Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18519 del 09/09/2011

Cassazione civile sez. VI, 09/09/2011, (ud. 13/07/2011, dep. 09/09/2011), n.18519

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, viale Mazzini n. 134,

presso lo studio dell’avv. Fiorillo Luigi, che la rappresenta e

difende per procura a margine del controricorso;

– ricorrente –

contro

F.C.G., elettivamente domiciliata in Roma, via

Crescenzio n. 2, se. B, int. 3, presso lo studio dell’Avv. Bonanni

Ennio, che la rappresenta e difende per procura conferita a margine

del ricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1811/09 della Corte d’appello di Roma,

pronunziata in causa n. 7517/06 r.g., depositata in data 23.11.09;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio in

data 13.07.11 dal Consigliere dott. Giovanni Mammone;

udito l’avv. Camporeale per delega Bonanni;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

FINOCCHI GHERSI Renato.

Fatto

RITENUTO FATTO E DIRITTO

1.- Con sentenza del Tribunale di Roma veniva rigettata la domanda di F.C.G. di dichiarare la nullità dell’apposizione del termine all’assunzione alle dipendenze di Poste Italiane s.p.a., disposta in suo favore per il periodo 8.6-30.9.00 per “esigenze eccezionali conseguenti alla fase di ristrutturazione e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso, in ragione della graduale introduzione di nuovi processi produttivi, di sperimentazione di nuovi servizi e in attesa dell’attuazione del progressivo e completo equilibrio sul territorio delle risorse umane”, ex art. 8 del ccnl 26.11.94 come integrato dall’accordo sindacale 25.9.97.

2.- Proposto appello dalla lavoratrice, la Corte d’appello di Roma con sentenza del 23.11.09 accoglieva l’impugnazione ritenendo sussistente la nullità del termine; conseguentemente, dichiarava l’esistenza del rapporto di lavoro a tempo indeterminato e condannava Poste Italiane a corrispondere le retribuzioni omesse dalla notifica del ricorso introduttivo, a titolo di risarcimento del danno.

La Corte di merito rilevava che – nell’ambito del sistema della L. n. 56 del 1987, art. 23 che aveva delegato le oo.ss. a individuare nuove ipotesi di assunzione a termine con la contrattazione collettiva – il contratto era stato stipulato in forza dell’art. 8 del CCNL Poste 26.11.94, come integrato dall’accordo 25.9.97, per fare fronte ad esigenze eccezionali connesse alla fase di ristrutturazione dell’azienda.

Considerato che la norma collettiva consentiva l’assunzione a termine per detta causale solo fino al 30.4.98, riteneva che per il secondo contratto il termine fosse illegittimamente apposto.

3.- Proponeva ricorso per cassazione Poste Italiane. Rispondeva con controricorso F.C..

Il consigliere relatore ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c. ha depositato relazione, che è stata comunicata al Procuratore generale e notificata ai difensori costituiti assieme all’avviso di convocazione dell’adunanza. – Bonanni ha depositato memoria.

4.- Con i motivi di ricorso Poste Italiane deduce:

4.1.- violazione dei canoni di ermeneutica contrattuale (art. 1362 c.c. e segg.) in relazione all’interpretazione dell’art. 8 del ccnl 26.11.94 e dell’accordo integrativo 25.9.97, nonchè carenza di motivazione. In particolare, il giudice non avrebbe considerato che gli accordi successivi a quello del 25.9.97 avevano valenza ricognitiva della sussistenza delle condizioni legittimanti in fatto il ricorso al contratto a termine, senza circoscrivere il ricorso a tale strumento solo al periodo temporale indicato.

4.2.- omessa ed insufficiente motivazione in quanto il giudice non ha esposto in modo idoneo le ragioni che porrebbero in rapporto il contratto collettivo 1994, l’accordo sindacale 25.9.97 ed i successivi accordi attuativi in relazione al limite temporale cui sarebbero subordinate le assunzioni a termine.

4.3.- violazione dell’art. 1206 c.c. e segg., artt. 2094, 2099 e 2697 c.c., in quanto il giudice avrebbe violato i principi e le norme di legge in materia di messa in mora e di corrispettività delle prestazioni, ritenendo che dalla nullità derivasse la prosecuzione del rapporto e l’obbligo retributivo del datore dalla data di assenta messa in mora.

Nell’ambito dello stesso motivo, la ricorrente sostiene che sarebbero violati anche gli artt. 210 e 421 c.p.c., in punto di aliunde perceptum, in quanto la Corte di merito, pur richiestane, ha omesso di provvedere circa l’esibizione di documentazione idonea a determinare i corrispettivi percepiti dal lavoratore per attività eventualmente svolte alle dipendenze di terzi.

4.4.- Poste Italiane conclude richiamando la L. 4 novembre 2010, n. 183, art. 32 che fissa specifici criteri di risarcimento del danno per la conversione del contratto di lavoro a tempo determinato per nullità del termine, con applicazione diretta ai giudizi pendenti alla data di entrata in vigore.

5.- Con controricorso tardivamente notificato F.C. sostiene che dopo il deposito della sentenza impugnata tra le parti è intervenuto un accordo per il componimento della controversia, con cui ella ha rinunziato al posto di lavoro e il datore ha pagato le retribuzioni medio tempore maturate. La stessa, esposti i motivi del ritardo della notifica (consistenti nella non tempestiva conoscenza dell’avvenuta notifica del ricorso, dovuta ad un suo cambio di domicilio), chiede di essere rimessa in termini per la notifica e, comunque, chiede il rigetto del ricorso.

6.- Rinviata all’esito dell’esame del ricorso la valutazione dell’istanza di rimessione in termini e della tempestività del controricorso (v. n. 9), deve essere presa in considerazione preliminare la questione, sollevata dal difensore di F.C. durante la discussione orale, dell’esistenza di una transazione tra le parti, che renderebbe inammissibile il ricorso.

Secondo la tesi sostenuta, tale transazione sarebbe conseguenza di scambio di corrispondenza intervenuta tra il difensore della lavoratrice e quello di Poste Italiane successivamente al deposito della sentenza oggi impugnata. Deve, tuttavia, rilevarsi che tale scambio di corrispondenza risulta avvenuto nell’aprile 2009, mentre la sentenza impugnata risulta depositata nel novembre dello stesso anno. Tale evidente contraddizione rende superfluo ogni esame ulteriore della questione.

7.- Passando all’esame dei primi due motivi di ricorso, deve rilevarsi che la L. 28 febbraio 1987, n. 56, art. 23 nel demandare alla contrattazione collettiva l’individuazione di nuove ipotesi di apposizione del termine al rapporto di lavoro, configura una delega in bianco a favore dei sindacati, i quali, pertanto, non sono vincolati all’individuazione di figure di contratto a termine omologhe a quelle previste per legge (v. S.u. 2.3.06 n. 4588).

Con tale delega le parti sindacali hanno individuato, quale ipotesi di contratto a termine, quella di cui all’accordo integrativo del 25.9.97, tanto che la giurisprudenza ritiene corretta l’interpretazione dei giudici di merito che, con riferimento agli accordi attuativi sottoscritti lo stesso 25.9.97 e il 16.1.98, ha ritenuto che con essi le parti abbiano voluto riconoscere la sussistenza – dapprima fino al 31.1.98 e poi (in base al secondo accordo) fino al 30.4.98 – della situazione di fatto integrante le esigente eccezionali menzionate da detto accordo integrativo. Dato che per far fronte a tali esigenze l’impresa poteva procedere ad assunzione di personale con contratto a tempo determinato fino al 30.4.98, i contratti a termine successivamente stipulati mancano di presupposto normativo.

In altre parole, le parti collettive avevano raggiunto un’intesa senza limite temporale ed avevano poi stipulato accordi attuativi che tale limite avevano posto, fissandolo inizialmente al 31.1.98 e successivamente al 30.4.98, per cui l’indicazione di quella causale nel contratto a termine avrebbe legittimato l’assunzione solo ove il contratto fosse scaduto in data non successiva al 30.4.98 (v., ex plurimis, Cass. 23.8.06 n. 18378). Quindi, i contratti scaduti (o comunque stipulati) al di fuori di tale limite temporale sono illegittimi in quanto non rientranti nel complesso legislativo- negoziale costituito dalla L. 28 febbraio 1987, n. 56 e dalla successiva legislazione collettiva, che consente la deroga alla L. n. 230 del 1962.

La giurisprudenza ha, altresì, ritenuto corretta, nella ricostruzione della volontà delle parti, l’irrilevanza dell’accordo 18.1.01 in quanto stipulato dopo oltre due anni dalla scadenza dell’ultima proroga, e cioè quando il diritto all’accertamento della nullità si era già perfezionato. Quando anche con quell’accordo le parti avessero voluto interpretare autenticamente gli accordi precedenti, con effetti di sanatoria delle assunzioni a termine effettuate senza la copertura dell’accordo 25.9.97 (ormai scaduto in forza degli accordi attuativi), in ogni caso sarebbe stato violato il principio dell’indisponibilità del diritto dei lavoratori, dovendosi escludere che le parti stipulanti avessero il potere, mediante lo strumento dell’interpretazione autentica, di autorizzare retroattivamente la stipulazione di contratti a termine non più legittimi perchè adottati in violazione della durata in precedenza stabilita (vedi, per tutte, Cass. 12.3.04 n. 5141).

Essendo stato il contratto a termine di F.C., oggetto della pronunzia impugnata, stipulato per il periodo 8.06-30.09.00, il termine era illegittimamente apposto ed i motivi sono da ritenere infondati.

8.- Il terzo motivo è inammissibile.

Il giudice di merito ha affermato che il ricorrente ha costituito in mora il datore di lavoro con la notifica del ricorso introduttivo, in questa occasione mettendo a disposizione di controparte le proprie energie lavorative. Trattasi di accertamento di merito, congruamente motivato, incensurabile in questa sede.

Patimenti inammissibile è la censura a proposito dell’aliunde perceptum, su cui la ricorrente non fa che richiamare le generiche deduzioni proposte nel giudizio di merito, mentre sarebbe stato suo onere, quale datore di lavoro, allegare dati di fatto e circostanze che il giudice avrebbe ignorato in punto di percezione di eventuali redditi del lavoratore.

L’inesistenza di un valido motivo di censura della pronunzia in punto di risarcimento del danno rende estranea al presente giudizio la questione dell’applicabilità alla presente controversia della L. 4 novembre 2010, n. 183, art. 32.

9.- Quanto all’istanza di rimessione in termini della controricorrente, in ossequio al principio costituzionale della ragionevole durata del processo ed in ragione dell’infondatezza dei motivi di ricorso, deve ritenersi superflua la rimessione in termini della resistente, al quale è pur sempre concessa la possibilità di esercitare l’attività difensiva mediante la partecipazione alla discussione in camera di consiglio grazie alla notifica della presente relazione e dell’avviso di fissazione dell’adunanza (v. al riguardo S.u. 3.11.08 n. 26373 e Cass. 18.12.09 n. 26773).

Il controricorso deve essere, conseguentemente ritenuto inammissibile in quanto notificato oltre i termini previsti dall’art. 370 c.p.c. (notifica del ricorso del 23.11.10, notifica del controricorso del 9.2.11).

10.- Il ricorso è, invece, infondato e deve essere rigettato.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza. In considerazione della inammissibilità del controricorso, alla difesa di F.C. vanno riconosciuti esclusivamente le spese per il rilascio della procura e l’onorario per lo studio della controversia e per la discussione (Cass. 27.05.05 n. 11275 ed altre conformi).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 20,00 (venti/00) per esborsi ed in Euro 800,00 (ottocento/00) per onorari, oltre spese generali, Iva e Cpa.

Così deciso in Roma, il 13 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 9 settembre 2011

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