Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18524 del 13/07/2018


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Civile Ord. Sez. 3 Num. 18524 Anno 2018
Presidente: TRAVAGLINO GIACOMO
Relatore: MOSCARINI ANNA

ORDINANZA

sul ricorso 21661-2015 proposto da:
POMELLA IRENE, POMELLA GUIDO, considerati domiciliati
ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI
CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato
ROBERTO BERTONCELLI giusta procura in calce al
ricorso;
– ricorrenti contro

2018

GENERALI ITALIA SPA , in persona del procuratore

301

speciale VITTORIO PASCOLI, elettivamente domiciliata
in ROMA,

VIA

GIUSEPPE FERRARI 35, presso lo studio

dell’avvocato MARCO VINCENTI, che la rappresenta e
difende giusta procura in calce al controricorso;

Data pubblicazione: 13/07/2018

- controricorrente nonché contro

VIGNOLA ANDREA, SAES SRL , FALLIMENTO SRL SOCIETA’
ASFALTI E STRADE IN LIQUIDAZIONE;
– intimati –

di TORINO, depositata il 14/04/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 29/01/2018 dal Consigliere Dott. ANNA
MOSCARINI;

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avverso la sentenza n. 722/2015 della CORTE D’APPELLO

FATTI DI CAUSA
Guido e Irene Pomella agirono in giudizio nei confronti delle
Assicurazioni Generali S.p.A. per sentir pronunciare la condanna della
compagnia al pagamento del danno terminale patìto dal loro congiunto,
Alessandro Pomella, quando il giorno 7/8/2001 a bordo di un motociclo

autocarro in sosta che sporgeva dagli appositi spazi di parcheggio sulla
parte sinistra della carreggiata, e poco dopo l’incidente decedeva. Con
sentenza del 2008 la Corte d’Appello di Torino dichiarò la responsabilità
di Alessandro Pomella, deceduto, nella misura del 75°h, mentre per il
restante 25% ritenne responsabile il Vignola, conducente del veicolo
parcheggiato sul lato sinistro. Liquidò, a titolo di danno non
patrimoniale, in favore del padre e della sorella della vittima (Guido
Pomella e Irene Pomella) rispettivamente la somma di C 37.500 e di C
14.000, oltre interessi e rivalutazione.
La Corte d’Appello escluse la risarcibilità del danno biologico e del
danno morale iure hereditatis patito dalla vittima nel breve lasso di
tempo, pari a circa 45 minuti, in cui era rimasto in vita dall’incidente
fino alla morte, in ragione del fatto che il breve lasso di tempo di
sopravvivenza non consentiva di integrare un danno non patrimoniale
di apprezzabile gravità nei suoi eredi.
Proposto ricorso per cassazione questa Corte, con sentenza del
7/6/2011, accogliendo il quinto e il sesto motivo di ricorso, ha applicato
la giurisprudenza delle Sezioni Unite n. 26972 del 2008 che ha
ricondotto il danno cd. “terminale” alla più ampia accezione del danno
morale riconnettendo, non al lasso temporale ma al perdurare dello
stato di lucidità della vittima, il diritto al risarcimento sorto in capo alla
stessa vittima e destinato a trasmettersi iure hereditatis pure ai
congiunti. Riassunto il giudizio davanti ad altra sezione della Corte di
Appello di Torino, gli attori insistettero perché, in applicazione delle

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Ducati, nell’eseguire una manovra di sorpasso, urtava contro un

tabelle milanesi del 2011, il danno fosse quantificato, anche a seguito
di personalizzazione, nella misura di C 1.268.678, di guisa che il 25%
di detta somma imputabile al danneggiante, pari ad C 317.170,00,
fosse liquidato in C 105.723,00 per ciascuno.
La compagnia Assicurazione Generali, costituendosi in giudizio, ha

con sentenza del 14/4/2015, ha ritenuto che il danno reclamabile dagli
eredi fosse della massima intensità, considerata l’estensione delle
lesioni e la giovane età del Pomella; ha accertato che la vittima era
rimasta cosciente per circa 45 minuti dopo l’incidente, avendo
percezione dell’ineluttabilità della propria fine. Ha pertanto ritenuto
riconoscibile in favore della vittima il danno cd. catastrofico, liquidabile
con un criterio equitativo, e non anche con l’applicazione delle tabelle
milanesi. In applicazione del criterio equitativo, ha ritenuto che il danno
catastrofale era liquidabile in C 40.000, con la riconoscibilità, in favore
di ciascun erede, di un quarto della somma complessiva, cioè di C
10.000, con compensazione di 2/3 delle spese legali.
Avverso la sentenza Guido e Irene Pomella propongono ricorso per
cassazione affidato ad un unico motivo, illustrato da memoria. Resiste
con controricorso Generali Italia S.p.A.
RAGIONI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo i ricorrenti denunciano la violazione o falsa
applicazione degli artt. 1226, 2056 e 2059 c.c., dell’art. 3 Cost. ed
omesso esame dei fatti in ordine all’applicazione delle tabelle milanesi
in relazione all’art. 360, nn. 3 e 5 c.p.c.
I ricorrenti si dolgono della mancata applicazione, da parte del giudice
del merito, delle tabelle milanesi nonostante questa Corte, con la
sentenza a Sezioni Unite n. 12408 del 7/6/2011 abbia introdotto un
importante principio in materia di liquidazione del danno non
patrimoniale, consacrando le tabelle elaborate dal Tribunale di Milano
come le più idonee ad assicurare l’equità nel risarcimento del danno da

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riconosciuto dovuta la somma di C 20.000. La Corte d’Appello di Torino,

sinistri stradali. Ciò nonostante, nel caso di danno catastrofale, questa
Corte ha ritenuto preferibile il ricorso ad un criterio equitativo che tenga
conto dell’età della vittima, dell’enormità del pregiudizio, etc. (Cass.,
3, n. 23183 del 31/10/2014: “In caso di sinistro mortale, che abbia
determinato il decesso non immediato della vittima, al danno biologico

totale (sempre presente e che si protrae dalla data dell’evento lesivo
fino a quella del decesso), può sommarsi una componente di sofferenza
psichica (danno catastrofico), sicché, mentre nel primo caso la
liquidazione può essere effettuata sulla base delle tabelle relative
all’invalidità temporanea, nel secondo la natura peculiare del
pregiudizio comporta la necessità di una liquidazione che si affidi ad un
criterio equitativo puro, che tenga conto della “enormità” del
pregiudizio, giacché tale danno, sebbene temporaneo, è massimo nella
sua entità ed intensità, tanto da esitare nella morte.” Si veda altresì
Cass., 3, n. 21060 del 19/10/2016). Peraltro la Corte d’Appello non ha
omesso di specificare le ragioni per le quali ha applicato il criterio
equitativo in luogo delle tabelle milanesi, di guisa che, anche sotto
questo diverso profilo, la sentenza si sottrae a censura.
Conclusivamente il ricorso è rigettato, con le conseguenze sulle spese
del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, e sul raddoppio
del contributo unificato.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti alle spese del
giudizio di cassazione, liquidate in C 5.250 (più C 200 per esborsi), oltre
accessori di legge e spese generali al 15 %. Ai sensi dell’art. 13 co. 1
quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei
presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il
ricorso, a norma del co. 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, il 29/1/2018

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terminale, consistente in un danno biologico da invalidità temporanea

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