Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18517 del 02/08/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 18517 Anno 2013
Presidente: RUSSO LIBERTINO ALBERTO
Relatore: VIVALDI ROBERTA

SENTENZA

sul ricorso 3986-2008 proposto da:
MANUZZI

LEOPOLDO

MNZLLD36S15H501B,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DEI GOZZADINI 30, presso lo
studio dell’avvocato PROSPERINI ALBERTO, che lo
rappresenta e difende giusta delega in atti;
– ricorrente contro

2013
1384

CONIGLI CHIARA, GENERALI ASSICURAZIONI S.P.A., CONIGLI
PAOLO;
– intimati –

avverso la sentenza n. 5560/2006 della CORTE D’APPELLO

1

Data pubblicazione: 02/08/2013

di ROMA, depositata il 13/12/2006, R.G.N. 11684/2003;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 18/06/2013 dal Consigliere Dott. ROBERTA
VIVALDI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. IGNAZIO PATRONE che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso;

2

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Leopoldo Manuzzi ha proposto ricorso per cassazione affidato
ad un motivo avverso la sentenza in data 13.12.2006, con la
in un giudizio di

quale la Corte d’Appello di Roma

risarcimento danni da sinistro stradale,

e delle Assicurazioni

Generali spa – rigettò l’impugnazione dallo stesso proposta
avverso

la

sentenza

del

tribunale

riconosciuta

che,

l’esclusiva responsabilità dei convenuti, li aveva condannati
al risarcimento dei danni nei termini indicati in sentenza.
Gli intimati non hanno svolto attività difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso è stato proposto per impugnare una sentenza
pubblicata una volta entrato in vigore il D. Lgs. 15 febbraio
2006, n. 40, recante modifiche al codice di procedura civile
in materia di ricorso per cassazione; con l’applicazione,
quindi, delle disposizioni dettate nello stesso decreto al
Capo I.
Secondo l’art. 366-bis c.p.c. – introdotto dall’art. 6 del
decreto – i motivi di ricorso debbono essere formulati, a pena
di inammissibilità, nel modo lì descritto ed, in particolare,
360,

nei casi previsti dall’art.

n.

l),

2),

3)

e 4,

l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere con la
formulazione di un quesito di diritto, mentre, nel caso
previsto dall’art. 360, primo comma, n. 5), l’illustrazione di
ciascun motivo deve contenere la chiara indicazione del fatto

3

confronti di Paolo e Chiara Conigli

proposto nei

controverso in relazione al quale la motivazione si assume
omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la
dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a
giustificare la decisione.
Segnatamente, nel caso previsto dall’art. 360 n. 5 c.p.c., l’

inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso
in relazione al quale la motivazione si assume omessa o
contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta
insufficienza della motivazione la renda inidonea a
giustificare la decisione; e la relativa censura deve
contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di
diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera
da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del
ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (S.U.
1.10.2007 n. 20603; Cass. 18.7.2007 n. 16002).
Il quesito, al quale si chiede che la Corte di cassazione
risponda con l’enunciazione di un corrispondente principio di
diritto che risolva il caso in esame, poi, deve essere
formulato, sia per il vizio di motivazione, sia per la
violazione di norme di diritto, in modo tale da collegare il
vizio denunciato alla fattispecie concreta ( v. S.U. 11.3.2008
n. 6420 che ha statuito l’inammissibilità – a norma dell’art.
366 bis c.p.c. – del motivo di ricorso per cassazione il cui
quesito di diritto si risolva in un’enunciazione di carattere
generale ed astratto, priva di qualunque indicazione sul tipo
4

illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di

della

controversia

e

sulla

sua

riconducibilità

alla

fattispecie in esame, tale da non consentire alcuna risposta
utile a definire la causa nel senso voluto dal ricorrente, non
potendosi desumere il quesito dal contenuto del motivo od
integrare il primo con il secondo, pena la sostanziale

La funzione propria del quesito di diritto – quindi – è quella
di far comprendere alla Corte di legittimità, dalla lettura
del solo quesito, inteso come sintesi logico-giuridica della
questione, l’errore di diritto asseritamente compiuto dal
giudice di merito e quale sia, secondo la prospettazione del
ricorrente, la regola da applicare (da ultimo Cass.7.4.2009 n.
8463; v, anche S.U. ord. 27.3.2009 n. 7433).
Inoltre, l’art. 366 bis c.p.c., nel prescrivere le modalità di
formulazione dei motivi del ricorso in cassazione, comporta ai fini della declaratoria di inammissibilità del ricorso
stesso -, una diversa valutazione, da parte del giudice di
legittimità, a seconda che si sia in presenza dei motivi
previsti dai numeri l, 2, 3 e 4 dell’art. 360, primo coma,
c.p.c., ovvero del motivo previsto dal numero 5 della stessa
disposizione.
Nel primo caso ciascuna censura

– come già detto – deve,

all’esito della sua illustrazione, tradursi in un quesito di
diritto, la cui enunciazione (e formalità espressiva) va
funzionalizzata, ai sensi dell’art. 384 c.p.c.,
all’enunciazione del principio di diritto, ovvero a
5

dicta

abrogazione del suddetto articolo).

giurisprudenziali su questioni di diritto di particolare
importanza.
Nell’ipotesi, invece, in cui venga in rilievo il motivo di cui
al n. 5 dell’art. 360 c. p.c.c. (il cui oggetto riguarda il
solo

iter

argomentativo della decisione impugnata), è

formali, si deve concretizzare in una esposizione chiara e
sintetica del fatto controverso ( cd. momento di sintesi) – in
relazione al quale la motivazione si assume omessa o
contraddittoria – ovvero delle ragioni per le quali la dedotta
insufficienza rende inidonea la motivazione a giustificare la
decisione (v. da ultimo Cass. 25.2.2009 n. 4556; v. anche
Cass. 18.11.2011 n. 24255).
Con unico motivo il ricorrente denuncia

violazione dell’art.

139 del Decreto legislativo n. 209 del 7/)/2005 in relazione
all’art. 360 n. 3 c.p.c..
Il quesito posto al termine della illustrazione del motivo è
del seguente tenore: ” L’art. 139 del decreto legislativo
7/9/2005 n. 209 disciplinante la liquidazione del danno
biologico per lesioni di lieve entità derivanti da sinistri
stradali, è applicabile anche in relazione ai sinistri
verificatisi precedentemente al 1/1/2006 ( data di vigenza del
decreto) ma non ancora definiti su tale quantum al
sopravvenire della detta nuova normativa visto che in tal caso
la legge innovatrice regola non il fatto generatore bensì gli
effetti e solo essi, ed appunto rimasti incompiuti, e quindi
6

richiesta una illustrazione che, pur libera da rigidità

non retroagisce inoltre non rinvenendosi nella legge stessa
contrarie previsioni, ciò che vale anche in sede giudiziale e
pure in appello come in Cassazione allorché la norma sia
sopravvenuta nel corso di quei processi, semprechè si mantenga
nel devoluto e non si oltrepassino le richieste, e quand’anche

criteri, non ancora passata in giudicato per essere stata
impugnata sul precipuo tema e che consente così di ritenere il
rapporto ancora in vita?”.
Il quesito pecca di genericità e si risolve in una ()
enunciazione di carattere generale ed astratto, non contenendo ,
alcun riferimento alle peculiarità del caso concreto.
In particolare, nel quesito non è indicato in cosa sia
effettivamente consistita la supposta violazione nella
liquidazione del danno biologico imputata al giudice di
merito.
In

tal

modo,

la

Corte

di

legittimità

si

trova

nell’impossibilità di enunciare un o i principii di diritto
che diano soluzione allo stesso caso concreto (Cass. ord.
24.7.2008 n. 20409; S.U. ord. 5.2.2008 n. 2658; Sez. Un.
5.1.2007 n. 36, e successive conformi).
Nè il quesito, correttamente posto, può essere desunto dal
contenuto e dall’illustrazione del motivo che lo precede, e
neppure può essere integrato il primo con il secondo.
Diversamente, si avrebbe la sostanziale abrogazione della
norma dell’art. 366 bis c.p.c., applicabile
7

ratione temporis

esista una statuizione giudiziale di liquidazione con i vecchi

nella specie ( Sez. Un. 11.3.2008, n. 6420 e successive
conformi).
Il motivo è, quindi, inammissibile.
Pur essendo assorbenti le conclusioni di inammissibilità cui
si è pervenuti val la pena di sottolineare quanto segue.

biologico risultante dagli artt. 138 e 139 del d.lgs. 7
settembre 2005, n. 209 (c.d. codice delle assicurazioni), non
avente carattere

innovativo

in quanto

sostanzialmente

ricognitiva e confermativa degli indirizzi giurisprudenziali
in materia, impone, nella liquidazione del danno, un obbligo
motivazionale congruo ed adeguato, che dia conto, ai fini del
risarcimento integrale del danno alla persona e della sua
personalizzazione, sia delle componenti a prova scientifica
medico-legale, sia di quelle relative all’incidenza negativa
sulle attività quotidiane (c.d. inabilità totale o parziale),
sia di quelle che incidono sugli aspetti dinamico-relazionali
della vita del danneggiato (che attengono anche alla perdita
della capacità lavorativa generica e di attività socialmente
rilevanti ovvero anche meramente ludiche, ma comunque
essenziali per la salute o la vita attiva) (S.U. 11.11.2008 n.
26972; Cass. 18.2.2010 n. 3906).
Ma, nella specie, il difetto di specifica, puntuale censura nel quesito proposto – sulle concrete modalità di liquidazione
del danno biologico, come effettuata dal giudice del merito,
non consente di scendere all’esame del fondo del ricorso.
8

Il valore vincolante della definizione legislativa del danno

Conclusivamente, il ricorso è dichiarato inammissibile.
Nessun provvedimento è adottato in ordine alle spese, non
avendo gli intimati svolto attività difensiva.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla spese.

consiglio della terza sezione civile della Corte di
cassazione.

Così deciso il 18 giugno 2013 in Roma, nella camera di

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