Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18524 del 09/09/2011

Cassazione civile sez. lav., 09/09/2011, (ud. 11/05/2011, dep. 09/09/2011), n.18524

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido – Presidente –

Dott. TOFFOLI Saverio – rel. Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

P.M., elettivamente domiciliato in Roma, VIA CARLO CONTO

ROSSINI 26, presso lo studio dell’avvocato D’URBANO PAOLO,

rappresentato e difeso dall’avvocato VALCHI PAOLO, giusta delega in

atti;

– ricorrente –

contro

AZIENDA SANITARIA UNICA REGIONALE DELLE MARCHE, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

ALBERICO II 33, presso lo studio dell’avvocato LUDINI ELIO,

rappresentata e difesa dall’avvocato FATICHENTI FRANCO, giusta delega

in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 273/2008 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 11/06/2008 R.G.N. 273/08;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/05/2011 dal Consigliere Dott. SAVERIO TOFFOLI;

udito l’Avvocato LUDINI ELIO per delega FATICHENTI FRANCO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso al Tribunale di Macerata, P.M., premesso di essere medico specialista ambulatoriale nella branca di radiologia convenzionato con la la AUSL n. (OMISSIS) di Civitanova Marche, e precedentemente con le poi soppresse USL n. (OMISSIS) confluite in detta AUSL, chiedeva la condanna di quest’ultima al pagamento, nella corretta misura prevista dalla normativa in materia, dei compensi aggiuntivi previsti per atti e interventi di particolare impegno professionale, c.d. PIP, svolti durante il normale orario di servizio.

La Ausl n. (OMISSIS), costituendosi in giudizio, resisteva alla domanda, eccependo anche la prescrizione parziale del credito e proponendo domanda riconvenzionale di rimborso di somme che essa aveva versato in adesione alle richieste avversarie per il periodo 1995-1997- Nel corso del giudizio eccepiva altresì il proprio difetto di legittimazione passiva relativamente ai debiti delle soppresse USL. Il Tribunale rigettata questa eccezione, accoglieva la domanda.

A seguito di appello proposto dalla Azienda sanitaria unica regionale delle Marche (ASUR), subentrata alla originaria convenuta, la Corte d’appello di Ancona, dichiarava il difetto di legittimazione passiva della ASL (OMISSIS) rispetto ai crediti del medico anteriori all’1.1.1995 e confermava per il resto la sentenza impugnata.

Riguardo alla questione di legittimazione, che ancora rileva, osservava che quella discussa era in effetti qualificabile come questione relativa alla legittimazione passiva, o alla legitimatio ad causam, e non alla titolarità passiva della situazione giuridica sostanziale, e quindi era rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio. Sul merito della questione stessa, relativa alla legittimazione passiva per i crediti delle USL soppresse ad opera D.Lgs. n. 502 del 1992, si richiamava all’orientamento giurisprudenziale, escludente la legittimazione della aziende sanitarie di nuova costituzione.

Il P. ricorre per cassazione con tre motivi. L’AUSL Marche resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto nella qualificazione giuridica della fattispecie come relativa a questione di legitimatio ad causam invece che di titolarità passiva, con conseguente violazione dell’art. 112 c.p.c., stante l’esame della questione stessa, benchè non tempestivamente sollevata dalla convenuta con l’atto di costituzione in giudizio.

Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 416 c.p.c. e omessa motivazione. Si sostiene che, in relazione alla corretta qualificazione della questione, la stessa avrebbe dovuto essere risolta attribuendo rilievo determinante alla mancata tempestiva contestazione all’atto della costituzione in giudizio della convenuta.

Il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione e contraddittorietà di motivazione “per la generica individuazione della Regione Marche quale soggetto legittimato a resistere in giudizio in contrapposizione a quello chiamato dal ricorrente”. Si deduce:

– che l’indicazione della Regione come legittimata passiva non è adeguata, stante le molteplici funzioni dell’ente;

– che in effetti il ricorrente aveva convenuto in giudizio l’Ausl n. (OMISSIS) “in persona del Commissario straordinario pro-tempore”, utilizzando le stesse qualifiche impiegate dall’ente nella corrispondenza relativa alla vertenza che aveva dato luogo alla successiva causa;

– che ciò dimostrava l’insussistenza di una effettiva distinzione tra la AUSL n. (OMISSIS) e la gestione liquidatoria, che peraltro usufruivano dello stesso numero di partita IVA, il che confermava l’identità del soggetto;

– che tale identità era stata confermata dalle difese su tutto il merito spiegate in giudizio dalla AUSL;

– che in effetti la gestione liquidatoria rappresenta uno dei tanti uffici della AUSL, che non può non averne anche la rappresentanza processuale.

I tre motivi, che per la loro connessione possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati.

Questa Corte ha ripetutarnente rilevato che, in base alla normativa con cui si è proceduto alla soppressione delle unità sanitarie locali e alla istituzione di una nuova tipologia di enti nell’ambito del Servizio sanitario nazionale (cfr. la L. 23 dicembre 1994, n. 724, art. 6, comma 1, e la L. 28 dicembre 1995, n. 549, art. 2, comma 14), e cioè delle aziende unità sanitarie locali (ASL o AUSL), enti strumentali delle regioni, si è realizzata una successione ex lege delle regioni nei rapporti obbligatori già di pertinenza delle USL, caratterizzata da una procedura di liquidazione affidata ad un’apposita gestione stralcio, fruente della soggettività dell’ente soppresso e rappresentata dai direttori generali delle nuove AUSL, nella qualità di commissari liquidatori (cfr., ex plurimis, Cass. n. 18189/2004, 2766/2005,18285/2005, 20412/2006).

Riguardo alla questione della qualificabilità della inesatta individuazione del soggetto che deve essere chiamato in giudizio per rispondere dei debiti di una USL nell’ambito della figura del difetto di legittimazione passiva, rilevabile d’ufficio, o della mancanza di titolarità passiva del rapporto obbligatorio, deve rilevarsi che non risulta, almeno di norma, essersi dubitato circa la appropriatezza del riferimento alla figura del difetto di legittimazione passiva. La questione, peraltro, è stata espressamente esaminata da Cass. 6420/2000, sulla base della teorizzazione al riguardo comunemente condivisa, secondo cui il difetto di legittimazione passiva (rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, salvo il limite del giudicato eventualmente formatosi) sussiste quando il convenuto non risulti essere il soggetto nei cui confronti, secondo la legge che regola il rapporto dedotto in giudizio, l’azione può essere esercitata, e attiene pertanto alla verifica, secondo la prospettazione attorea, della regolarità formale del contraddittorio, mentre l’effettiva titolarità passiva del rapporto giuridico controverso attiene al merito della controversia e il suo difetto non può essere rilevato d’ufficio dal giudice, ma deve essere dedotto nei tempi e nei modi previsti per le eccezioni di parte, detta pronuncia pervenendo alla conclusione che nell’ipotesi anche allora in esame della azienda unità sanitaria locale convenuta in giudizio per rispondere di pregressi debiti di una unità sanitaria locale soppressa, sussisteva un difetto di legittimazione passiva perchè, a norma della L. n. 274 del 1964, art. 6 la ASL convenuta non era individuabile come soggetto titolare del rapporto obbligatorio dedotto in giudizio. Tale soluzione è condivisibile, proprio perchè quella in discussione non è la questione di fatto relativa all’accertamento del soggetto con cui si è costituito un rapporto giuridico, ma la questione di puro diritto relativa alla individuazione del soggetto che secondo la legge è tenuto a rispondere di un rapporto i cui elementi di fatto, ai fini in esame, non sono in contestazione.

Deve rilevarsi, infine, che, a fronte di una materia inderogabilmente regolata dalla legge, non rilevano eventuali imprecisioni di qualificazioni intervenute nella sede amministrativa.

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.

Le spese del giudizio sono regolate in base al criterio legale della soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare le spese del giudizio alla controricorrente, liquidate in Euro quaranta/00 per esborsi ed Euro duemilacinqucento/00 per onorari, oltre spese generali, IVA e CPA secondo legge.

Così deciso in Roma, il 11 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 9 settembre 2011

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