periodo successivo all’entrata in vigore della L. n. 108 del 1996, accoglieva parzialmente l’opposizione di L.R.A. con riguardo all’eccepita nullità della fideiussione e disattendeva le deduzioni degli opponenti relative alla commissione di massimo scoperto, alla decorrenza delle valute e all’estinzione della garanzia; con separata ordinanza rimetteva poi la causa in istruttoria per la quantificazione delle somme dovute. A seguito di un supplemento di consulenza tecnica, il Tribunale pronunciava sentenza definitiva con cui condannava in solido la società e gli eredi del fideiussore, nel frattempo deceduto, al pagamento, in favore della banca, della somma di Euro 542.327,81.

2. – Le due pronunce erano appellate dalla società L.R. Marmi, da F.G.G., L.R.M.G. e L.R.P.V.. Nella resistenza della banca, la Corte di appello di Napoli, in data 18 febbraio 2014, pronunciava quindi sentenza con cui, in totale riforma delle decisioni impugnate, revocava il decreto ingiuntivo opposto. A fondamento di detta statuizione la Corte di merito poneva il dato della mancata acquisizione, nel corso del giudizio, degli estratti conto che avrebbero dovuto documentare l’andamento del rapporto.

3. – La sentenza della Corte campana è impugnata per cassazione dalla Banca di Sconto Conti Correnti che fa valere due motivi. Resistono con due distinti controricorsi la società L.R. Marmi, insieme a L.R.P.V. (erede di L.R.A. e di F.G.G.), e L.R.M.G.. Sono state depositate memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Il primo motivo lamenta la violazione degli artt. 112 e 342 c.p.c.. Rileva la ricorrente che gli appellanti non avevano basato la loro impugnazione sulla mancata prova del credito di essa banca e, segnatamente, sulla mancata produzione degli estratti conto.

Col secondo motivo è denunciata la violazione dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 115 c.p.c., comma 1. Osserva l’istante che la sentenza impugnata era passibile di censura per la mancata rilevazione, da parte del giudice di appello, della presenza in atti degli estratti conto di cui si dibatte.

2. – La presente decisione è resa a seguito di quella, pure assunta in data odierna, con riguardo all’impugnazione per cassazione della pronuncia della Corte di appello sulla revocazione della sentenza di cui si dibatte nella presente sede: ciò in conformità del principio per cui il carattere pregiudiziale delle questioni inerenti alla revocazione comporta che il loro esame abbia la precedenza su quello del ricorso contro la sentenza di appello (per tutte: Cass. 20 marzo 2009, n. 6878). Mette conto di dare atto, qui, che il ricorso contro la sentenza di revocazione è stato respinto.

Il ricorso è inammissibile, in quanto tardivo.

Contro la sentenza qui impugnata è stata proposta domanda di revocazione ex art. 395 c.p.c.. Ciò è avvenuto con citazione notificata alle controparti (odierne controricorrenti) il 13 novembre 2014.

La notificazione della citazione per la revocazione di una sentenza di appello equivale (sia per la parte notificante che per la parte destinataria) alla notificazione della sentenza stessa ai fini della decorrenza del termine breve per proporre ricorso per cassazione, onde la tempestività del successivo ricorso per cassazione va accertata non soltanto con riguardo al termine di un anno dal deposito della pronuncia impugnata, ma anche con riferimento a quello di sessanta giorni dalla notificazione della citazione per revocazione, a meno che il giudice della revocazione, a seguito di istanza di parte, abbia sospeso il termine per ricorrere per cassazione, ai sensi dell’art. 398 c.p.c., comma 4, (Cass. 19 giugno 2007, n. 14267; Cass. 22 marzo 2013, n. 7261; cfr. pure: Cass. 13 luglio 2017, r. 17309; Cass. 10 gennaio 2019, n. 474).

Tale sospensione – operante nel giudizio in corso a mente della L. n. 353 del 1990, art. 90, comma 1, che ha reso applicabile l’art. 398 c.p.c., comma 4, anche ai giudizi pendenti alla data del 1 gennaio 1993 (quale è il giudizio che qui interessa) – non è stata tuttavia disposta (avendo la Corte di appello rigettato la relativa istanza), sicchè occorre verificare se il ricorso per cassazione sia stato proposto nel termine di sessanta giorni dal 13 novembre 2014.

Al quesito va data risposta negativa, dal momento che l’atto di impugnazione, datato 16 marzo 2015, reca relazioni di notifica del 18 marzo 2015.

Opinare che l’effetto sospensivo si produca anche nell’ipotesi in cui sia in concreto denegato il beneficio richiesto (con riferimento al periodo anteriore a quello in cui è resa pronuncia sull’istanza di sospensione) equivale ad arnmettere che quell’effetto si produca in una fattispecie che la legge esclude possa assumere rilievo ai fini indicati: e cioè anche nel caso in cui il giudice avanti al quale è proposta la revocazione ritenga manifestamente infondata la detta impugnazione. Deve quindi senz’altro escludersi che un qualche effetto sospensivo possa prodursi ove il giudice della revocazione respinga l’istanza ex art. 398 c.p.c., comma 4.

E tale rilievo è innegabilmente assorbente rispetto al tema della decorrenza degli effetti del provvedimento sospensivo: effetti che una parte della giurisprudenza ritiene decorrano dalla proposizione dell’istanza (Cass. 17 aprile 2013, n. 9239) e altra parte dalla pronuncia del provvedimento di cui all’art. 398 c.p.c., comma 4, (Cass. 5 giugno 2014, n. 12701). Tanto più – va aggiunto per mera completezza – che, sommando il periodo di tempo intercorrente tra la notifica della citazione (10 novembre 2014) e il deposito dell’istanza (12 dicembre 2014), con l’arco di tempo ricompreso tra il provvedimento reiettivo (13 febbraio 2015) e la notifica del ricorso per cassazione (18 marzo 2015), il termine di sessanta giorni risulterebbe comunque superato.

3. – Segue la condanna della ricorrente, siccome soccombente, al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

LA CORTE

dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento, in favore delle due parti controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, per ciascuna di esse, in Euro 8.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 11 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 10 luglio 2019

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