Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18513 del 02/08/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 18513 Anno 2013
Presidente: BERRUTI GIUSEPPE MARIA
Relatore: GIACALONE GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso 3722-2008 proposto da:
FILIPPI ZEFFIRINO, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA DEGLI SCIPIONI 267, presso lo studio dell’avvocato
SAVINI ZANGRANDI LUCA, che lo rappresenta e difende
unitamente agli avvocati SPAZZINI PATRIZIA, ALBARELLO
< é ANTONIO giusta delega in atti; - ricorrente - 2013 contro 1323 MANTOAN GIAN NICOLA; - intimato - avverso la sentenza n. 2171/2007 del TRIBUNALE di Data pubblicazione: 02/08/2013 VICENZA, depositata il 11/10/2007 R.G.N. 4037/2004; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12/06/2013 dal Consigliere Dott. GIOVANNI GIACALONE; udito l'Avvocato LUCA SAVINI ZANGRANDI; Generale Dott. GIUSEPPE CORASANITI che ha concluso per l'inammissibilita' del ricorso. 2 udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore 9) R.G. n. 3722/2008 IN FATTO E IN DIRITTO 1. Gian Nicola Mantoan aveva adito il G.d.P., chiedendo la condanna di Zeffirino Filippi al pagamento di Lire 2.000.000 a titolo di residua provvigione per !a mediazione svolta per la conclusione di un contratto di affitto di un immobile di proprietà del medesimo Filippi ad una società pari a Lire 7.920.000 di cui era stato corrisposto il minor importo di Lire 5.920.000; il Filippi si era costituito all'udienza del 6.6.2001 contestando di dovere alcunché e chiedendo, in via riconvenzionale, la compensazione con un proprio controcredito per Lire 2.000.000 nei confronti del Mantoan, con conseguente condanna dell'attore a corrispondergli interessi e rivalutazione su detta somma dal 10.3.2000 al 2.10.2000, essendosi il Mantoan indebitamente trattenuto l'assegno intestato al Filippi ed al mediatore consegnato da tale Piccoli, all'atto della sottoscrizione di precedente proposta di locazione relativa al medesimo immobile poi locato ad AWS s.r.1., a titolo di forfettario risarcimento danni ex art. 7 della proposta di conduzione redatta proprio dal mediatore con modulo prestampato sottoscritto dalle parti della promessa di locazione; alla successiva udienza avanti al G.d.P., l'attore non prendeva posizione in ordine a tali prospettazioni, non contestando la domanda riconvenzionale né i documenti prodotti da esso convenuto, contestando per la prima volta (parzialmente) tali fatti, e chiedendo il rigetto della riconvenzionale, con la memoria istruttoria depositata nei termini concessi, eccependo poi con successiva memoria di replica depositata il 28.11.2001 l'inammissibilità della riconvenzionale in quanto diretta ad accertare un rapporto non collegato a quello dedotto in causa. Il Giudice di Pace condannava il Filippi al pagamento a favore del Mantoan della somma di € 1.032,91, con gli interessi legali dal 3.11.2000 al saldo. 2. Con la sentenza oggetto della presente impugnazione, depositata 1'11.10.2007, notificata il 29.11.2007, il Tribunale di Vicenza accoglieva l'appello del Filippi solo sul punto dell'esclusione della sua condanna al 3 (AWS s.r.1.) per un canone di locazione di Lire 66.000.000, provvigione pagamento degli interessi legali sulla somma dovuta alla controparte e confermava nel resto l'impugnata sentenza. Per quanto ancora rileva, osservava il giudice di appello che, a tacere del fatto che nella condotta processuale di primo grado del Mantoan non poteva rinvenirsi alcuna (insussistente) ipotesi di ficta confessio adesiva all'assunto dei Filippi, il Mantoan non aveva mai ammesso - o per converso escluso - l'asserito inadempimento del proponente conduttore, ma aveva rientrando ciò nelle competenze e facoltà riconosciutegli dalle parti, di decidere circa eventuali responsabilità nella mancata conclusione del contratto e conseguentemente di determinare d'iniziativa la destinazione dell'assegno in deposito secondo la previsione della clausola 6 (restituzione al proponente, per mancata accettazione della proposta) o in alternativa della clausola 7 (revoca della proposta prima del termine convenuto o ad ogni modo inadempimento alla sottoscrizione da parte del proponente). Il fatto storico che il contratto di locazione non fosse stato formalmente stipulato non era controverso né controvertibile, ma la ragione di ciò avrebbe potuto essere ricondotta all'ipotesi dell'una come dell'altra clausola senza che il mediatore risultasse investito di formali e condivisi (dalle parti della proposta di locazione) poteri decisori in proposito (tanto che eventuali controversie venivano per volontà negoziale devolute non al depositario bensì ad un collegio arbitrale). Era pertanto onere del Filippi fornire prova, non tanto che l'inadempimento fosse riconducibile al Piccoli (e/o che il Mantoan condividesse o non contestasse tale soggettiva valutazione), ma che tale presupposto fosse stato positivamente acclarato o a mezzo della prevista procedura arbitrale (come pareva opinare il G.d.P. come passaggio ineludibile) o, ad ogni modo, con un espresso riconoscimento dell'emittente il titolo che avesse nel contempo autorizzato il depositarlo (non munito di poteri decisori propri) a consegnarlo alla controparte quale ristoro del danno negozialmente determinato. In difetto di tali presupposti, non acquisiti al processo, la domanda riconvenzionale non poteva certo trovare accoglimento. 3. Il Filippi propone ricorso per cassazione sulla base di due motivi; la controparte non ha svolto attività difensiva in questa sede. La parte ricorrente deduce: 4 sempre sostenuto, nei suoi scritti difensivi, di non avere alcun potere, non 3.1. — Violazione, falsa applicazione delle norme di diritto di cui agli artt. 311 - 320 c.p.c., perché - in relazione ai fatti oggetto della pretesa azionata dal Filippi con la domanda riconvenzionale, il giudice di appello non avrebbe tenuto conto della mancata tempestiva contestazione da parte del Mantoan e della relativa preclusione verificatasi, con conseguente acquisizione di detti fatti al processo. Chiede pertanto ala Corte: "se l'art. 320 c.p.c. debba essere o meno costituisca una barriera preclusiva alla precisazione o modificazione dei fatti, come pure alla contestazione dei fatti costitutivi della pretesa avversaria"; 3.2. Violazione, falsa applicazione delle norme di diritto di cui agli artt. 311 - 167 c.p.c. e 2697 c.c., e sulla conseguente decisione della controversia ex art. 384 c.p.c. perché - in relazione sempre ai fati posti a base della domanda riconvenzionale — il giudice di appello non avrebbe tenuto conto del principio della mancata contestazione. Chiede, pertanto, alla Corte: "se, alla luce dell'art.167 c.p.c., la non contestazione dei fatti posti a fondamento della pretesa dell'attore comporti o meno la necessità di considerare quegli stessi fatti come pacifici e, dunque, espunti dal thema probandum, oppure no". 4. - I motivi del ricorso si rivelano inammissibili, per inidoneità dei quesiti di diritto formulati in relazione ad entrambi. 4.1. — L'art. 366-bis cod. proc. civ., nel testo applicabile ratione temporis (la sentenza impugnata è stata depositata 1'11.10.2007), prevede le modalità di formulazione dei motivi del ricorso in cassazione, disponendo la declaratoria d'inammissibilità del ricorso se, in presenza dei motivi previsti dai numeri 1, 2, 3 e 4 dell'art. 360, primo comma, cod. proc. civ., ciascuna censura, all'esito della sua illustrazione, non si traduca in un quesito di diritto, la cui enunciazione (e formalità espressiva) va funzionalizzata, come attestato dall'art. 384 cod. proc. civ., all'enunciazione del principio di diritto ovvero a dieta giurisprudenziali su questioni di diritto di particolare importanza; mentre (Cass. n. 4556/09). 4.2. Rispetto ad entrambi i motivi di ricorso, che deducono, sia pure impropriamente, come si vedrà, violazioni dell'art. 360 n. 3 c.p.c., il quesito di diritto formulato si rivela inidoneo, dovendosi ribadire che esso non può 5 interpretato nel senso che la celebrazione dell'udienza in esso prevista consistere in una domanda che si risolva in una mera richiesta di accoglimento del motivo o nell'interpello della Corte in ordine alla fondatezza della censura così come illustrata, ma deve costituire la chiave di lettura delle ragioni illustrate nel motivo e porre la Corte di cassazione in condizione di rispondere al quesito con l'enunciazione di una regula iuris (principio di diritto) che sia suscettibile di ricevere applicazione in casi ulteriori rispetto a quello sottoposto all'esame del giudice che ha schema secondo il quale sinteticamente si domanda alla Corte se, in una fattispecie quale quella contestualmente e sommariamente descritta nel quesito (fatto), si applichi la regola di diritto auspicata dal ricorrente in luogo di quella diversa adottata nella sentenza impugnata (Cass. S.U., ord. n 2658/08). Una formulazione del quesito di diritto idonea alla sua funzione richiede, pertanto, che, con riferimento ad ogni punto della sentenza investito da motivo di ricorso la parte, dopo avere del medesimo riassunto gli aspetti di fatto rilevanti ed averne indicato il modo in cui il giudice lo ha deciso, esprima la diversa regola di diritto sulla cui base il punto controverso andrebbe viceversa risolto, formulato in modo tale da circoscrivere la pronunzia nei limiti del relativo accoglimento o rigetto (v. Cass., 17/7/2008 n. 19769; 26/3/2007, n. 7258). Occorre, insomma che la Corte, leggendo il solo quesito, possa comprendere l'errore di diritto che si assume compiuto dal giudice nel caso concreto e quale, secondo il ricorrente, sarebbe stata la regola da applicare. 4.3. - Non si rivelano, pertanto, idonei i quesiti formulati nel ricorso (ancorché impropriamente redatti sotto il profilo della violazione di legge, pur prospettando errores in iudicando in tema di preclusioni e di mancata contestazione di fatti posti a base della domanda riconvenzionale), dato che non contengono adeguati riferimenti in fatto (circa l'oggetto delle questioni controverse, né circa la sintesi degli sviluppi della controversia sugli stessi, né l'indicazione delle effettive ragioni della decisione criticate, né espongono chiaramente le regole di diritto che si assumono erroneamente applicate e, quanto a quelle di cui s'invoca l'applicazione, i quesiti si limitano ad enunciazioni di carattere generale ed astratto che, in quanto prive di chiare e specifiche indicazioni sul tipo della controversia e sulla sua riconducibilità alla fattispecie in esame, non consentono di dare risposte utili 6 pronunciato la sentenza impugnata. A titolo indicativo, si può delineare uno a definire la causa (Cass. S.U. 11.3.2008 n. 6420). Del resto, il quesito di diritto non può risolversi — come nell'ipotesi - in una tautologia o in un interrogativo circolare, che già presuppone la risposta, ovvero in cui la risposta non consente di risolvere il caso sub iudice (Cass. S.U. 2/12/2008 n. 28536; Cass. 25/3/2009 n. 7197). 5. - Senza contare che la mancanza degli indicati elementi influisce anche per altri versi sulla verifica dell'ammissibilità dei motivi del ricorso. fatto e l'impropria qualificazione del vizio (360 n. 3 anziché 4 e 5) testimoniano della mancanza di autosufficienza della globale trattazione delle censure e della non riferibilità delle stesse all'effettiva ratio decidendi. Il Tribunale ha dato ampiamente conto della posizione della parte attrice, che resisteva alla riconvenzionale, e il ricorrente, anziché contestare nel suo complesso l'argomentare del giudice di appello sul punto, si è limitato ad invocare genericamente (ma unicamente) l' asserita intempestività della contestazione. 5.2. Dall'altro lato, la mancanza di adeguati elementi in ordine allo sviluppo dell'iter processuale, relativamente alla questione dell'asserita mancata contestazione, non consente neanche di verificare se e come la questione sia stata dedotta in appello (dalla sentenza impugnata emerge che l'appellante deduce nella premessa in fatto la tardività della contestazione, ma poi non censura espressamente questo aspetto nei motivi di gravame, ove insiste — invece - sulla circostanza che l'inadempimento sarebbe stato attribuibile al Mantoan e non al Piccoli, terzo non parte in causa). Il Tribunale afferma genericamente, quanto alla non contestazione, che nel comportamento dell'attore non c'era ficta confessi°, poi si diffonde circa il merito del motivo di appello (come riportato al punto 2 della sentenza impugnata). Del resto, i fatti posti a base della riconvenzionale non riguardano situn7ioni giuridiche nella disponibilità del Mantoan (afferma il giudice di appello: il mediatore non poteva lui decidere se l'assegno dovesse essere restituito al promittente o consegnato al Filippi). Ne deriva che, in ogni caso, detti elementi non avrebbero potuto formare oggetto di riconoscimento ad opera della parte attrice, non essendo nella sua disponibilità. 5.3. Ne deriva che la statuizione sulla ficta confessio avrebbe dovuto 7 5.1. Da un lato, infatti, la mancanza nei quesiti di adeguati riferimenti in essere impugnata ex art. 360 n. 5, per motivazione insufficiente, ovvero n. 4 perché solo apparentemente argomentata. La dedotta censura di violazione di legge é del tutto fuori centro e, per il modo in cui é sviluppata, manca di specifica riferibilità alla sentenza impugnata (non viene proprio impugnata, invece, la globale valutazione del contegno della parte attrice, né la relativa motivazione). 5.4. Al riguardo, si deve ribadire che, in tema di ricorso per cassazione, ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stessa (di qui la funzione di assicurare l'uniforme interpretazione della legge assegnata alla Corte di cassazione dall'art. 65 ord. giud.); viceversa, l'allegazione di un'erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all'esatta interpretazione della norma di legge e impinge nella tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l'aspetto del vizio di motivazione; il discrimine tra l'una e l'altra ipotesi - violazione di legge in senso proprio a causa dell'erronea ricognizione dell'astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta - è segnato, in modo evidente, dal fatto che solo quest'ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (Cass. n. 16698 e 7394 del 2010; 4178/07; 10316/06; 15499/04). Nel ricorso in esame, invece, l'assunta violazione di legge si basa sempre e presuppone una diversa ricostruzione delle risultanze di causa (l'asserita intempestiva contestazione dei fatti posti a base della riconvenzionale, anziché la globale valutazione del contegno della parte attrice posto motivatamente a sostegno della propria decisione dal giudice di appello), censurabile solo sotto il profilo del vizio di motivazione, secondo il paradigma previsto per la formulazione di detti motivi e non censurata nell'ipotesi in esame. Tutto ciò dimostra, comunque, che il ricorso per tutti i predetti motivi non coglie nel segno. 6. — Nulla per le spese del presente giudizio, non avendo l'intimato svolto attività difensiva. 8 il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un'erronea P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso. Così deciso in Roma, il 12 giugno 2013.

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