Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18506 del 09/09/2011

Cassazione civile sez. VI, 09/09/2011, (ud. 13/07/2011, dep. 09/09/2011), n.18506

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

G.C., elettivamente domiciliato in Roma, piazza

Tarquinia n. 5/d, presso lo studio dell’Avv. FALLA TRELLA Maria

Luisa, rappresentata e difesa dall’Avv. RIOMMI Maurizio per procura

conferita a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, viale Po n. 25/b, presso

lo studio dell’avv. PESSI Roberto, che la rappresenta e difende per

procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 557/09 della Corte d’appello di Perugia,

pronunziata in causa n. 126/08 r.g., depositata in data 5.11.09;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio in

data 13.07.11 dal Consigliere dott. Giovanni Mammone;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

FINOCCHI GHERSI Renato.

Fatto

RITENUTO FATTO E DIRITTO

1.- G.C. chiedeva che fosse dichiarata la nullità del termine apposto ad un contratto di assunzione alle dipendenze di Poste Italiane s.p.a.

2- Rigettata la domanda e proposto appello da G., la Corte d’appello di Perugia, con sentenza pubblicata il 5.11.09, rigettava l’impugnazione. Considerato che il contratto era stipulato in forza dell’art. 8 del CCNL Poste 26.11.94, come integrato dall’accordo 25.9.97, per esigenze eccezionali connesse alla fase di ristrutturazione dell’azienda, rilevava che le assunzioni per tale causale erano ammesse fino al 30.4.98 – data fissata dalle parti collettive con accordo integrativo 16.1.98 – di modo che per quella in questione, relativa al periodo 2.2-30.4.98, il termine era legittimamente apposto. Altrettanto legittima era la proroga del contratto al 30.5.98, in quanto legittimata dall’accordo 27.4.98.

3.- Proponeva ricorso per cassazione G., cui, Poste Italiane rispondeva con controricorso.

Il consigliere relatore ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c. ha depositato relazione, che è stata comunicata al Procuratore generale e notificata ai difensori costituiti assieme all’avviso di convocazione dell’adunanza.

4.- I motivi dedotti da G. possono essere così sintetizzati:

4.1.- violazione dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 112 c.p.c. con riferimento alla L. n. 230 del 1962, art. 2 rilevandosi che la legittimità della proroga è subordinata alla prova dell’esistenza di esigenze contingenti ed imprevedibili e che sul punto il datore non ha mai soddisfatto all’onere probatorio relativo, non avendo mai prodotto in giudizio l’atto scritto di proroga.

4.2.- violazione della L. n. 230 del 1962, art. 2 nella parte in cui stabilisce la legittimità della proroga valutando quale esigenza contingente ed imprevedibile l’avvenuta trasformazione dell’Ente Poste Italiane in Poste Italiane s.p.s., avvenuta il 26.2.98.

5. Il primo motivo è inammissibile. La questione della mancata produzione dell’atto scritto con cui il datore aveva prorogato il contratto a termine fino al 30.5.98 non è trattata dal giudice di appello, per cui parte ricorrente, avendo dedotto il vizio di omesso esame, aveva l’onere di indicare in quale momento del giudizio di merito ed in quali termini aveva proposto la relativa doglianza.

Dalla ricostruzione dei fatti di causa e delle questioni sollevate nel giudizio di merito, contenuta nel ricorso per cassazione, tuttavia, di tale specifica doglianza non esiste traccia, di modo che deve ritenersi che di essa sia stata introdotta solo in sede di legittimità.

6.- Il secondo motivo è infondato.

Con l’accordo del 27.4.98, citato anche nella sentenza impugnata, le parti, dopo aver concordato (al comma 1) un certo assetto relativo allo smaltimento delle ferie (che non interessa in questa sede) hanno stabilito quanto segue: “le parti prendono atto, inoltre, che l’azienda dopo l’avvenuta trasformazione in s.p.a. si trova a dover fronteggiare esigenze imprevedibili e contingenti scaturite dai nuovi processi di ristrutturazione e riorganizzazione” (comma 2);

“pertanto, le stesse parti convengono che, per fronteggiare le esigenze di cui al comma 2 del presente accordo l’azienda disporrà la proroga di 30 gg. dei rapporti di lavoro a termine in scadenza al 30.4.98 così come previsto dalla normativa vigente in materia” (comma 3).

Alla luce del suddetto accordo la censura deve ritenersi infondata.

La motivazione della sentenza impugnata, nella parte in cui ha affermato che la proroga del contratto in esame trova legittimazione nella sopravvenienza di esigenze contingenti ed imprevedibili, e considerata corretta in relazione al contenuto del suddetto accordo nel quale le parti contrattuali si sono date atto dell’esistenza di tali esigenze ed hanno concordato, per far fronte alle stesse, la proroga di trenta giorni per i contratti in scadenza al 30.4.98.

Non giova, in senso contrario sottolineare che la L. n. 56 del 1987, art. 23 nel delegare all’autonomia collettiva la previsione di ipotesi diverse ed ulteriori di apposizione del termine al contratto di lavoro, nulla ha disposto in materia di proroga; l’accordo sopra citato, infatti, non prevede una nuova e diversa disciplina della proroga ma contiene una mera presa d’atto delle parti sociali relativamente all’esistenza delle condizioni (esigenze contingenti ed imprevedibili) previste dalla legge (L. n. 230 del 1962, art. 2) per legittimare la proroga; una presa d’atto che rileva unicamente sotto il profilo probatorio esentando il datore di lavoro dall’onere di provare ulteriormente la sussistenza delle suddette circostanze (Cass. 24.9.07 n. 19696).

7.- In conclusione, il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

Le spese del giudizio di legittimità, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 30,00 (trenta/00) per esborsi ed in Euro 2.000,00 per onorari, oltre spese generali, Iva e Cpa.

Così deciso in Roma, il 13 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 9 settembre 2011

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