Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18513 del 09/09/2011

Cassazione civile sez. VI, 09/09/2011, (ud. 13/07/2011, dep. 09/09/2011), n.18513

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

LE FERROVIE DEL SUD EST e SERVIZI AUTOMOBILISTICI S.r.L., in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

Roma, via Del Babuino n. 107, presso lo studio dell’Avv. SCHIANO

Angelo, che la rappresenta e difende assieme agli Avv. Ancora Luciano

e Giovanni Portaluri per procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

S.V., elettivamente domiciliato in Roma, Via Achille

Vertunni n. 117, presso lo studio dell’Avv. Coluccia Luigi, che la

rappresenta e difende per procura conferita a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 59/10 della Corte d’appello di Lecce,

pronunziata in causa n. 2703/08 r.g., depositata in data 25.01.10;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio in

data 13.07.11 dal Consigliere dott. Giovanni Mammone;

uditi gli Avv. Schiano ed Ancora;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

FINOCCHI GHERSI Renato.

Fatto

RITENUTO FATTO E DIRITTO

1.- La Corte d’appello di Lecce con sentenza n. 59 del 2010, pubblicata in data 25.01.10, rigettava l’impugnazione proposta contro la sentenza del locale Tribunale da Ferrovie del Sud Est e Servizi Automobilistici s.r.l., succeduta alla Gestione Commissariale Governativa Ferrovie del Sud Est, nei confronti di S.V., dipendente cessato dal servizio, confermando l’accoglimento della domanda del lavoratore avente ad oggetto il pagamento di differenze del trattamento di fine servizio per omesso computo di alcuni istituti retributivi.

La Corte territoriale riteneva fondata la domanda di computo nell’indennità di buonuscita (calcolata al 31.5.82) e nel trattamento di fine rapporto (t.f.r.) di detti istituti, atteso il loro carattere retributivo, fisso e continuativo, ai sensi dell’art. 2121 c.c. nel testo anteriore alla L. n. 297 del 1982. Inoltre, rilevava che la continuità dell’erogazione degli emolumenti in questione era provata dai prospetti paga esibiti e che la natura retributiva dell’indennità di trasferta, della diaria e della diaria ridotta era confermata dalla finalità di compensare una prestazione effettuata con modalità recanti un aggiuntivo disagio psico-fisico e materiale.

2.- Avverso questa sentenza proponeva ricorso per cassazione la società con due motivi, cui rispondeva l’intimato con controricorso.

Il consigliere relatore ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c. ha depositato relazione, che è stata comunicata al Procuratore generale e notificata ai difensori costituiti assieme all’avviso di convocazione dell’adunanza.

3.- Con il primo motivo la ricorrente addebita al giudice di merito di avere dapprima affermato che a partire dal 30.6.98 il calcolo del t.f.r. deve essere compiuto secondo la disciplina di diritto privato, non applicabile all’indennità maturata nel periodo anteriore in cui vigeva la disciplina pubblicistica, e poi di avere sostenuto che “si deve procedere al calcolo del t.f.r. sin dall’inizio del rapporto attribuendo efficacia retroattiva al D.Lgs. n. 80 del 1998”, con violazione dell’art. 11 preleggi. Il motivo si conclude con il seguente quesito: dica la C.S. se la disciplina privatistica per il calcolo del t.f.r., dettata dagli artt. 2120 e 2121 c.c., può essere applicata anche a questioni sorte antecedentemente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 80 del 1998, quando il rapporto di lavoro de quo era assoggettato alla precedente disciplina pubblicistica.

Il motivo è infondato. Infatti, la Corte d’appello ha affermato che il calcolo della buonuscita degli autoferrotramvieri, alla data del 31.5.82 è regolato dagli artt. 2120 e 2121, vecchio testo, c.c., mentre il t.f.r. spettante dall’1.6.82 va computato secondo il nuovo testo dell’art. 2120 c.c. Si tratta di giudizio giuridicamente corretto, adottato in conformità alla giurisprudenza di questa Corte (Cass. 27.6.96 n. 5935, 10.8.99 n. 8559, 13.12.07 n. 26096, quest’ultima specificamente riferita ad una fattispecie analoga a quella ora in esame).

A.- Con il secondo motivo la ricorrente sostiene che la disciplina dell’indennità di buonuscita è regolata per gli autoferrotramvieri dal R.D. n. 148 del 1931, il cui art. 1 rinvia alla contrattazione collettiva, nella specie costituita dal c.c.n.l. 23.7.76, il cui art. 24 esclude dal calcolo della buonuscita il lavoro straordinario e le varie indennità di trasferta, di diaria e diaria parziale, mentre l’esclusione dell’indennità di presenza è sancita dall’art. 4 dell’accordo nazionale 21.5.81. Peraltro, prosegue la società, la stessa L. n. 297 del 1982, all’art. 4, comma 6, fa salva la disciplina legislativa del t.f.r. dei dipendenti pubblici; ed è da escludere la nullità delle clausole dei contratti collettivi anteriori alla L. n. 297 del 1982 che derogano al principio di onnicomprensività. La ricorrente sostiene, inoltre, che la L. n. 297 del 1982 in punto di t.f.r. non si applicherebbe agli autoferrotramvieri; che le voci appena indicate non rientrerebbero nella retribuzione normale fissata dall’art. 24 del c.c.n.l. 23.7.76;

che sono voci saltuarie e variabili e pertanto non vanno computate.

L’illustrazione del motivo si conclude con il seguente quesito: dica la C.S. se alle ferrovie in concessione è applicabile la L. n. 297 del 1982, essendo tale categoria notoriamente assoggettata a disciplina pubblicistica speciale (R.D. n. 148 del 1931 e successive modifiche) e se inoltre gli emolumenti presi a base per il computo del t.f.r. vanno individuati in relazione al concetto di retribuzione normale fissato dall’art. 24 del c.c.n.l. 23.7.76, che fra i compensi da escludere, oltre a taluni nominati in modo specifico, indica anche tutti quelli corrisposti in modo saltuario e variabile.

Il motivo è manifestamente infondato, in quanto le censure in esso contenute si pongono in contrasto con consolidati principi affermati dalla giurisprudenza di questa Corte in materia di buonuscita degli autoferrotramvieri. Ed infatti, “il principio affermato dalla Corte Costituzionale con le sentenze 22.6.71 n. 140 e 28.5.75 n. 124, secondo il quale la retribuzione da prendere a base del calcolo dell’indennità di buonuscita del personale autoferrotramviario senza diritto a pensione (R.D. 8 gennaio 1931, n. 148, art. 26, all. A) deve intendersi in senso onnicomprensivo, secondo i criteri fissati per l’indennità di anzianità dagli artt. 2120 e 2121 c.c., trova applicazione anche riguardo all’indennità di buonuscita prevista dalla contrattazione collettiva in favore del personale autoferrotramviario con diritto a pensione, con la conseguente nullità di clausole contrattuali che escludono la computabilità di emolumenti di natura retributiva (nella specie, indennità di L. trentamila mensili e cinquecentoscttanta giornaliere previste dall’accordo del 21.5.81)” (Cass. 9.6.94 n. 5595, 1.3.95 n. 2391, 5.5.95 n. 4872, 27.6.96 n. 5935, 5.5.00 n. 5624, n. 26096/07 cit.; e, per quanto riguarda il t.f.r., Cass. 29.8.95 n. 9120, 5935/96 cit., 10.8.99 n. 8559, 16.6.05 n. 12863 e n. 26096/07 cit.).

Per quanto riguarda le singole voci retributive, le censure della ricorrente si rivolgono contro l’accertamento compiuto dal giudice di merito, per il quale la continuità della prestazione per lavoro straordinario feriale risultava dai prospetti paga mensili i quali rilevavano un compenso sempre presente e di importo tale da costituire consistente partita del trattamento retributivo.

Sull’indennità di trasferta, diaria e diaria parziale, lo stesso giudice ha spiegato che esse venivano corrisposte con continuità, sicchè era da ritenerne la natura retribuiva ed assente la funzione di rimborso spese. Analogamente ha motivato in ordine all’indennità di presenza.

5.- In conclusione, il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

Le spese del giudizio di legittimità, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 30,00 (trenta/00) per esborsi ed in Euro 1500,00 (millecinquecento/00) per onorari, oltre spese generali, Iva e Cpa.

Così deciso in Roma, il 13 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 9 settembre 2011

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