Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18507 del 26/07/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 26/07/2017, (ud. 05/04/2017, dep.26/07/2017),  n. 18507

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BALESTRIERI Federico – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. SPENA Francesco – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 16568-2015 proposto da:

D.I.R., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA GIACOMO GIRI 3, presso lo studio dell’avvocato PIERLUIGI

DESIDERI (STUDIO GENTILI – DESIDERI) rappresentata e difesa

dall’avvocato LUIGI TREMANTE, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

GE.R.FER. GESTIONE RISTORAZIONE FERROVIARIA S.P.A., C.F. (OMISSIS),

in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, PIAZZA DEL POPOLO 18, presso lo studio degli

avvocati NUNZIO RIZZO, AMALIA RIZZO che la rappresentano e

difendono, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 8929/2014 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 24/12/2014 R.G.N. 5170/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/04/2017 dal Consigliere Dott. NICOLA DE MARINIS;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE Alberto, che ha concluso per inammissibilità del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza del 24 dicembre 2014, la Corte d’Appello di Napoli, confermava la decisione resa dal Tribunale di Napoli e, rigettava la domanda proposta da D.I.R. e A.A. nei confronti di GE.R.FER. – Gestione Ristorazione Ferroviaria S.p.A., avente ad oggetto la declaratoria di illegittimità del licenziamento disciplinare intimato loro per essersi appropriati del corrispettivo della vendita dagli stessi effettuata consegnando ai clienti, poi rivelatisi dipendenti dell’agenzia investigativa incaricata dell’ispezione, scontrini già battuti per altre precedenti transazioni recuperati al lato della cassa. La decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto, infondata l’eccezione di genericità della contestazione, provati i fatti addebitati anche nei confronti della D.I. per essere tardiva l’obiezione relativa alla difformità tra le risultanze del rapporto degli agenti e le dichiarazioni testimoniali degli stessi e proporzionata ai medesimi fatti la sanzione irrogata per essere quelli idonei a pregiudicare l’affidamento del datore sull’esatto adempimento delle prestazioni future da parte del lavoratore.

Per la cassazione di tale decisione ricorre la sola D.I., affidando l’impugnazione a due motivi, cui resiste, con controricorso, la Società. Entrambe le parti hanno presentato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, la ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione della L. n. 604 del 1966, art. 5 e dell’art. 2697 c.c., imputa alla Corte territoriale l’erroneità del convincimento espresso in ordine all’assolvimento da parte della Società datrice dell’onere della prova circa la riferibilità dell’addebito alla D.I., per aver omesso l’esame dell’elemento di contraddizione tra le risultanze documentali e le dichiarazioni testimoniali emerso relativamente alla circostanza decisiva dell’identificazione della lavoratrice da parte degli ispettori.

La medesima censura relativa alla violazione delle regole sull’onere della prova della giusta causa di licenziamento è prospettata nel secondo motivo con riguardo alle risultanze istruttorie nel loro complesso.

Entrambi i motivi, che, in quanto strettamente connessi, possono essere qui trattati congiuntamente, devono ritenersi inammissibili, atteso che, per quanto rubricati con riferimento ad un identico vizio di violazione di legge, si rivelano intesi a confutare – al di là della ritenuta tardività dell’eccezione relativa all’incerta identificazione delle ricorrente, conseguente all’esito della prova per testi, nella quale si affermava che la stessa indossasse una parrucca bionda, quando nei rapporti ispettivi le si attribuiva una capigliatura nera e riccia, tardività censurata solo genericamente e senza tener conto delle ulteriori motivazioni in base alle quali la Corte territoriale ha ritenuto superabile quella eccezione – il percorso motivazionale seguito dalla Corte territoriale in sede di accertamento dell’addebito contestato, assumendosene la superficialità e l’incongruità logica, in particolare per aver omesso di considerare le diverse e contraddittorie versioni offerte dai testi, tutti dipendenti dell’agenzia investigativa incaricata dei controlli dalla Società datrice e, dunque, da valutarsi con particolare rigore quanto alla loro attendibilità, vizio non più deducibile in sede di legittimità alla stregua della novellata disposizione di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5.

Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

PQM

 

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 4.000,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 5 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2017

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