Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18507 del 02/09/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 18507 Anno 2014
Presidente: BUCCIANTE ETTORE
Relatore: PARZIALE IPPOLISTO

SENTENZA
sul ricorso 28566-2008 proposto da:
AGENZIA DEMANIO – MINISTERO ECONOMIA FINANZE,
in persona dei Ministri pro tempore, elettivamente domiciliati in
ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende per legge;
– ricorrenti contro
E YORK PRT YRK 23B11 E506N, elettivamente domiciliato in
PRETE
Roma, Corso del Rinascimento 11, presso ler—studia–delr~ea-t-eLIBERAL SRL, rappresentato e difeso dall’avvocato ORLANDINI
ALESSANDRO, come da procura speciale a margine del
controricorso;

controricoirente e ricorrente incidentale

avverso la sentenza n. 570/2008 della CORTE D’APPELLO di
LECCE, depositata il 18/09/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

cAu(

Data pubblicazione: 02/09/2014

09/05/2014 dal Consigliere Ippolisto Parziale;
udito l’Avvocato Di Carlo Maurizio per l’avvocatura dello Stato e
l’avvocato Orlandini per Prete York, che si riportano agli atti e alle
conclusioni assunte;
udito il sostituto procuratore generale, dott. Sergio Del Core, che

conclude per il rigetto di entrambi i ricorsi.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. La S.n.c. De Vitis aveva in località San Cataldo di Lecce realizzato su
un’area di circa mq 2120, negli anni immediatamente successivi al
1933, una serie di strutture edilizie. In data 30 marzo 1938, uno dei
soci, Alfredo Prete, aveva rilevato l’intero patrimonio immobiliare, che
aveva posseduto uti dominus fino al 18 agosto 1967, data del suo
decesso.
2. York Prete era succeduto nella posizione del padre e in virtù del
possesso esercitato in buona fede a partire dal 1933 o quanto meno dal
20 gennaio 1934 – data della sdemanializzazione – aveva acquistato per
usucapione la proprietà della zona predetta.
3. York Prete chiese giudizialmente nel marzo del 1999 di essere
dichiarato proprietario per intervenuta usucapione e di condannare il
Ministero delle Finanze al pagamento dell’indennizzo, secondo uno dei
due criteri indicati dall’art. 936 cod. civ.
4. Il Tribunale rigettò la domanda principale, accolse sia la subordinata,
condannando i convenuti al pagamento in favore del Prete della
somma di € 1.561.400,00, sia la riconvenzionale con condanna del
Prete al rilascio del compendio immobiliare e compensò interamente
tra le parti le spese processuali.
Il Tribunale qualificò come detenzione la posizione soggettiva
dell’attore, da qui rinconfigurabilità dell’usucapione e raccoglimento
della riconvenzionale.
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5. L’appello principale del Ministero e l’Agenzia del Demanio veniva
respinto dalla Corte territoriale, che dichiarava assorbito l’appello
condizionato del Prete.
6. La Corte territoriale riteneva che integra una eccezione in senso
stretto quella avanzata dagli appellati circa la modifica di destinazione

Amministrazioni. Riteneva tale eccezione tardiva, stante

da palese

irrilevanza della “giustificazione” addotta — acquisiRjone della notizia a seguito
delle indagini del C.T.U. — essendo onere della parte assumere preventivamente
tutti gli elementi a sioporto della linea difensiva, che intende seguire: in disparte il
rilievo che non si comprende per quale ragione l’eccezione stessa non è stata sollevata
subito dopo il deposito della relazione del C. T. U».
Osservava che «il cambiamento di destinazione d’uso avvenne all’inizio degli
anni ’90 nella vigenza della L 4711985 [. .1 il cui art. 25, che all’epoca
disciplinava la materia attribuiva alla normativa regionale il compito di stabilire
criteri e modalità, alle quali dovevano attenersi i Comuni, all’atto della
predisposizione degli strumenti urbanistici, per l’eventuale regolamentazione, in
ambiti determinati del loro territorio, della destinazione d’uso degli immobili nonché
dei casi in cui per la variazione di essa sia richiesta la preventiva autorizzazione
dell’autorità comunale (sanzionata ove occorrente con pena pecuniaria
amministrativa)». Aggiungeva che la disposizione fu oggetto di interventi
della Corte Costituzionale (sentenza 73/1991 e 498/1993), ed era
subordinata a preventive valutazioni d’ordine urbanistico per ambiti
territoriali determinati. A fronte del descritto quadro normativo, la
Corte territoriale rilevava l’insufficienza e l’incompletezza delle
allegazioni degli appellanti, che non avevano supportato, né in fatto né
in diritto, il contenuto dell’eccezione “nuova”.
In relazione al quantum, rilevava la Corte territoriale che gli appellanti
non contestavano il diritto all’indennizzo, né il criterio, seguito dal
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d’uso e variazione catastale richiesta nel 1993 non a conoscenza delle

Tribunale, che parametrava l’indennizzo “all’aumento di valore recato
al fondo”, «criterio peraltro concordato tra le parti, adottato quindi senza

contestazioni ed in assenza dell’esercizio del potere di scelta attribuito al
proprietario del fondo dall’art. 936, 2° comma cod. civ. ».
Osservava, quindi che «il debito del proprietario — che non abbia esercitato le

ed al prezzo della manodopera, [ sia che si determini in relazione all’incremento
arrecato al fondo, nel qual caso il momento valutativo, ..] va fissato in quello del
conseguimento del possesso attraverso la consegna del bene al proprietario
medesimo».
Concludeva la Corte territoriale che «essendo stato adottato quest’ultimo

criterio, correttamente l’indennizzo è stato stabilizzato al tempo della pronuncia (in
linea con la CT U.)».
Concludeva la Corte territoriale rilevando che «in definitiva, la sola

questione posta concerne il valore attribuito al terreno», osservando che «il
ragionamento, svolto dalla difesa erariale non è condivisibile, giacché nessuno dei tre
sistemi di valutazione — in sostanza meramente astratti — considera (né confuta)
la qualità del “terreno nudo”, desunta dal CT. U. sulla base del vigente strumento
urbanistico, che lo lipizza come zona destinata “a parchi di campeggio”, sottoposta
a vincoli paesaggistico, forestale idrogeologico e militare, senza la benché minima
possibilità di intervento edilizio e/ o edificatotio), sicché la zona de qua, è l’unica a
disporre dei fabbricati a destinazione residenziale e/ o commerciale: da qui la
valutazione del terreno in e 40,00 a mq, che dalle indagini di mercato svolte dal
CT U., costituisce il valore massimo attribuibile. di mercato svolte dal C.T.U.
costituisce il valore massimo attribuibile».
7. Impugnano tale decisione i ricorrenti che formulano cinque motivi.
Resiste con controricorso la parte intimata, che avanza anche ricorso
incidentale affidato ad un motivo.

MOTIVI DELLA DECISIONE
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jus tollendi – è di valore sia che si determini avendo riguardo al valore dei materiali

1. Il ricorso principale. I motivi del ricorso.
1.1 Col primo motivo di ricorso si deduce: «Art. 360 nr. 3 e 5 c.p.c.:
Violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione agli arit: 113-115
oc e omessa valutazione su un punto decisivo della controversia».
Il Giudice di secondo grado ha omesso di pronunciarsi sul principale

opere edilizie. La Corte ha ritenuto nuova la domanda di
rideterminazione, in funzione di una presunta e/o inesistente
concessione edilizia. Per questo la domanda “nuova” era stata ritenuta
inammissibile, ai sensi dell’art. 345, secondo comma. c.p.c. In sede di
comparsa conclusionale 26/11/2004 a pag.5, unico atto successivo al
deposito della consulenza, i ricorrenti avevano «rilevato, esaminando la
consulenza, che nel 1993 era stata modificata la destinazione d’uso e se ne rilevava
la difformità con quanto inizialmente autorizzato dal Podestà del Re nella
convenzione del 1933. La mancanza di concessione, necessaria nel 1993, non
poteva non incidere sulla valutazione da attribuirsi al compendio ex art. 936 cod.
civ. ».
L’accertamento effettuato dal CTU era certamente carente sotto il
profilo della valutazione delle migliorie. Il valore attribuito al terreno di
proprietà dello Stato non poteva corrispondere a quello attribuito dal
CM.
Vengono formulati i seguenti quesiti: «1. Dica la Corte se la comparsa
conclusionale depositata in Tribunale, dopo il deposito della (TU, per contestare la
CITI e richiedere altri accertamenti su fatti nuovi emersi dalla CTU stessa e
disattesa dal Tribunale costituisca, se riproposta in appello, una domanda nuova ai
sensi dell’art. 345 oc.; 2. Dica ancora la Corte se pertanto l’omessa valutazione in
sede d’appello di tale capo della domanda determini o meno violnione degli artt.
113, 115 e sia censurabile ex art. 360 n.3 e 5) oc per non aver acquisito e

valutato tutte le prove, nonché per aver omesso di valutare un punto decisivo della
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motivo d’appello, quello relativo alla rideterminazione del valore delle

controversia pro.spettato dall’appellante».
1.2 Col secondo motivo di ricorso si deduce: (Ad. 360 nr. 3 e 5 cp.c.:
Viola.zione e falsa applicazione di legge in relazione agli artt.112-113-115 T■c e
mute motivazione ed omessa valutazione su un punto
118 att. oc per insufficiente
decisivo della controversia».

in relazione alla richiesta di rinnovo della consulenza, sia con riguardo
alla valutazione attribuita alle migliorie, sia con riguardo alla
valutazione del suolo.
L’amministrazione aveva evidenziato la situazione di degrado in cui
versava l’immobile e l’impossibilità per l’Amministrazione proprietaria
di rientrare nel possesso del bene, nonché l’occupazione di alcune parti
dell’edificio costituivano un pericolo per l’incolumità pubblica.
Viene formulato il seguente quesito: «1. Dica la Corte se il rigetto o

l’omessa pronuncia sulla domanda di rinnovo della (TU in Appello costituisca
violazione degli artt. 112-113, 115 e quindi censurabile ex art. 360 n 3 e n. 5)
Oc per non aver acquisito e valutato tutte le prove, nonché per non essersi
pronunciato sul rinnovo della (TU ed aver omesso di valutare un punto decisivo
della controversia prospettato dall’appellante».
1.3 Col terzo motivo di ricorso si deduce: «Art. 360 nr. 3 e 5 c.p.c.:
Violazione e falsa applicazione di legge e omessa valutazione su un punto decisivo
della controversia, in relazione agli arit. 342-343-345 oc.».
L’impugnazione incidentale doveva essere dichiarata inammissibile e
non assorbita, in quanto l’appello principale riguardava espressamente
la quantificazione dell’indennizzo effettuata dal CTU. L’appello
incidentale del Prete «non era quindi tale, né condizionato all’accoglimento
dell’appello principale poiché egli impugnava, sebbene condizionatamente, un capo
di sentenza autonomo rispetto a quello impugnato in via principale introducendo
così surretiizzamente una domanda nuova non rilevata dal giudice».
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La sentenza di secondo grado è altresì carente sul piano motivazionale

Viene formulato il seguente quesito: «1.- Dica la Corte se l’impugnazione
tramite appello incidentale di un capo autonomo della sentenza di I° costituisca
motivo d’inammissibilità della domanda stessa per violazione degli artt. 342-343345 oc. »•
1.4 Col quarto motivo di ricorso si deduce: «Art. 360 nr. 3 e 5 cp.c.:

della controversia».
Nella memoria di replica si era eccepita l’inammissibilità. della eventuale
replica dell’appellato. Anche su tale punto la Corte ha omesso di
pronunciarsi, né il comportamento della parte appellata è stato valutato
dal Giudice ai fini della regolamentazione delle spese.
Vengono formulati i seguenti quesiti: «1 .- Dica la Corte se con la memoria
di replica la parte possa introdurre domande ed eccezioni nuove che costituiscano un
ampliamento del “thema decidendum”; 2.- Dica ancora la Corte se l’ammissione di
tale domande non costituisca per la controparte una violazione del suo diritto di
difesa e comunque violazione di quanto stabilito dall’art. 190 cod. proc. civ. ».
1.5 Col quinto motivo di ricorso si deduce: «Art. 360 nr. 3 e 5 c.p.c.:
Violazione e faúa applicazione di legge e omessa valutazione su un punto decisivo
della controversia. Estromissione».
Rilevano i ricorrenti che risultano «completamente scomparsi ogni accenno e
valutazione sulla domanda di estromissione del Ministero dell’economia e finanze,
più volte chiesto in quanto all’Agenzia del Demanio sono state trasferite le funzioni
dell’ex Ministero delle Finanze in materia di territorio e demanio». Su tale
specifica domanda «il giudice dell’appello ha completamento omesso quaLiasi
accenno e valutazione, mentre avrebbe dovuto considerare quanto rappresentato, e
cioè la successione a titolo universale per legge dell’Agenzia del Demanio nelle
attribuzioni prima del ministero e quindi l’inutilità che quest’ultimo restasse parte
nel processo». Invece, lo stesso Ministero, «ormai estraneo alle vicende, è stato
condannato alle spese in solido con l’Agenzia».
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Violazione e falsa applicazione di legge e omessa valutazione su un punto decisivo

Vengono formulati i seguenti quesiti: «1.- Dica la Corte se l’omessa
pronuncia su un capo della domanda determini una violazione degli artt. 112 e
118 att. cpc, censurabile ai sensi dell’art.360, n. 3 e n. 5) cj)c per aver violato una
norma di diritto ed omesso di valutare un punto decisivo della controversia
prospettato dall’appellante; 2.- Dica la Corte se l’omessa pronuncia non integri

2. Il ricorso incidentale.
Con l’unico motivo del ricorso incidentale si deduce: «violazione art.
345, primo comma, c.p.c. in relazione all’art.360 n. 3 c.p.c. ».
I giudici d’appello hanno dichiarato inammissibile per tardività la
domanda del Prete di liquidazione degli interessi “maturati a valle della
decisione del Tribunale” sulla riconosciuta somma di € 1.561.400,00.
Ciò in quanto “il credito del terzo ex art. 936 c. c., pur essendo di valore, ha
natura indennitaria e non risarcitoria da fatto illecito, sicché gli interessi …
configurano un’obbligazione distinta di tipo accessorio, sulla quale l’esame del
giudice non può prescindere da una specifica domanda del creditore, ritualmente e
tempestivamente introdotta”.
Rileva il ricorrente incidentale che «ai sensi dell’art. 347 c.p.c. la costituzione
in appello avviene secondo le forme e i termini per i procedimenti davanti al
Tribunale; in base al combinato disposto degli artt. 166 e 171 c.p.c.; il convenuto
(appellato), può costituirsi fino alla prima udienza di comparizione, se l’altra parte
(appellante) si sia regolarmente costituita entro il termine rispettivamente a lei
assegnato; l’appellante si è costituito, come per legge, nei dieci giorni successivi alla
notifica dell’atto d’appello; nel caso concreto il convenuto, appellato si è costituito
all’udienza camerale del 27 /4/ 2007 “con rifèrirnento alla procedura relativa alla
inibitoria”, chiedendo di essere abilitato ad integrare le proprie difese “per quanto
concerne il giudizio di merito” (si veda il verbale di udienza del 27 / 4/ 2007);
detta integrazione è avvenuta con memoria del 14/ 091 2007 e cioè con 15 gg.
d’ancipo rispetto all’udienza di prima compari ione del giudizio di merito,
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violazione degli arti. 109 e 110 Oc e come tale censurabile».

tenutasi il giorno 25 / 9 / 2007».
Ne deriva, secondo il ricorrente incidentale, la «tempestività sia della
comparsa di costituzione sia della memoria integrativa».
In ogni caso l’istanza, oltre che ammissibile, è anche fondata, posto
che

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