Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18510 del 02/08/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 18510 Anno 2013
Presidente: BERRUTI GIUSEPPE MARIA
Relatore: DE STEFANO FRANCO

SENTENZA

sul ricorso 4036-2008 proposto da:
AMORELLI

GIUSEPPE MRLGPP58S15C470Z,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA AUGUSTO AUBRY 1, presso lo
studio dell’avvocato MALDONATO FRANCESCO, che lo
rappresenta e difende giusta delega in atti;
– ricorrente 2013
1241

contro

VALLONE PIERFRANCESCO VLLPFR66M29F839Y, VALLONE MARIA
GIOVANNA VLLMGV63T63H703T, PERAZZI MARIA PAOLA
PRZMPL40M43G148G, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIALE BRUNO BUOZZI 107, presso lo studio dell’avvocato

1

Data pubblicazione: 02/08/2013

DEL PRATO ENRICO, che li rappresenta e difende giusta
delega in atti;
– controricorrenti nonchè contro

CESARINO ROSA CSRRS054A67I422J;

avverso la sentenza n. 82/2007 della CORTE D’APPELLO
di NAPOLI, depositata il 16/01/2007 R.G.N. 3767/2002;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 04/06/2013 dal Consigliere Dott. FRANCO DE
STEFANO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIUSEPPE CORASANITI che ha concluso per
l’inammissibilita’ del ricorso.

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– intimato –

Svolgimento del processo

l. L’avv. Giuseppe Amorelli ricorre, affidandosi a tre
motivi, per la cassazione della sentenza n. 82 del 16.1.07
della corte di appello di Napoli, pronunciata in sede di
rinvio dalla cassazione – disposta con sentenza n. 10916

del 7.4.98 della corte di appello di Salerno, confermativa
della sentenza del tribunale di Sala Consilina del 3.5.95
(adito con atto di citazione notificato il 26.10.90), di
reiezione della domanda proposta nei suoi confronti da Rosa
Cesarino e dall’avv. Francescantonio Vallone. Con la
pronuncia oggetto dell’odierno ricorso, la corte partenopea
condannò l’Amorelli al risarcimento dei danni non
patrimoniali (liquidati in C 2.500 cadauno) patiti dalla
Cesarino e dal suo procuratore avv. Vallone per l’uso, da
parte dell’Amorelli stesso negli atti processuali da lui
redatti (quale procuratore di tal Carmine Di Bernardo) di
un’opposizione all’esecuzione vertente con la prima,
patrocinata dal secondo, delle espressioni diffamatorie:
“Il difensore della Cesarino … incredibile sfrontatezza”,
“Il contenuto del ricorso è frutto di farneticanti
invenzioni della ricorrente”, “L’eccezione è destituita di
ogni serietà”, “grottesca sconnessione logica” e
“controparte, dopo di aver sostenuto, sia pure goffamente”.
Resistono con controricorso – e deducendo la qualità di
eredi dell’avv. Vallone – Maria Paola Pierazzi, Maria
Giovanna Vallone e Pierfrancesco Vallone, mentre non svolge
attività difensiva in questa sede la Cesarino. Il ‘

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del 7.8.01 di questa corte – di precedente sentenza n. 150

ricorrente illustra le sue posizioni con memoria ai sensi
dell’art. 378 cod. proc. civ.
Motivi della decisione

2. Il ricorrente Amorelli articola tre motivi.
Con un primo, si duole di “violazione e/o falsa

all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5” e di vizio motivazionale,
concludendo col seguente plurimo quesito:

a) la valutazione

relativa alla sconvenienza ed offensività di espressioni
contenute in scritti difensivi ovvero alla inerenza di esse
all’oggetto della lite costituisce valutazione di fatto; b)
in applicazione delle norme che regolano la regiudicata
civile, 11 giudizio di fatto compiuto dal giudice di
merito, confermato dal giudice di appello e dichiarato
esente da vizi logici dal giudice di legittimità, trascorre
in autorità di cosa giudicata, precludendo al giudice di
rinvio il riesame del medesimo giudizio di fatto contenuto
nella sentenza cassata per altro titolo; c) in applicazione
dell’art. 384 c.p.c., in caso di dichiarata infondatezza
del ricorso in ordine al vizio di motivazione, il giudice
ad quem deve uniformarsi alle statuizioni della Corte
regolatrice, con preclusione della rivalutazione dello
accertamento del fatto già oggetto della valutazione di
merito, la cui valutazione di congruità, denunciata ex art.
360, co. 1, n. 5, c.p.c., sia stata dichiarata esente da
vizi logici.
In via gradata, con un secondo motivo si duole di
“violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto
(art. 598, co. l, c.p.)” e di vizio motivazionale,
4

applicazione degli artt. 383 e 384 c.p.c. in relazione

concludendo col solo seguente quesito:
C.p.

l’art. 598, co. 1,

trova applicazione anche nel processo civile ed

esclude, pertanto, l’applicazione di sanzioni risarcitorie.
Infine, col terzo mezzo si duole di “violazione e/o
falsa applicazione di norme di diritto (artt. 91 e 92

quesito:

la decisione relativa alla ripartizione delle

spese processuali deve essere congrua.
3. I controricorrenti contestano in rito – sia sotto il
profilo dell’inadeguatezza dei quesiti, che sotto quello
della mancata impugnazione di una delle

rationes decidendi

e nel merito le doglianze avversarie.
E tuttavia essi hanno speso, nel controricorso, la
qualità di eredi dell’avv. Francescantonio Vallone,
controparte dell’odierno ricorrente nei gradi di merito del
giudizio; eppure, essi non documentano tale qualità, non
risultando sul punto documentazione prodotta nelle rigorose
forme previste per il giudizio di legittimità. Inoltre,
neppure analiticamente e, comunque, idoneamente indicano la
relativa, indispensabile documentazione nel controricorso,
in violazione anche del n. 6 dell’art. 366 cod. proc. civ.
Invece, in caso di decesso della parte costituita nel
precedente giudizio di merito, colui il quale, in sede di
giudizio di legittimità, abbia proposto ricorso assumendo
di esserne il successore, deve provare, a pena di
inammissibilità del gravame, la propria legittimazione
processuale attraverso le produzioni documentali consentite
dalla norma di cui all’art. 372 cod. proc. civ.; e tale
prova indispensabile in presenza di apposita eccezione di

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c.p.c.)” e di vizio motivazionale, concludendo col seguente

controparte, ma comunque necessaria per essere

ex officio

rilevabile la questione della legittimazione processuale può si essere fornita in tempi anche successivi a quello
del deposito del ricorso, purché però precedenti la
discussione del medesimo, in modo che siano resi edotti di

conseguenza che, in difetto, anche di ufficio va rilevata
l’inammissibilità dell’impugnazione (tra le più recenti:
Cass. 14 ottobre 1997, n. 10022; Cass. 14 marzo 2002, n.
3756; Cass. 21 marzo 2006, n. 6238; Cass. 27 giugno 2006,
n. 14784; Cass. Sez. Un., 25 febbraio 2009, n. 4468; Cass.
18 settembre 2009, n. 20255; Cass. 25 giugno 2010, n.
15352; Cass. 27 gennaio 2011, n. 1943).
Poiché il principio, per evidente identità di

ratio

(Cass. Sez. Un., 25 febbraio 2009, n. 4468; Cass., ord. 25
gennaio 2012, n. 1011; Cass., ord. 6 aprile 2012, n. 5611),
si applica pure al controricorso, quand’anche con esso non
sia formulata impugnazione incidentale, il controricorso
dei Perazzi-Vallone è inammissibile.
4. Ciò posto, il ricorso è inammissibile per vizio della
formulazione dei quesiti di diritto e per carenza dei
momenti di sintesi o riepilogo delle doglianze di vizio di
motivazione.
Infatti, essendo stata la sentenza impugnata pubblicata
tra il 2.3.06 ed il 4.7.09, alla fattispecie continua ad
applicarsi, nonostante la sua abrogazione (ed in virtù
della disciplina transitoria di cui all’art. 58, comma
quinto, della legge 18 giugno 2009, n. 69) l’art. 366-bis
cod. proc. civ. e, di tale norma, la rigorosa

6

tale circostanza sopravvenuta le controparti: con la

interpretazione elaborata da questa Corte (Cass. 27 gennaio
2012, n. 1194; Cass. 24 luglio 2012, n. 12887; Cass. 8
febbraio 2013, n. 3079). Pertanto:
4.1. i motivi riconducibili ai nn. 3 e 4 dell’art. 360
cod. proc. civ. vanno corredati, a pena di inammissibilità,

esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice
di merito; b) la sintetica indicazione della regola di
diritto applicata dal quel giudice; c) la diversa regola di
diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta
applicare al caso di specie (tra le molte, v.: Cass. Sez.
Un., ord. 5 febbraio 2008, n. 2658; Cass., ord. 17 luglio
2008, n. 19769, Cass. 25 marzo 2009, n. 7197; Cass., ord. 8
novembre 2010, n. 22704); d) questioni pertinenti alla
ratio decidendi,

perché, in contrario, difetterebbero di

decisività (sull’indispensabilità della pertinenza del
quesito, v.: Cass. Sez. Un., 18 novembre 2008, n. 27347;
Cass., ord. 19 febbraio 2009, n.

4044; Cass. 28 settembre

2011, n. 19792; Cass. 21 dicembre 2011, n. 27901);
4.2. a corredo dei motivi di

vizio motivazionale vanno

formulati momenti di sintesi o di riepilogo, che devono
consistere in uno specifico e separato passaggio espositivo
del ricorso, il quale indichi in modo sintetico, evidente
ed autonomo rispetto al tenore testuale del motivo,
chiaramente il fatto controverso in riferimento al quale la
motivazione si assume omessa o contraddittoria, come pure se non soprattutto – le ragioni per le quali la dedotta
insufficienza della motivazione la rende inidonea a
giustificare la decisione (Cass. 18 luglio 2007, ord. n.

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da quesiti che devono compendiare: a) la riassuntiva

16002; Cass. Sez. Un., l ° ottobre 2007, n. 20603; Cass. 30
dicembre 2009, ord. n. 27680);
4.3. infine, è consentita la contemporanea formulazione,
nel medesimo quesito, di doglianze di violazione di norme
di diritto e di vizio motivazionale, ma soltanto alla

dai rispettivi quesiti e momenti di sintesi (per tutte:
Cass. sez. un., 31 marzo 2009, n. 7770; Cass. 20 dicembre
2011, n. 27649).
5. Sulla base di queste premesse, deve rilevarsi (in
disparte i dubbi sulla pertinenza delle questioni poste coi
quesiti alla corretta applicazione del principio di diritto
enunciato dalla sentenza 7 agosto 2001, n. 10916):
– che tutte le doglianze di vizio motivazionale sono
inammissibili, perché non assistite da separato momento di
sintesi o riepilogo, tanto meno dai rigorosi requisiti di
cui al punto 4.2;
– che, poi, il quesito a corredo del primo motivo è
plurimo,

mentre

nessuna

delle

proposizioni

atomisticamente, né complessivamente considerate – su cui
si articola, oltre ad esaurirsi in generiche riaffermazioni
di regole astratte,

è sorretta dalla descrizione

quand’anche solo sommaria – delle peculiarità del caso
concreto e delle

regulae iuris che si vorrebbero malamente

applicate dal giudice del merito;
che, peraltro, i quesiti a corredo del secondo e del
terzo motivo sono a loro volta privi di ogni riferimento
alla fattispecie concreta e dell’indicazione della

regula

iuris che si vorrebbe malamente applicata dal giudice del

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imprescindibile condizione che ciascuna sia accompagnata

merito, esaurendosi nella generica riaffermazione di ovvi
principi astratti;
– che, significativamente, nella stessa memoria ai sensi
dell’art. 378 cod. proc. civ. il ricorrente argomenta per
la possibilità di ricavare il contenuto di almeno alcuni

operazione che, però, la giurisprudenza nel frattempo
consolidatasi di questa Corte Suprema – per come detto – ha
definito come non consentita ed inidonea a sanare il vizio
originario di formulazione del quesito.
6.

Conclusivamente,

il

ricorso

va

dichiarato

inammissibile; ma non vi è luogo a provvedere sulle spese
del presente giudizio di legittimità: non quanto ai
rapporti tra ricorrente ed eredi Vallone, per
l’inammissibilità del loro controricorso; non quanto ai
rapporti tra ricorrente e l’altra intimata, non avendo ella
qui svolto attività difensiva.
P.

Q.

M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; nulla per le
spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della
terza sezione civile della Corte suprema di cassazione,
addì 4 giugno 2013.

dei quesiti per implicito o dal loro tenore complessivo:

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